Omelia del Patriarca al Capitolo Provinciale Ordine Frati Minori Cappuccini (Venezia, Basilica del Santissimo Redentore – 28 febbraio 2017)
28-02-2017

Capitolo Provinciale Ordine Frati Minori Cappuccini

(Venezia, Basilica del Santissimo Redentore – 28 febbraio 2017)

Omelia del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

Carissimi Padri Capitolari, pace e bene!

Innanzitutto un pensiero affettuoso va al Vicario di Cristo, Papa Francesco, a cui guardiamo come al Padre comune e per il quale sempre preghiamo.

Mentre ringrazio per l’invito a presiedere questa eucaristia, mi unisco volentieri nella preghiera e chiedo allo Spirito che, con il dono della sapienza, vi illumini circa le importanti decisioni che siete chiamati a prendere in questi giorni per il bene dell’intera Provincia Veneta; le vostre determinazioni, infatti, incideranno sulle numerose Fraternità Cappuccine che abitano questo territorio e che, dal 1528, vivono l’ideale del poverello di Assisi nella forma del terzo ramo del tronco francescano.

Secondo Bernardino da Colpetrazzo col terzo ramo della riforma siamo di fronte alla “…più disperata vita…”; tale espressione, che troviamo nel IV volume della Historia Ordinis Fratrum Minorum Capuccinorum (in Monumenta Historica Ordinis Minorum Capuccinorum, Roma 1941, 158), indica l’austerità e la penitenza vissute nella forma più radicale e che – unite alle altre virtù francescane – vengono ora assunte, appunto, nella loro forma più risoluta ”…più disperata vita…”.

Carissimi Padri, ogni scelta esprime l’animo di chi l’assume; tutto, quindi, dipende dall’animus e per questo chiedete che in voi si renda presente quello spirito che ha caratterizzato il carisma delle origini dell’Ordine, il carisma di Francesco.

Assumere una decisione in modo collegiale, come è proprio di un Capitolo, richiede che ognuno faccia la sua parte senza prevaricare e senza reticenza. Si può dare sia l’eccesso di parola sia del silenzio; tutto avvenga, sempre, nella carità della verità e nella verità della carità come ricorda l’apostolo Paolo (cfr. 1 Cor13,6; Ef 4,15).

In un Capitolo si dà il governo nella sua forma più allargata dell’ascolto e della partecipazione; i Padri Capitolari rappresentano tutti i fratelli e sono chiamati a dare il loro personale contributo con libertà, franchezza e carità.

San Benedetto, il Patriarca del monachesimo occidentale, scrive al terzo capitolo della Regola che l’Abate si ricordi di “consultare tutta la comunità, perché spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore” (Regola, cap.3).

Inoltre non è certo sfuggita alla vostra attenzione la preghiera della colletta in cui ci siamo rivolti a Dio con queste parole: “O Padre, che nella luce dello Spirito Santo guidi i credenti alla conoscenza piena della verità, donaci di gustare nel tuo Spirito la vera sapienza  e di godere sempre del suo conforto…” (Colletta).

La riforma che diede origine all’Ordine dei Cappuccini ci riporta ai primi anni del XVI secolo in cui la Chiesa, a diversi livelli, era pervasa da forti spinte riformatrici.

E’ il periodo della riforma di Lutero di cui ricordiamo, proprio in questo 2017, i cinquecento anni. Ma, soprattutto, sono gli anni della riforma che lo Spirito suscitò all’interno della stessa Chiesa Cattolica, ossia il Concilio di Trento (1545 – 1563). Soprattutto è la riforma operata dai santi e dalle sante che vissero proprio in quel periodo; un elenco che dice come lo Spirito Santo si sia “sbizzarrito” e abbia operato nelle differenti vocazioni cristiane: clero, religiosi, laici.

Igino Giordani ne fornisce un elenco che arriva a menzionare trentasette nomi di uomini e donne, cui potrebbero essere aggiunti altri beati e servi di Dio.

Dona gioia e fa riflettere contemplare un numero così grande di santi negli anni che immediatamente precedettero e seguirono il Concilio di Trento. Ne ricordiamo solo alcuni legati in modo particolare a Venezia e all’Ordine dei Frati Cappuccini; e incominciamo proprio da un Cappuccino Lorenzo da Brindisi (1559-1619), Giulio Cesare Russo o De Rossi che, orfano a  quattordici anni, si trasferì a Venezia, presso uno zio sacerdote, direttore di una scuola privata e curatore dei chierici di san Marco; Lorenzo entrato nell’Ordine fu anche provinciale di Venezia nel 1594. Legati a vario titolo a Venezia furono poi Gaetano Thiene (1480-1547) che svolse un ruolo di pacificatore tra la Repubblica Serenissima e la Santa Sede; ancora  Girolamo Emiliani o Miani (1481-1537), nato a Venezia; Ignazio di Loyola (1491-1556) e Francesco Saverio (1506-1552) ordinati presbiteri proprio qui a Venezia.

Carissimi Padri, la riforma che portò alla nascita del vostro Ordine è legata a questi anni in cui il Signore volle che la sua Chiesa finalmente voltasse pagina e ritornasse al Vangelo “sine glossa”, espellendo ogni forma di mondanizzazione e decadenza dalla vita cristiana e, in specie, dalla vita religiosa.

L’ispirazione, origine che portò alla nascita del terzo ramo del tronco francescano, nacque dal desiderio di una adesione più radicale al carisma di Francesco ritornando alle sorgenti della vita cristiana: la Sacra Scrittura e i Padri della Chiesa.

A ben vedere, questa ventata di Spirito riformatore non soffiò solo sui figli di Francesco ma rinnovò anche altre famiglie religiose che, in quegli anni, dovevano fare dolorosamente i conti con un altro spirito, quello del mondo che era entrato prepotentemente nei monasteri e nei conventi. Pensiamo, ad esempio, alla riforma Carmelitana grazie all’opera di santa Teresa di Gesù  (1515, 1582) e di san Giovanni della Croce (1542-1591).

A dire il vero un desiderio di riforma era presente  in modo stabile tra i figli di san Francesco e si esprimeva in una volontà di adesione più radicale al Vangelo, ovvero a Cristo; ciò richiedeva una attenzione particolare alla Sua divino-umanità e, quindi, alla pietà cristocentrica e mariana, alla povertà, alla carità, alla mortificazione, alla perfetta letizia e al riconoscimento dell’intera vita intesa come sintesi gioiosa di azione e contemplazione.

Tale aspirazione giunse a compiersi, quando agli inizi del ‘500, gli Osservanti si staccarono dai Conventuali; dopo tale prima separazione, la Santa Sede, con la Bolla Religionis zelus di Clemente VII (3 luglio 1528), autorizzò la nascita anche del terzo ramo francescano.

Così Mattia da Salò può parlare di una conformazione a Cristo crocifisso sull’esempio di Francesco. Una sintesi è proposta dal terzo superiore, Bernardino da Asti, che fu alla guida della nuova famiglia nel 1548. Egli racchiude tutto nella preghiera, nella povertà, nell’amore di Dio e del prossimo; preghiera e povertà sono finalizzate all’amore.

Fin dalle costituzioni del 1536, il fine a cui deve tendere la Fraternità Cappuccina è l’unione con Dio considerato “ottimo Padre”; tutti, quindi, devono tendere a Lui mirando alla  trasformazione in Lui. In tal modo risulta decisiva l’intenzione di fare ogni cosa per amore di Dio e per la Sua gloria; e tale meta si raggiunge attraverso il dono della preghiera continua e, perseguendo, nello stesso momento, un vero e reale distacco da tutto, attraverso la virtù della povertà.

La preghiera è così la strada quotidiana da percorrere e, attraverso di essa, ogni altra virtù viene nutrita; l’orazione interiore si protrae, inoltre, a lungo e travalica il tempo ad essa destinato attraverso l’atteggiamento interiore.

Insieme alla preghiera, bisogna crescere nella virtù della povertà che libera da ogni possesso e consegna a Dio attraverso un “sì” detto in piena libertà; tale “sì”, quindi, esprime un amore più grande. In tal modo il Frate e l’intera Fraternità Cappuccina diventano liberi, di fatto e di diritto, da ogni possesso chiedendo così, a se stessi e alla propria comunità, l’uso misurato e serio delle cose necessarie, sempre avendo presente la fragilità umana. Così, secondo tale prospettiva, la povertà occupa il posto centrale  e viene considerata madre di tutte le virtù.

L’imponente opera Monumenta Historica – in sette volumi – studia le origini dell’Ordine; da essa  veniamo a conoscere  le modalità di vita delle prime generazioni dei Cappuccini. Nel secondo volume, Bernardino da Colpetrazzo analizza e riflette sul reciproco influsso tra povertà o distacco dalle creature e unione con Dio.

Queste le sue parole: “…non mancò il Signore Dio di dare loro lo spirito suo, imperocché  essendo così perfettamente spiccati da ogni affezione terrena, erano continuamente trasformati in Dio e sempre stavano con la mente sospesa in contemplazione delle cose di Dio, che tanto facilitava loro ogni patire, che allora si rallegravano, quando si vedevano da tutti abbandonati… “ (Bernardino da Colpetrazzo, Monumenta Historica, Historia Ordinis Fratrum Minorum Capuccinorum, II, 212).

Cari Padri capitolari, sapete bene che il carisma delle origini non è solo qualcosa che ha priorità temporale ma valoriale, una priorità ontologica. E, quindi, è qualcosa che, nello scorrere del tempo, è chiamato a permanere e ad animare la vita dell’Ordine nelle pur mutate contingenze; anzi, le comprende e le interpreta a partire proprio da quella sapienza iniziale che, oggi, voi con le vostre decisioni dovrete ribadire e far rivivere per il maggior bene delle vostre Fraternità che, da secoli, vivificano il panorama cristiano del nostro Veneto.

Il mio augurio è che sappiate personalmente e nelle differenti Fraternità della Provincia tener desta l’immagine del “Cappuccino”, come la gente l’ha sempre percepito e amato, ossia un religioso che vive la preghiera nella totale povertà – il distaccato da tutti i beni – e vive il carisma di un Ordine fino in fondo e, proprio per questo, dice la freschezza e l’attualità del Vangelo secondo l’ideale di Francesco.

Riascoltiamo quanto Mario Pomilio sapeva condensare in poche ed essenziali parole rispondendo alla domanda: chi è il frate cappuccino e, quindi, la fraternità Cappuccina? Ecco il suo breve, significativo, testo: “‘Come mai, dei tanti Ordini religiosi operanti nel ’600, vediamo sulla scena de ‘I Promessi Sposi’ solo i Cappuccini?’ – ed ecco la risposta – ‘La nostra mente va ad un fatto sintomatico ed estremamente qualificante: attraverso i Cappuccini – l’ultimo ramo uscito dal gran tronco francescano nel 1528 – il Manzoni raccoglie e rilancia, come cardine del proprio messaggio religioso, l’insegnamento francescano nella sua parte più evangelica: la noncuranza dei beni terreni, la religiosità caritativa, lo stare a contatto diretto con la gente, l’operare a favore degli umili come un Ordine essenzialmente popolare…” (Cfr. Gli Eroi del Manzoni, Edizione a cura de Il Sabato, 1985, p. 38).

Chiediamo al Signore che i lavori del Capitolo, su cui invochiamo l’intercessione della Beata Vergine degli Angeli, rendano ancor più vera e attuale questa immagine del frate Cappuccino e delle Fraternità Cappuccine, così da suscitare un maggiore amore e stima nei confronti del Vangelo attraverso l’immagine di un religioso e di una comunità che vivono la preghiera, la povertà – il distaccato da tutti i beni -, poiché hanno intravisto e appartengono ad un Amore più grande che vogliono testimoniare in ogni parola e gesto. Pace e bene!