S. Messa nella Domenica della Passione del Signore
(Venezia / Basilica Cattedrale di San Marco, 5 aprile 2020)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Cari fratelli e sorelle,
iniziamo la Settimana Santa: è una Settimana Santa inedita e anomala. E la prima cosa che vogliamo dire al Signore con tutto il cuore è: tutto è grazia!
Sì, vogliamo vivere bene questa anomalia, questa Settimana Santa inusuale, dicendo: Signore, tutto è grazia!. Questo tempo di pandemia può, infatti, essere l’occasione per ripensare il nostro modo di essere uomini e donne del nostro tempo, soprattutto il nostro modo di essere discepoli e discepole del Signore. Sì, tutto – proprio tutto – è grazia!
Un punto deve essere per noi chiaro, cari fratelli e sorelle: la vita cristiana per noi inizia a Pasqua, con la risurrezione di Gesù nel Suo vero corpo. Egli è davvero risorto.
Oggi entriamo nella settimana più santa dell’anno, nei giorni più santi dell’anno, ed iniziamo così a disporci per celebrare degnamente la Santa Pasqua. Pasqua, per il cristiano, non è una celebrazione da onorare con qualche rito o devozione fine a se stess; neppure una veloce confessione o comunione sono sufficienti…
No, celebrare la Pasqua è vivere la realtà determinante della nostra fede, è fare nostro l’evento salvifico, fare esodo con Gesù. L’evento salvifico ci viene offerto perché Pasqua è un dono offertoci dal Padre nella persona umana e divina di Gesù Cristo e tutto questo la liturgia ce lo fa vivere attraverso l’azione potente dello Spirito Santo.
Venerdì prossimo, durante l’azione liturgica dell’adorazione della Croce, ci soffermeremo sulla narrazione del Passio che abbiamo appena ascoltato nella versione dell’evangelista Matteo. Oggi con voi desidero fermarmi brevemente, invece, su quella parte della liturgia che abbiamo dovuto omettere: l’ingresso di Gesù in Gerusalemme. Credo chequesto sia il modo più giusto per entrare nella settimana che contiene i giorni fondamentali della vita cristiana.
Gesù entra nella città che per l’ebreo non era solo la capitale di uno stato; Gerusalemme è molto di più di quello che per un francese è Parigi, per uno spagnolo è Madrid o per un inglese è Londra. Gerusalemme, per l’ebreo, era una realtà teologica tanto che il libro dei Salmi – la preghiera così cara agli israeliti – conosce proprio i “salmi delle ascensioni”, proclamati appunto quando si pellegrinava e si saliva verso la città (Gerusalemme, infatti, è situata ad 800 metri sul livello del mare). Per le strade che li conducevano, i pellegrini cantavano: “Quale gioia quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore!». Già sono fermi i nostri piedi, alle tue porte, Gerusalemme!” (Sal 121, 1-2).
Gerusalemme è la città di Dio e Gesù entra in Gerusalemme acclamato come re nella città che era la “gioia” di Dio: Davide vi aveva trasportato l’Arca, Salomone vi aveva costruito il tempio ed ora qui entra Gesù di Nazareth, della stirpe regale di Davide e figlio di Dio. Gesù prende possesso di questa città, vi sarà incoronato e il suo trono sarà la croce.
Venerdì ci soffermeremo sula croce, la questione seria del cristiano in ogni epoca ed in ogni tempo ma restiamo alla grande celebrazione di oggi. Cari amici ed amiche, il cristiano e la sua comunità – la Chiesa – sono chiamati a seguire Gesù pensando che, con il battesimo, tutto questo diventa realtà, dimensione umana; diventa realtà teologica e, nel rispetto della laicità, noi dobbiamo entrare nelle nostre città in questo modo e dovremo “entrarci” soprattutto nei prossimi mesi perché ce lo chiede la dignità dell’uomo e l’impegno nei confronti dell’uomo. Dio non voglia, infatti, che si aprano dei mesi di crisi sociale, non voglio dire di fame.
L’ingresso di Gesù in Gerusalemme sottintende anche il nostro ingresso; questo significa celebrare la Pasqua. Gerusalemme è la città che accoglie ed è la città che rifiuta Gesù. I brani escatologici del Nuovo Testamento, volutamente, confondono la fine del mondo con la caduta di Gerusalemme. Gerusalemme poi – non dimentichiamolo – è la città su cui Gesù ha pianto vedendo in essa l’intera umanità: “…quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto…” (Mt 23,37).
Gerusalemme, infine, è la città della risurrezione poiché Gesù risorge a Gerusalemme; lì dove gli uomini hanno detto no a Gesù che è il Vangelo di Dio, Dio dice il suo sì risuscitandolo da morte. L’ultima parola – lo abbiamo appena ascoltato nella lettura del Passio – degli uomini è: “Sia crocifisso!” (Mt. 27, 22.23). La parola di Dio, invece, dirà: “È risorto” (Mt 28,6).
Gerusalemme è la città che ci dice che cos’è la storia, che cos’è la teologia della storia,che cos’è il mondo, che cos’è Dio. E tutto questo ce lo dice nell’umanità di Gesù Cristo. Gerusalmente è la città dove Dio si dona all’uomo e dove l’uomo è chiamato a dire il suo sì a Dio; la stessa discesa dello Spirito Santo avverrà a Gerusalemme.
Cari amici ed amiche, desidero nuovamente ringraziare Antenna 3 e Rete Veneta – ed anche Gente Veneta, ma soprattutto le due emittenti – perché mi consentono di poter celebrare con voi, in questo tempo triste di pandemia, i misteri della Settimana Santa.
Ci vedremo quindi giovedì santo alle ore 21.00 per celebrare la Messa “nella Cena del Signore”, venerdì santo alle ore 16.00 per l’adorazione della Santa Croce, la sera di sabato santo alle ore 21.00 per vivere insieme la veglia madre di tutte le veglie (come la chiama sant’Agostino) e poi domenica prossima alle ore 10.00 quando avremo la gioia di proclamare, nell’Eucaristia del giorno di Pasqua, che il Signore è davvero risorto.
Ricordo, inoltre, che oggi è la Giornata Mondiale della Gioventù celebrata a livello diocesano. Il discorso del Papa, per questo appuntamento, ha un particolare titolo che affido ai nostri giovani sui quali conto molto per creare il futuro nuovo della Chiesa e della società: “Giovane, dico a te: alzati!”.
Buona Settimana Santa a tutti!