Omelia del Patriarca durante il pellegrinaggio mariano nella parrocchia di S. Maria della Pace (Mestre / Bissuola, 3 marzo 2018)
03-03-2018

Pellegrinaggio mariano nella parrocchia di S. Maria della Pace

(Mestre / Bissuola, 3 marzo 2018)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Cari fratelli e sorelle,

stiamo vivendo il nostro pellegrinaggio mariano quaresimale: è, infatti, il primo sabato del mese che cade, quest’anno, nel tempo che la Chiesa destina alla preparazione pasquale.

Allora sentiamo di dover mettere insieme la figura di Maria e il tempo quaresimale e siamo pilotati immediatamente alla scena del Calvario; lì c’è l’Addolorata. Ai piedi della croce Maria appare come colei che non lascia il Signore, non lascia il suo Dio, non lascia suo Figlio. D’altra parte, troviamo Maria sempre in sintonia con ogni nostro tempo liturgico: è figura dell’Avvento, pensiamo all’annunciazione a Nazareth e alla natività a Betlemme; la troviamo ai piedi della croce;  è infine figura pasquale poiché è nel cenacolo in attesa che si compia la promessa dello Spirito.

L’insegnamento che dobbiamo ricavare oggi è proprio questo: Maria è sempre pronta ai tempi di suo figlio. E noi siamo sempre pronti a vivere il mistero, l’attesa del Natale, la Sua venuta ed anche il mistero del dolore? Quante volte siamo impreparati di fronte al mistero del dolore! Siamo pronti al mistero evangelico della Pasqua oppure stiamo già parlando di un cristianesimo che va oltre Gesù Cristo con solo un po’ di ecologia e un po’ di giustizia sociale? Il cristianesimo nasce a Pasqua ed ha una verità che è la croce come strumento di gloria.

Ritorniamo un attimo all’antifona con cui abbiamo iniziato la Messa: paziente e misericordioso è il Signore, ricco di grazia, buono per tutti, la sua misericordia per ogni creatura. C’è, allora, un punto centrale: che cos’è la misericordia di Dio? Qui si gioca il nostro rapporto con il Signore, qui si gioca la nostra vita cristiana.

La misericordia di Dio non è il buonismo umano. Se percorriamo tutti i ventisette libri del Nuovo Testamento e i quarantasei libri dell’Antico testamento, scopriamo che la misericordia di Dio si chiama: la croce di Gesù Cristo. Sì, la croce è il caso serio e difficile del Vangelo.

Quando io insegnavo teologia dicevo ai miei studenti ed ora lo dico anche a voi: prendete il Vangelo secondo Marco – il primo, quello dalla tradizione più antica – e compratevene una versione che costi poco… Poi prendete un pennarello, incominciate a leggere il Vangelo secondo Marco e cancellate tutti i versetti che hanno un riferimento alla croce, esplicitamente o implicitamente. Alla fine, quanti versetti rimangono? È la prima domanda da porre. E la seconda domanda è subito questa: avete e vi rimane un Vangelo di Marco più ridotto o, semplicemente, non avete più un Vangelo? La misericordia di Dio è la croce e tutto l’Antico e tutto il Nuovo Testamento sono indirizzati ed incamminati alla croce di Cristo.

È importante che nel tempo di Quaresima, in cui celebriamo la croce gloriosa di Cristo, noi ci convertiamo al senso cristiano della croce perché l’atteggiamento potrebbe essere anche quello di evitarla finché è possibile, fin dove è possibile… Oppure possiamoi considerare il tempo della croce come il momento in cui noi capiamo veramente chi è Dio, chi siamo noi e cos’è la salvezza.

Convertirci alla croce! Perché la croce è stata necessaria? Chi è inchiodato alla croce? Perché Dio ha scelto questa strada? Nel momento in cui Dio sceglie l’uomo come creatura libera, allora accetta anche che ci sia la possibilità che qualcuno dica di no a Lui che è onnipotente, onnisciente, creatore e Signore!

Pensiamo al Vangelo di oggi (capitolo 15 di Luca): noi ragioneremmo in un modo diverso, rispetto a quel padre che ha concesso al figlio quello che gli chiedeva. Ed è il padre misericordioso, non il figlio prodigo o l’altro figlio, il vero protagonista di questa pericope. Sì, è Dio il protagonista, il padre misericordioso. E ci chiediamo ancora: perché ha concesso questo? Nella parte terminale, poi, abbiamo anche il figlio più anziano che si risente del perdono del padre.

Tutto succede perché questo padre – che è il vero protagonista – consente ai due figli il loro comportamento di rottura con lui, perché Dio ci ha creati liberi – noi siamo i due figli della parabola – e vuole che ogni uomo diventi suo figlio. O noi riconosciamo la nostra figliolanza e riconosciamo la sua paternità o noi non saremo mai figli di Dio. Liberamente dobbiamo tornare dal Padre.

Il tempo della Quaresima, allora, è il tempo proprio del ritorno a Dio dove riscopriamo la caratteristica fondamentale della nostra vita: riscoprire la Sua paternità. E questo avviene solamente attraverso un cammino faticoso di Dio e dell’uomo che si fa in croce, dove Dio dice la fedeltà all’uomo e dove nella croce c’è un uomo. Finalmente ecco, nell’umanità di Cristo, un uomo che dice sì a Dio tanto che Paolo parla del secondo Adamo.

Al primo Adamo Dio aveva detto: non toccare di quell’albero. E Adamo aveva voluto costruire il progetto che lo riguardava al di fuori della parola di Dio. Il secondo Adamo (v. capitolo V della lettera ai Romani) Gesù è il sì dell’uomo a Dio, un sì doloroso detto sul monte degli Ulivi, il sì di Gesù sulla croce… Pensiamo al salmo 21, la preghiera estrema di chi prova la lontananza da Dio: ”Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. E poi sulla croce: “Padre, tutto è compiuto”. La croce è, finalmente, la libertà di un uomo perché Gesù Cristo è vero uomo libero; è il sì dell’umanità a Dio.

La misericordia è capire che Lui mi ama e che io lo posso amare, ma lo devo amare come ci ha indicato la preghiera di colletta di oggi: “O Dio che, per mezzo dei sacramenti, ci rendi partecipi del tuo mistero di gloria, guidaci attraverso le esperienze della vita perché possiamo giungere alla tua dimora”.

Abbiamo bisogno di Cristo e, allora, riscopriamo i sacramenti non come dei riti ma come un lasciarsi plasmare da Cristo, diventare “in Lui”. S. Paolo, per quasi 170 volte nelle sue lettere, dice che il cristiano non è colui che guarda Gesù Cristo e semplicemente lo imita.; Cristo non è un buon esempio, è Colui che mi salva innestandomi “in Lui”, in Cristo.

I sacramenti inseriscono in Lui la nostra vita battesimale, penitenziale, sponsale, di servizio ecclesiale, di affidamento ultimo (l’unzione dei malati), di pienezza cristica (l’Eucaristia ed ecco perché non può essere fatta se non c’è comunione con Cristo, se non c’è comunione nella Chiesa).

E allora ripetiamo questa colletta che diventa uno strumento importante per la nostra Quaresima. “O Dio che, per mezzo dei sacramenti…”: Signore, come sto vivendo il mio battesimo, il mio matrimonio, che è segno sacramentale dell’unione fra Cristo e la Chiesa e Cristo dice il sì alla Chiesa sulla croce, fino all’ultimo… Signore, come vivo il sacramento della riconciliazione, come vivo il giorno del Signore, la celebrazione eucaristica?

O Dio che, per mezzo dei sacramenti, ci rendi partecipi del tuo mistero di gloria, guidaci attraverso le esperienze della vita…”: le esperienze della vita non sono dei contrattempi ma le realtà in cui io cresco nella fede, in cui la mia fede è provocata, in cui la mia carità è provocata e si esprime, in cui sono chiamato a vivere la speranza come orientamento ultimo attraverso la fedeltà alle vicende quotidiane che oggi il Signore mi chiederà di vivere… Sacramenti e vita, ecco il cristiano!

La Quaresima è un tempo di conversione in cui bisogna riprendere in mano la bussola del Vangelo, della Parola di Dio, della vita sacramentale e della quotidianità come sfida alla fedeltà al nostro battesimo.