Omelia del Patriarca in occasione della Festa della Madonna della Salute (Venezia, 21 novembre 2005)
21-11-2005

FESTA DELLA “MADONNA DELLA SALUTE”

BASILICA DELLA MADONNA DELLA SALUTE

Is 66, 7-9; Rom 8, 28-30; Gv 2,1-11

Venezia, 21 novembre 2005

OMELIA DEL CARDINALE ANGELO SCOLA, PATRIARCA

1. “Voglio ricordare i benefici, le glorie del Signore” che “ci trattò secondo il suo amore, secondo la grandezza della sua misericordia” (Prima Lettura). Sciogliere il voto. Il popolo veneziano, a migliaia qui, a Mestre ed a Marghera, dal 1631 documenta ogni anno questa azione benefica di Dio. Autorità civili e militari, corpi intermedi – fanno la democrazia sostanziale nella nostra città – Congregazioni del clero, confraternite, aggregazioni ecclesiali, comunità seminaristica che con il Rettore ha a cura la custodia di questa splendida Basilica.

2. Un¹altra parola ci dice il profeta e la associa al tema dei benefici: “e fu per loro un salvatore in tute le angosce” (Prima Lettura). Benefici ed angosce: due parole che racchiudono lo snodarsi quotidiano della nostra esistenza personale e sociale. Esistenza che è fatta da cose buone (meriti), fragilità (patologie fisiche e psicologiche non escluse, in cui purtroppo spesso gioca il peso negativo di tante azioni di altri su di noi), peccati (nei quali, se siamo onesti con noi stessi, avvertiamo la responsabilità della nostra libera scelta di male). Questo è alla genesi dell’¹intreccio di benefici ed angosce nella nostra persona. Ma in un certo senso vediamo la stessa cosa anche nella comunità. A partire dalla nostra amata Venezia, passando per regione e paese e giungere così al mondo intero. Anche a livello sociale (macro) vediamo l¹intreccio di benefici ed angosce, di cose buone, di fragilità e dello strutturarsi sociale, complesso e spesso violento, della conseguenza dei peccati personali.

3. Su questa situazione umana, drammatica ma inevitabile, si riversa il dono di Colui che ci salva di persona (“Egli stesso li ha salvati con amore e compassione”, Prima Lettura). La Madonna della Salute è l’espressione tangibile di questo amore. Per questo veniamo in massa da lei.
Così la nostra persona si rianima in forza della benefica affermazione di San Paolo: “Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Seconda Lettura). Quale pienezza di realistica pace fa scendere in noi e tra noi questa visione delle cose, che non annulla il binomio benefici/angosce, ma indica la strada per affrontarlo con libera responsabilità personale e sociale.

4. Come? Il segno luminoso di Cana ce lo indica (Vangelo). Due dati lo evidenziano:
– la capacità di Gesù su spinta di Maria (“Fate quello che vi dirà”, Vangelo) di trasformare una situazione di grave precarietà (“Non hanno più vino”, Vangelo) in una situazione di sovrabbondante ricchezza: dal non aver più vino all’¹avere a disposizione, per finire, un vino buono (“Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono”, Vangelo);
– soprattutto dalla gloria di Cristo provocata da Maria scaturisce la fede dei suoi discepoli (“Così Gesù manifestò la sua gloria ed i suoi discepoli cedettero in lui”, Vangelo). In concreto, incomincia la storia fisica di quegli uomini che sono da secoli la comunità dei cristiani, cioè di coloro che incontrano in Cristo una via per la pienezza di felicità e per l’autentica libertà.

5. Per noi uomini di fede, quest’anno la venuta alla Salute per sciogliere il voto è carica di gratitudine per l’evento della Visita Pastorale ormai in atto. Poniamo sotto il manto della Vergine della Salute questo speciale incontro capillare tra il Patriarca ed i suoi collaboratori e tutto il popolo dei battezzati e degli uomini di buona volontà del nostro Patriarcato che si snoderà lungo i prossimi anni. Intendiamo testimoniarci reciprocamente ciò di cui ci ha parlato San Paolo nella Lettera ai Romani (Seconda Lettura). I cristiani sono uomini chiamati da un disegno, il disegno solido e liberante di Dio, che avrà se noi lo vogliamo sicuramente successo perché proprio frutto di una decisione di Dio. Una decisione destinata (pre-destinata) a realizzarsi infallibilmente. Questa chiamata è giustificazione, cioè progressiva, anche se talora, a causa nostra, contraddittoria redenzione (liberazione) da ogni male compreso il peccato. Sarà destinazione alla gloria, cioè alla risurrezione della carne. Alla nostra personale risurrezione nel nostro vero corpo, a partire dalla caparra di Gesù risorto nel suo vero corpo, che ha già chiamato a Sé, nel seno della Trinità, Maria nel suo vero corpo. La tensione inevitabile tra benefici ed angosce è in questa fede già vinta in germe. L¹evento della Visita Pastorale nel racconto della reciproca testimonianza vorrà sostenerci in questa convinzione umanissima e potente che è la fede nella risurrezione che già sta cambiando la nostra esistenza. Gli scopi della Visita Pastorale indicano umilmente ma chiaramente la modalità con cui questa promessa potrà attuarsi in tutte le nostre comunità. Essa è tesa a rigenerare il popolo santo di Dio mediante la riscoperta dell’incontro benefico con Cristo che, ogni domenica, si rinnova nell’azione eucaristica. Vi è generato un popolo, che affronta nel quotidiano benefici ed angosce amando e lavorando. E così attraversa la storia. Questa fraternità consapevole di uomini e di donne, di fanciulli, giovani, uomini maturi ed anziani rende organica questa comunione attraverso una stabile e fedele educazione al gratuito. Essa vuole infatti che ogni suo membro impari un poco il linguaggio mariano dell’amore che consiste nel dare se stessi senza pretendere in cambio.
Per educarsi a questo amore il popolo cristiano intende approfondire la propria figliolanza in Cristo, imparando ad avere gli stessi sentimenti (“idem sapite”, San Paolo) che furono di Gesù. Si educa perciò “al pensiero di Cristo” (San Paolo), nel regolare ascolto della Parola di Dio, nell¹approfondimento organico di un senso cristiano della vita mediante catechesi e cultura. Nel paragone critico a 360° con tutti i liberi ed umani tentativi di comprendere il senso dell’uomo, dei popoli e del cosmo (“Vagliate ogni cosa, tenete ciò che è buono”, San Paolo).
Le comunità cristiane così impostate vogliono anche, mediante la Visita Pastorale, imparare a vivere le dimensioni del mondo, secondo l’invito dell’Apostolo: “Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (San Paolo). Ogni ambiente famiglia, quartiere, scuola, università, lavoro, economia, mass media, ecc. è familiare al cristiano e alla comunità cristiana, così come contenuto del suo interesse appassionato e del suo impegno è il mondo intero. In modo speciale la vita delle comunità cristiane sparse per il mondo che, nelle loro mirabili differenze, documentano eucaristicamente l¹unica salvezza di Gesù presente in ogni continente. Le parrocchie e le aggregazioni di fedeli capillarmente operanti in tutti gli angoli del Patriarcato, già assicurano questa costruzione. La Visita Pastorale sarà per ciascuna di queste preziose realtà e per tutti gli uomini e donne che le vivono occasione di ulteriore conversione cioè di maggior verità ed aderenza alla realtà.

6. Questo è in sintesi il significato dello stato di Visita Pastorale in cui ormai versa il nostro Patriarcato. Siamo certi che ne verrà benefico influsso anche per la società civile. Non attraverso indebite invasioni di campo: non ci saranno ingerenze né pretese di privilegio, ma contributo libero attraverso uomini e donne, cittadini cristiani che laicamente si impegnano con tutti ad edificare una vita buona nella nostra società plurale. In occasione di questa Festa più intima e familiare, in un certo senso più nostra e veneziana persino della celeberrima Festa del Redentore, la crescita di fede che domandiamo a Maria diventa un segno di speranza per tutta la società civile veneziana che non a caso conviene massiccia in questa fausta ricorrenza nello splendido tempio del Longhena ornato a festa. Siamo convinti infatti che Venezia può essere un laboratorio di nuova laicità, paradigma e cifra per l¹intera regione e, in quanto città dell’umanità, per il mondo intero.
A questo compito i cristiani non intendono sottrarsi ma, al contrario, sono spinti dalla loro fede a collaborare, con tutti i soggetti che operano nella nostra società civile, sotto la guida delle autorità istituzionali, all’edificazione di una nuova società plurale. La grande trasformazione antropologica, sociale, economica, massmediatica che è in atto e di cui solo intravediamo i profondi dinamismi invita tutti quanti ad un confronto umile, libero ed appassionato. Tutti i soggetti in campo, di qualunque fede o convinzione, insieme debbono cercare la via della vita buona e del buon governo. Ascoltandoci pazientemente, dentro un diuturno racconto in cui ogni soggetto sia pronto a lasciarsi fecondare, in autentico ascolto, dall’esperienza altrui, fiducioso in quanti sono stati scelti dal popolo alla guida delle istituzioni di garanzia del convivere civile entro il libero esercizio del dialogo democratico. Franchi nel proporre alla libertà altrui le proprie convinzioni e le vie per attuarle, ma rispettosi della narrazione degli altri, solleciti nella costruzione del bene comune attraverso il concreto e per quanto possibile tempestivo compromesso nobile che è il cuore della politica, vera anima, quando è disinteressata e sollecita, di una democrazia sostanziale. I cristiani porranno laicamente nell’agone comune le loro convinzioni con uno sguardo che da sempre privilegia chi è più debole ed esposto, gli ultimi in tutti i sensi. Spalancati ai nuovi processi e pronti, per quanto è possibile, ad orientarli criticamente al positivo, sorretti dalla certezza di quel Padre di cui ci ha parlato il profeta che, in prima persona (“Egli stesso ci ha salvati”, Prima Lettura) guida la storia accompagnando ciascuno di noi e noi tutti nella quotidiana, drammatica ma affascinante, tensione tra benefici ed angosce.

7. Vergine della Salute, deponiamo ora dinanzi al tuo sguardo di amore e di premura, tutto ciò che abbiamo in cuore. Ti invochiamo con le parole delicate e potenti di Jacopone da Todi:

“O Regina cortese, – io so a voi venuto
Ch¹al mio cor feruto deiate medecare.
[ Io so a voi venuto com’omo disperato
Da omme altro aiuto; – lo vostro m’è lassato;
se ne fusse privato, – farieme consumare.
Lo cor mio è feruto, – Madonna, nol so dire;
ed a tal è venuto, – che comenza putire;
non deiate soffrire de volerm’aiutare. ]
Donna, la sofferenza si m’è pericolosa;
lo mal pres’ha potenza, la natura è dogliosa;
siate cordogliosa de volerme sanare.
[ Non aio pagamento tanto so anichilato;
faite de me stromento, – servo recomperato;
donna, el prex’è dato: quel ch’avest’a lattare. ]
Donna, per quel amore che m¹ha avut’el tuo figlio
Dever’aver en core de darm’el tuo consiglio;
sucurre, aulente giglio, – veni non tardare”

(Jacopone da Todi, De la Beata Vergine Maria).