Omelia del Patriarca al pellegrinaggio mariano diocesano di Mestre / Bissuola (5 gennaio 2013)
05-01-2013

Pellegrinaggio mariano diocesano a Mestre / Bissuola

 

(Istituto Berna / Chiesa parrocchiale S. Maria della Pace, 5 gennaio 2013)

 

Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

 

 

            ‘Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te’ (Lc 1,28). Vorrei soffermarmi sul saluto che l’angelo rivolge a Maria nel momento dell’annunciazione. E’ il versetto ventotto del primo capitolo del vangelo di Luca; queste parole noi le conosciamo meglio come inizio dell’Ave Maria. Esse delineano bene l’identità della Vergine.

 

            L’angelo si rivolge a Maria dicendole ‘piena di grazia’, ossia Colei che non conosce  peccato. Il motivo è la stretta relazione che lega la Vergine a Dio. L’angelo, infatti, si rivolge a Lei e le dice semplicemente: ‘il Signore è con te’. Un’affermazione che, nella sua essenzialità, ci dà il profilo spirituale di Maria, la madre del Signore.

 

Il segreto di Maria è, quindi, l’appartenenza piena e totale a Dio. E’ da qui che, in Lei, tutto prenderà forma. Maria, così, appartiene tutta a Dio attraverso il legame più coinvolgente e radicale che una creatura conosca: la maternità. Qui l’uomo – nella genitorialità maschile, la paternità – può solamente ‘imitare’ la pienezza femminile, la maternità. A livello di creatura umana non si dà, infatti, relazione più forte, più costitutiva, più coinvolgente di quella che si dà tra madre e figlio.

 

E proprio per la sua relazione ‘unica’ con Dio Maria diventa la piena di grazia. La Chiesa – Colei che veramente crede e prega bene – esprime tutto questo, con gratitudine al Signore, nella solenne liturgia della dell’Immacolata Concezione, quando canta: ‘Tota pulchra est Maria et macula originalis non est in te’.

 

Il punto sul quale intendo attirare la vostra attenzione, in questo primo pellegrinaggio mariano del nuovo anno, riguarda – sull’esempio di Maria – la relazione che ciascuno di noi instaura con Dio; la relazione che ci rende più simili a Lui. In altre parole: una maggiore vicinanza a Dio ci plasma nell’intimo, ci rende migliori, ci fa più santi.

 

I santi sono sempre stati persone trasparenti, incapaci di pensare e dire parole cattive o compiere atti malvagi non tanto perché si erano dati delle regole di vita quanto, piuttosto, perché erano fondati in Dio; tutto in loro dipendeva dal rapporto con Dio.

 

Quante volte ci si è illusi di render buona (bonificare) una persona o una comunità – ma il discorso vale soprattutto per la persona – dandosi delle regole o cercando regole migliori. Ma, così, ci si dimentica che anche le regole ‘migliori’ – ammesso che siamo capaci di darcele – devono radicarsi in soggetti disponibili a farle proprie, a renderle operanti e ad osservarle in scelte di vita concrete e reali.

 

Se, infatti, non teniamo conto dell’uomo reale così come concretamente è, allora ci inventiamo qualcosa d’inesistente. Qualcosa di virtuale che, nella realtà, non esiste. Quanti cliccano e si nascondono, più o meno, dietro questi click’ Insomma l’uomo, purtroppo, ha a che fare col peccato che ‘distorce’ il suo cuore e lo rende incapace di relazione sincere, vere, giuste e buone.

 

Vi sono i disturbi della persona che chiamano in causa la psiche, altri il sistema nervoso ma, altri, direttamente l’anima… Gli uomini e, conseguentemente, l’umana convivenza devono così fare i conti con tale incapacità – che l’anima umana può avere – di non instaurare rapporti trasparenti, generosi e rispettosi della verità.     

 

Maria, l’Immacolata, è la creatura che non conosce alcuna forma di peccato. Ella si pone – nel rapporto con sé e gli altri – a partire dalla relazione fondante, quella con Dio, in termini di piena verità, armonia, equilibrio e gioia.

 

Se poi riflettiamo su come il peccato innanzitutto s’esprima in termini di egoismo e di difesa del proprio interesse e generi un ‘io’ prevaricatore che pone se stesso al di sopra di tutto e di tutti, allora si capisce come l’uomo – in tale situazione – deve, costantemente, fare i conti col peccato che sta all’inizio di ogni relazione distorta, ambigua, falsa, egocentrica o ideologica.

 

Ma ora, alla luce di quanto detto, siamo in grado d’intuire che cosa voglia dire, per una creatura, essere senza peccato. Maria è l’Immacolata, Colei che non possiede ombra di peccato. La sua umanità è trasparente, lineare, vera e disponibile. E il motivo è semplicissimo: la sua appartenenza totale a Dio. Tale vicinanza è, in Lei, il risultato della scelta divina: Dio l’ha condotta – nella libertà – ad unirsi a Lui attraverso la relazione materna.

 

Ricercare Dio, rimanendo vicino a Lui, è il modo migliore e più vero di osservare i comandamenti che non sono – come taluni insinuano, da Nietzsche in poi – dei ‘no’ detti alla vita, vale a dire un attentato alla libertà dell’uomo ma, piuttosto, dei ‘no’ detti a ciò che si oppone alla vera vita e mira a prender le distanze da quanto, in realtà, è attentato ad una vita che voglia essere realmente tale.

 

 Pensiamo, ad esempio, al quinto comandamento: non uccidere! Non si tratta di un ‘no’ ma, al contrario, un ‘sì’ forte, detto alla vita, sempre e comunque. Pensiamo a quanto è più odioso il non rispetto della vita se è commesso proprio da chi dovrebbe accogliere, promuovere e tutelare la vita, particolarmente quando la vita è più fragile e indifesa.

 

E pensiamo all’ottavo comandamento: non testimoniare il falso! Ossia, non mentire. E’ la menzogna il vero ‘no’ detto alla vita, perché dire il falso mina alla radice ogni forma di umana convivenza. Iniziando dalla prima, quella familiare. Non testimoniare il falso, allora, è dire ‘si’ alla vita di relazione fra gli uomini, è instaurare un clima di fiducia reciproca.

 

Infine – ma la lista potrebbe continuare – pensiamo al settimo comandamento: non rubare! Si tratta di un ‘sì’ detto al mio prossimo rispettandolo e rispettando le sue cose e la sua storia ma anche la sua fama, il suo onore e, alla fine, la sua persona.  

 

Talvolta per chi ha facilità di parola è possibile cadere nella pura retorica – presentata, magari, come arte – quando, invece, un ‘no’ al momento opportuno è più liberante, più vero e anche più originale di tante parole in uscita libera. Il vangelo – quando dice: ‘Sia invece il vostro parlare: ‘Sì, sì’, ‘No, no’; il di più viene dal Maligno‘ (Mt 5,37) – ci aiuta a capire. Esiste, quindi, uno spazio e un tempo per il ‘sì’, uno spazio e un tempo per il ‘no’. E nel vocabolario umano il ‘sì’ e il ‘no’, a ragion veduta, hanno diritto di cittadinanza.

 

Ciò che allora diventa decisivo per la nostra vita spirituale, sull’esempio di Maria, è crescere nella relazione col Signore; è da tale relazione, vissuta in pienezza e trasparenza, che si rigenera il nostro uomo interiore.

 

E come Maria vive nella piena e trasparente relazione con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, così anche noi dobbiamo iniziare il nuovo anno – l’Anno della Fede – a partire dalla relazione che ci lega a Dio per riscoprire come tutto – tutto! – si rigeneri a partire da tale opzione fondamentale – Dio, il grande problema dell’antropologia – che è la relazione che fonda la nostra vita di discepoli. Sì, perché con Dio o senza Dio – nella vita di una persona o di una comunità – tutto cambia.

 

Chiediamo alla Vergine Santissima – che ha avuto la relazione più libera, più vera e più riuscita con Dio – di aiutarci a ricentrare la nostra vita su questa opzione fondamentale. Perché con Dio o senza Dio – nella vita di una persona o di una comunità – tutto cambia.