Omelia del Patriarca emerito nella S. Messa del giorno di Natale (Venezia, Basilica S. Marco, 25 dicembre 2004)
25-12-2004

NATALE 2004: Messa del giorno
Basilica di San Marco

Venerato e caro Patriarca, pastore di questa Chiesa,
fratelli e sorelle nel Signore: Buon Natale a tutti!

1. Ci siamo raccolti oggi in San Marco per la festa più cara al cuore di ogni cristiano: il natale di Gesù; una festa evocatrice di bontà anche in chi non è credente.
Nella notte è risuonata una voce: ‘Vi annunzio una grande gioia: oggi nella città di Davide è nato un salvatore, che è il Cristo Signore’Troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia’.
Un avvenimento sconvolgente! Quel bambino è il Figlio di Dio che si è fatto uomo e nasce da una donna; è l’Eterno che entra nella storia degli uomini: entra nella nostra storia, fatta di eventi grandi e piccoli, spesso drammatici, sempre caduchi. Ma ciò che è avvenuto nella notte appena trascorsa non è un evento caduco, non passerà mai. E’ l’evento che dà senso a tutta la storia passata, presente e futura: Dio salva l’uomo e il mondo dal peccato, dal male e dalla morte.
La fede ci assicura che la vicenda umana, personale e universale, è abitata dal Figlio di Dio che si è fatto uomo per salvarla. Il Natale è, quindi, un evento di grazia per la speranza del mondo: un evento di fronte al quale dobbiamo inchinarci credendo, nello stupore e nell’adorazione.

2. Noi stiamo vivendo il travaglio di un mondo che, nella sua volontà di autonomia e di dominio sul creato, tesse i suoi giorni come se Dio non fosse. Soffriamo, però, l’incapacità di dare risposta ai nostri desideri più profondi di vita buona. Anzi facciamo l’esperienza dell’insicurezza e, talora, della paura. Siamo come gli apostoli spaventati nella barca, in preda al mare in tempesta, che non riescono ad approdare alla riva, mentre intorno è la notte.
Ebbene, proprio nel travaglio che stiamo soffrendo, il profeta Isaia grida con incontenibile esultanza: ‘Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce’Prorompete in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme’.
E il salmo commenta: ‘Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio’. Perché ‘il Signore ha manifestato la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia. Egli si è ricordato del suo amore”.
Quanto sentiamo vere le parole del profeta che grida alle ‘rovine di Gerusalemme’!. Esse sono il simbolo delle nostre radicali insufficienze: delle nostre ingiustizie, delle guerre, del terrorismo; sono soprattutto il simbolo del nostro distacco da Dio, creatore e fonte della vita; un distacco che trascina l’uomo nell’insensatezza di comportamenti deviati dalla buona ragione, talora umilianti per la stessa dignità dell’uomo.
Ebbene, proprio su questa nostra situazione il profeta Isaia eleva le sue parole di speranza: ‘Prorompete in canti di gioia..perché il Signore ha salvato il suo popolo’.

La lettera agli Ebrei, che abbiamo appena ascoltato, ci assicura che l’evento del Natale non è solo ‘ricordo’ d’un evento bello, ma lontano. Il Natale ci viene donato ‘in questi nostri giorni’, cioè ‘oggi’. E’ ‘l’eterno oggi di Dio’ che, mediante la celebrazione liturgica, incardina il nostro tempo nel mistero della salvezza, aprendo a noi la possibilità di partecipare al mistero, rendendolo ‘oggi’e ‘per noi’, come afferma ripetutamente la liturgia di Natale.

Il Vangelo secondo Giovanni squarcia il velo che avvolge il mistero di quel bambino ‘avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia’, proclamando che Egli è l’eterno Figlio di Dio ( il ‘Verbo’, lo chiama San Giovanni, cioè la Parola in cui Dio dice se stesso da tutta l’eternità e nella quale dice anche tutte le cose create) che si è fatto ‘carne’, cioè uomo debole e fragile come siamo tutti noi; ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, per sempre. Divenuto ‘fratello’ nella nostra storia, perché essa diventi ‘Storia della salvezza’.
Così è Dio: puro amore gratuito! Un amore che, in Gesù, si comunica a tutti gli uomini che l’accolgono, salvandoli e rendendoli, a loro volta, capaci di amare.

Afferma però lo stesso evangelista Giovanni, che, di fronte al Figlio di Dio fatto uomo, il mondo si divide: molti, a cominciare dalla sua gente, non lo riconoscono e non lo accettano: ‘Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto’ (Gv 1,11): rifiutato ancora prima che nascesse!.
Allora, come ora!.
Aggiunge però il testo evangelico che, a quanti lo accolgono nella fede, egli dà il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12), come Lui e in Lui. Realmente figli di Dio, anche se questo ancora non appare (cfr 1 Gv 3,2).

3. Noi, in questo momento, stiamo celebrando l’evento della nascita di Gesù mediante l’Eucaristia. Noi crediamo che nei segni del pane e del vino consacrati l’evento del Natale non è solo memoria, ma è incontro reale con la divina persona di Gesù. E comunicandoci al pane eucaristico, noi crediamo di entrare in una partecipazione unica e singolare col mistero del Natale. A questa partecipazione però dobbiamo rispondere accogliendo con la nostra libertà il dono della filiazione divina, per poi testimoniarlo con gesti concreti di vita.

4. Certo, di fronte all’evento del Natale, rimaniamo attoniti e ci prende un grande stupore. Canta la liturgia: ‘Meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso un’anima e un corpo, è nato da una vergine: fatto uomo senza opera d’uomo, ci dona la sua divinità’.
Ma se accogliamo questo evento nella fede, il cuore si riempie di gioia, perché ci sentiamo amati da Dio in modo ‘sconvolgente’: per redimere l’uomo peccatore Dio ha donato il Figlio. Afferma l’apostolo Paolo: ‘Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché noi ricevessimo l’adozione a figli’ (Gal 4,4-5). E così noi potessimo rivolgerci a Dio chiamandolo ‘Padre’!

5. Proprio per questo l’evento del Natale è grazia di sicura speranza per noi e per il mondo intero. Come ci hanno detto i pastori: ‘Vi annunzio una grande gioia’Oggi è nato per voi un salvatore che sarà per tutto il popolo’Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama’. Non c’è segno di amore più grande di questo: ‘Dio ha talmente amato il mondo da dare per noi il suo unico Figlio’ (Gv 3,16).
L’evento del Natale non è destinato a una cerchia privilegiata di persone, bensì a tutti gli uomini: ‘tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio’, recita la liturgia

Questo è il fondamento della pace che Gesù è venuto a portare sulla terra per tutti gli uomini. Quella pace che tutti noi desideriamo e invochiamo. ‘La pace però, sono parole del Papa, è il risultato di una lunga impegnativa battaglia , vinta quando il male è sconfitto con il bene’. Tale vittoria deve realizzarsi non solo negli alti livelli della politica, ma anche nei nostri comportamenti quotidiani in famiglia, nei rapporti di lavoro, nelle mille relazioni di cui è intessuta la nostra esistenza.
Infine il Natale è anche il fondamento della solidarietà che nella fede ci lega a tutti gli uomini, senza nessuna discriminazione. Mai come a Natale noi sentiamo che il pane che il Padre ogni giorno ci dona va condiviso con i nostri fratelli. L’invito a una vita sobria per poter condividere quanto abbiamo con chi è nel bisogno, risuona dalla mangiatoria in cui fu deposto Gesù, non solo come invito alla sequela del Maestro, ma come sorgente di quella gioia che nessuno potrà mai toglierci: quella gioia che viene dall’amore di Cristo effuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo e da noi tradotto in gesti che lo testimoniano: ‘da questo tutti sapranno che siete miei discepoli se vi amerete come io vi ho amato’ (cfr Gv 13,34-35).
6. Prima di chiudere però vorrei rivolgere il nostro pensiero a Maria, la Madre del Signore. Il Vangelo ne parla con delicata discrezione: ce la presenta raccolta nel mistero che porta in grembo, nel lungo viaggio da Nazaret a Betlemme, poi affettuosamente china sul Figlio appena nato: lo avvolge in fasce e, mite e silenziosa, lo depone in una mangiatoia, ‘perché non c’era posto per loro nell’albergo’. Infine ce la presenta intensamente attenta a tutto ciò che accade intorno a quel Figlio, nel silenzio dell’adorazione e dello stupore.
Lei ci introduca nella comprensione profonda del mistero del Natale e ci apra il cuore a intendere l’amore infinito con cui tutti, senza alcuna esclusione, siamo amati da quel Dio che, per salvarci, ha dato per noi il Figlio.

Ancora una volta: Buon Natale a tutti.