S. Messa nella solennità di Pentecoste e in ricordo dei 250 anni dalla nascita di padre Marco A. Cavanis
(Venezia / Chiesa S. Agnese, 19 maggio 2024)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Carissimi,
viviamo oggi la solennità di Pentecoste che, nell’anno liturgico della Chiesa, porta a compimento il tempo pasquale e nella preghiera di colletta – all’inizio della Messa – abbiamo detto queste parole: “O Dio, che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo, e rinnova anche oggi nel cuore dei credenti i prodigi che nella tua bontà hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo”.
La circostanza speciale che ci ha radunati oggi è proprio su questa linea: siamo qui per riconoscere i doni che lo Spirito Santo ha suscitato e fatto fiorire in abbondanza nella vita dei fratelli Cavanis e, oggi in particolare, di padre Marco Antonio che nacque a Venezia 250 anni fa, il 19 maggio 1774, e pochi giorni dopo in questa stessa chiesa ricevette il sacramento del Battesimo.
Riconosciamo allora, con gratitudine davanti al Signore nel giorno della Pentecoste, il dono e la grazia di un carisma che continua a svilupparsi nel campo dell’educazione, della formazione e della cultura dei bambini, dei ragazzi, dei giovani e, quindi, nella vicinanza alle persone e alle famiglie per accompagnarle e sostenerle nella loro crescita e nella loro vita quotidiana.
L’educazione, la formazione e la cultura sono esattamente ciò che caratterizzano e contraddistinguono l’essere umano da ogni altra realtà animale e vivente; sono il “proprio” dell’umano, dell’essere persona pienamente compiuta, che nasce e cresce secondo un progetto che fa via via fiorire l’umanità singolare di ogni bambino, di ogni ragazzo, di ogni giovane; un progetto per realizzare il quale c’è bisogno di accompagnamento, di vicinanza, di supporto, di paternità.
Ricordando padre Marco e, con lui, padre Antonio Cavanis – Servi di Dio – ci inseriamo ogni volta in quel solco di figure belle e sante che, in particolar modo nell’Ottocento, hanno arricchito la città di Venezia (e non solo) venendo incontro soprattutto alle fasce più “popolari” e povere e, comunque, meno agiate della popolazione. Mi riferisco a quella scia luminosa di grandi santi ed educatori che potremmo definire “sociali” e di una carità sociale che, annunciando e “vivendo” Cristo nella loro esistenza, è stata capace di toccare e beneficare la vita di un’intera comunità e città.
Per restare a Venezia non dimentichiamo allora l’attività e le opere portate avanti dal Beato Luca Passi (pressoché contemporaneo ai Cavanis), fondatore della Pia Opera di Santa Dorotea, e poi, qualche decennio dopo, quelle del Beato Luigi Caburlotto, fondatore della Congregazione delle figlie di San Giuseppe; tutti impegnati nell’impresa dell’educazione, tutti impegnati a risollevare, a far crescere e fiorire le persone attraverso in particolare il momento essenziale della scuola e la trasmissione di valori e conoscenze. E poi potremmo ricordare i tanti “santi sociali” che, nell’Ottocento, emersero soprattutto a Torino e in Piemonte con un’intelligente e profetica azione educativa e di assistenza.
L’educazione, la formazione e la cultura ci dicono, appunto, che l’uomo nasce con un progetto, con una proiezione alla crescita, con una tensione dinamica che lo accompagna dal momento del concepimento all’ultimo respiro nel momento della fine naturale della vita e che avvolge tutto l’uomo ad iniziare dal suo dato strutturale e biologico che non va cancellato.
L’uomo è un tutt’uno, è una realtà integrale che comprende l’aspetto biologico, comprende gli affetti, comprende la vita spirituale e morale; sì, comprende tutto, senza dimenticare nessun aspetto per giungere allo sviluppo concreto e pieno – “integrale”, appunto – della persona. Vale la pena ribadirlo oggi in un momento in cui teorie e modelli sempre più in auge – pensiamo al transumanesimo – tendono a mettere in disparte alcune dimensioni essenziali dell’uomo, come il biologico e il corporeo (qausi fossero insignificanti!), e ad esaltarne altre, come l’aspetto culturale, ma stravolgendo la realtà ed arrivando ad immaginare e costruire una persona sempre più “virtuale” e sempre meno “reale” e pienamente compiuta.
Figure come padre Marco Cavanis hanno ricevuto e valorizzato nella loro vita i doni e i frutti dello Spirito Santo che, nella Santissima Trinità, è sempre Colui che trasmette la grazia e fa circolare l’amore che in Dio e che è Dio. Hanno così dato valore alle virtù teologali – la fede, la speranza e la carità – e alle virtù cardinali – la prudenza, la giustizia, la temperanza e la fortezza – che sono la fonte e il centro di una vita buona.
Nella vita di padre Marco, sempre legata a quella del fratello Antonio, queste virtù risaltano spesso e credo, in modo particolare, nella sua instancabile attività – portata avanti con tenacia, determinazione e intelligenza e sostenuta sempre dalla preghiera – per promuovere, far conoscere e rafforzare l’opera avviata anche attraverso molti viaggi, non facili, in giro per l’Italia (e non solo) ed infine a Roma per ottenere il riconoscimento della Congregazione delle Scuole di Carità e delle sue Costituzioni.
Nelle virtù teologali – nella fede, nella speranza, nella carità – l’uomo coglie in Dio il centro e il senso ultimo della sua vita. E tutto ciò apre l’uomo alla verità e al senso della realtà e gli permette di percepire e camminare verso la pienezza dell’umano. Fuori da questo orizzonte e senza il riferimento primo e ultimo a Dio, l’uomo facilmente cada nel crinale dell’ideologia in cui una concezione inadeguata di autonomia, progresso e libertà secondo la quale l’uomo si costruisce tutto da sé, senza legami o obbedienze, e a dispetto di tutto e di tutti.
Queste belle figure di santi ed educatori “sociali”, come padre Marco, ci insegnano a tornare a guardare alla realtà completa dell’uomo in tutte le sue dimensioni: corporeo-biologico, naturale e culturale, morale e spirituale, persona, famiglia, comunità, educazione, formazione, studio, opere di carità, apertura all’altro e in particolare al più fragile e a chi è più in difficoltà. E ci restituiscono così la completezza e la pienezza dell’umano.
“Mandi il tuo spirito, Signore, e rinnovi la faccia della terra” (dal salmo 103): il ricordo dei 250 anni dalla nascita di padre Marco Cavanis ravvivi – in coloro che si rifanno oggi al suo carisma e a quanti sono raggiunti dall’opera educativa che continua ad essere portata avanti – un po’ quella forza, quella passione quasi inarrestabile, quel vigore e quell’intelligenza fuori dal comune che lo caratterizzava a differenza del più riflessivo e posato fratello Antonio.
La Congregazione delle Scuole di Carità – recitano le Vostre Costituzioni -, rispondendo “alle carenze e alle difficoltà dell’educazione e ai pericoli che la gioventù incontra nella sua crescita”, è nata “principalmente per esercitare verso i giovani i doveri non tanto di maestro quanto di padre”.
C’è oggi tanto bisogno di padri e c’è tanto bisogno di educatori saggi e appassionati, c’è bisogno di persone e comunità che sostengano i bambini, i ragazzi e i giovani e li aiutino ad esprimere fino in fondo la loro vocazione, la loro piena umanità.