Omelia del Patriarca alla Messa dei pellegrini del XVII Pellegrinaggio Macerata - Loreto (Macerata, 11 giugno 2005)
11-06-2005

XVII PELLEGRINAGGIO MACERATA-LORETO
MESSA DEI PELLEGRINI
Macerata Stadio Helvia Recina
11 giugno 2005 – ore 20.30

OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA
Es 19, 2-6; dal Salmo 99; Rom 5, 6-11; Mt 9, 36 ‘ 10,8

1. «Vi ho sollevato su ali d’aquile e vi ho fatti venire fino a me» (Prima Lettura). Con queste parole Jahvé ricorda al suo popolo il grande evento che fonda l’indistruttibile alleanza: la liberazione dall’Egitto. Noi, variegata espressione del nuovo popolo di Dio, ci stiamo incamminando verso la Santa Casa di Loreto. Di essa una pia ed antica tradizione non dice che ali di angeli l’hanno portata in questa ridente terra fin da Nazareth?
Ali di aquile, ali di angeli’
La Santa Casa, la dimora di Gesù, Maria e Giuseppe, espressione sublime dell’amore nuziale, è la ragione del cammino che ci accingiamo a compiere.
«Siamo venuti per adorarlo», cioè per prostrarci fisicamente, domattina, come i Magi, in quella dimora che, passo dopo passo, lungo la notte, con il canto, la preghiera, l’ascolto, il reciproco aiuto, diventerà lo spazio familiare della nostra mendicanza.
Infatti, perché saremmo qui convenuti da ogni dove se non per mendicare a nostro favore e a favore di tutti i nostri fratelli uomini, a cominciare da chi ci è più prossimo? Allora nessuno di noi, qui ed ora, può evitare la domanda seria: ‘Chi sono io, pellegrino in questa notte estiva lungo i sentieri di queste dolci colline marchigiane?’ Riconosciamolo con umiltà, amici, con le parole di Paolo nella Seconda Lettura di oggi: io, noi siamo gli «ancora peccatori», noi siamo quei «nemici» (cfr Rm 5, 6-11) che il Padre ha amato con tale profondità e riguardo da dare Suo Figlio Unigenito per la nostra salvezza.
Come non sentire, carissimi, il realistico urto che questo riconoscerci nudi davanti al Padre provoca ora in ciascuno di noi? Non è forse questa scossa a muovere i nostri passi, a renderci pellegrini? Questa notte noi vogliamo mendicare con l’invocazione del Padre Nostro: «liberaci dal male». Per questo lungo il cammino potremo confessarci.

2. Vogliamo essere liberi davvero. Per questo confessiamo il nostro peccato davanti a Colui che ci salva.
Domandiamo una libertà liberata negli affetti. Chiediamo un amore capace del dono totale di sé. Che conosca l’esultanza trepida di una vita accolta, che sia garantito oltre la morte. Chiediamo il dolore pacificante del perdono dopo il tradimento, la tenerezza saggia della vecchiaia.
Mendichiamo una libertà esaltata nella sua capacità di edificazione. Che lo studio sia per un’integrale educazione dell’umano, che il lavoro sia per una costruzione, che il rapporto con il cosmo sia per la bellezza di una dimora degna della nostra cura. Che il progresso sia per la giustizia. La democrazia per la pace.
La fiaccola della pace, benedetta dal Papa a Bari, che ci accompagnerà qui a Loreto per poi raggiungere Colonia, sarà simbolo di quella civiltà dell’amore di cui Giovanni Paolo II è stato indomito banditore.

3. Siamo forse ingenui a convenire qui in migliaia da ogni dove, sul fare di questa notte? Questo forse pensano di noi molti nostri fratelli uomini. Come rispondere al loro dubbio inquieto? Semplicemente dicendo loro che ci sentiamo parte di quelle «folle stanche e sfinite come pecore senza pastore» (Vangelo) di cui Lui ebbe compassione. E poiché «nella nostra debolezza nulla possiamo senza il suo aiuto» (Orazione di Colletta) intendiamo invocare il soccorso di Colei che, sicurezza della nostra speranza, ci documenta il miracolo del proprio compimento. Maria, la stella del nostro pellegrinare, è qui con noi. Viva nel suo vero corpo entro il seno della Trinità e presente in mezzo al popolo stanco, distratto e talora riottoso, ma alla fine mendìco. Maria, donna davvero libera, ci spalanca la Sua dimora.
No, amici, non siamo degli ingenui. È vero che in questa notte godremo di stelle e di luna, di vite consegnate nella testimonianza e vinceremo il freddo collinare rifocillati dall’accoglienza di un popolo di fratelli, ma nel nostro cuore, nella nostra mente e nei nostri piedi che ritmeranno il cammino, troverà eco anche ciò che nella nostra vita ha il sapore delle «vie fangose, [del]la stagione rigida’ [de]i cammelli piagati, coi piedi sanguinanti, indocili» di cui parla Eliot descrivendo il pellegrinaggio dei Magi. E tuttavia cammineremo, perché questo è proprio della natura dell’uomo. Egli è «il camminatore eretto ed infaticabile verso una meta non ancora raggiunta, certo del futuro perché tutto poggiato sulla Sua presenza» (Luigi Giussani).
Ognuno di noi già sente che questo pellegrinaggio è un dono dello sguardo di compassione di Gesù sul suo popolo. È già la grazia di sua Madre, nostra dolce avvocata presso di Lui. Dopo che Gesù sulla croce chiese a Giovanni di prendere la madre «in casa sua» – «Donna, ecco tuo figlio», «Figlio, ecco tua madre» – ora la Santa Casa si dilata ad accogliere ciascuno di noi nella splendente, nuova parentela che da sempre, nella Chiesa, custodisce i cristiani.

4. La Santa Casa è segno tangibile di comunione. Questa notte, quando il nostro passo si farà più stanco, il nostro incedere più lento, quando la nostra mente vagherà lontana, allora dovremo aprire il cuore alla comunione vivente. Come? Come da 2000 anni avviene nella grande compagnia della Chiesa: ascoltando i testimoni. I testimoni privilegiati del nostro pellegrinare saranno Giovanni Paolo II e Mons. Luigi Giussani. Ci accompagneranno la loro dolce memoria e le loro commosse parole. La loro presenza ci rincuorerà e, trasportati su ali di angeli vigorosi come aquile, ci prostreremo, una volta giunti alla méta, nell’adorazione del nostro Salvatore. Perché siamo venuti per adorarlo.
Il testimone è colui che sta tra i due. Nella loro morte, glorioso suggello di una vita splendida, Giovanni Paolo II e Mons. Luigi Giussani hanno fatto da ponte tra Cristo e la nostra fragile fede. Così la nostra umile adorazione chiederà il dono di cui ci ha parlato il Santo Evangelo. Noi, Gesù, vogliamo essere i chiamati da Te. Anzi, già lo siamo. E in questa notte benedetta umilmente ci disponiamo a lasciarci inviare da Te tra i nostri fratelli uomini. Come Tu ci hai detto: «Il campo è il mondo» (Mt 13, 38). E noi lo amiamo.
Siamo figli del nostro tempo. Una tentazione ci attraversa: vivere da vagabondi comodi. Per vincerla, questa notte, ci facciamo umili pellegrini. Forse ho poco da offriTi, Maria, forse nulla, ma come il povero contadino brasiliano giunto al Santuario dell’Aparecida, Ti dico: ‘O Maria, sicurezza della mia speranza, «’ non so pregare/ ma voglio almeno mostrarTi il mio sguardo»’. Amen