Omelia del card. Cè al funerale di mons. Attilio Costantini (Venezia, 3 aprile 2006)
03-04-2006

Eucaristia di congedo da Mons. Attilio Costantini
Basilica di San Marco, 3 aprile 2006

La santa liturgia in questi giorni ci guida verso la celebrazione dei divini misteri della Pasqua, ormai vicina. Ieri, 2 aprile, abbiamo fatto affettuosa memoria della morte del Servo di Dio il Papa Giovanni Paolo II, nel primo anniversario del suo ritorno alla Casa del Padre. Oggi ci siamo di nuovo convocati per congedarci, nella fede, da Mons. Attilio Costantini, che il Signore ha chiamato a sé la sera di giovedì, u.s. Egli si è spento dolcemente, raggiungendo il fratello minore che lo aveva preceduto di qualche settimana nella Casa del Padre.
Don Attilio è stato un uomo di fede; le sue radici affondavano in una famiglia numerosa di Burano, dove la fede si respirava. Incamminato al sacerdozio, coltivò con tenacia e con passione gli studi filosofici, prestando grande attenzione anche al pensiero moderno e poi, per lunghissimi anni, si dedicò all’insegnamento della religione cattolica e della filosofia nei licei pubblici e privati e nel Seminario Patriarcale.
Lo studio serio e l’insegnamento furono il suo modo originale di amare il Signore e di servire la Chiesa e le persone. Nello studio era rigoroso perché cercava la verità e voleva aiutare i giovani a crescere nella capacità di un giudizio cristiano culturalmente illuminato, tale da renderli capaci di orientarsi nella vita con scelte coerenti, testimoniando la loro fede.
Insieme allo studio si dedicò sempre, fin dai primi anni del suo sacerdozio, anche alla cura d’anime diretta, svolgendo i compiti più svariati come prete dell’Onarmo, assistente ecclesiastico delle Acli, della Fuci, dei Laureati cattolici, svolgendo il ruolo di vicario parrocchiale in diverse comunità’Per dieci anni fu parroco a Sant’Ignazio di Loiola al Lido e per trentadue anni a San Moisé.
Anche nella suo impegno parrocchiale diede grande importanza alla formazione d’una fede capace di dare ragione di sé. Per questo preparava meticolosamente la sua predicazione, scrivendo anche dopo tanti anni di esercizio pastorale. Univa all’aspetto culturale un grande amore per la comunità che gli era affidata, visitandone ogni anno le famiglie e seguendo attentamente lui stesso la catechesi ai piccoli. Io l’ho conosciuto quand’era parroco di San Moisé e ricordo quanto soffriva per l’assottigliarsi demografico della comunità, che rendeva difficile finanche il reperimento dei catechisti e degli animatori per il gruppetto di ragazzi e di giovani, sempre meno numerosi, i quali però gli volevano bene e ai quali dedicava, quanto ne era capace, affetto e cura. L’aspetto riservato e austero della sua persona non riusciva a nascondere una delicata sensibilità, che godeva dell’affetto e della stima che lo circondavano.
Così fino a quando le forze lo sostennero: poi passò alla preghiera corale della Basilica di San Marco. E qui, nella pace del silenzio e della preghiera, trascorse i suoi ultimi anni.
Don Attilio è veramente vissuto per il Signore, come ci ha ricordato San Paolo, ed ora vive in Lui.(cfr Rm 14,7-12)
Le parole di Giobbe (Gb 19,1.23-27)), interpretate dalla liturgia, ci hanno indicato la meta del nostro cammino, dopo che questo nostro corpo mortale sarà distrutto: noi incontreremo il Signore, lo guarderemo con la fiducia e la libertà dei figli, perché, grazie al Battesimo, noi siamo già figli di Dio.

Il Vangelo secondo San Marco (Mc 15,33-39; 16,1-6) che abbiamo ascoltato, ha proclamato la morte di Gesù: una morte sofferta, per la crudeltà del supplizio della croco e per lo strazio interiore d’una umanità, quella di Gesù, che s’era fatta carico del peccato dell’uomo e ora ne sentiva tutto il peso. Una morte, che però fu un atto supremo di amore per il Padre e per i fratelli: ‘perché il mondo sappia che io amo il Padre e faccio tutto quello che egli mi ha comandato’ (Gv 14,31).
Per questo il Padre gli ha risposto risuscitandolo. Dice l’angelo alle donne andate al sepolcro il mattino del primo giorno dopo il sabato: ‘Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E’ risorto. Non è qui’.
E’ il grande annunzio che la Pasqua sta per ripeterci, è la più grande certezza della nostra fede capace di mutare il nostro pianto in canto di gioia: se il Crocifisso è risorto, anche noi, che crediamo il Lui, risorgeremo. Ce lo assicura San Paolo: ‘Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi’ ((Rm 8,11). Commenta il Catechismo della Chiesa Cattolica: ‘Con la morte, separazione dell’anima dal corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della risurrezione di Gesù ‘ (CCC n. 997).
E’ la grande certezza cristiana proclamata a noi dalla Pasqua del Signore, continuamente celebrata nell’Eucaristia.
Don Attilio per 60 anni ha celebrato quotidianamente l’Eucaristia, si è nutrito del corpo e del sangue del Signore, che sono il seme reale della risurrezione. Dice infatti Gesù: ‘Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno’ (Gv 6,54).

Ora noi proseguiamo nella nostra celebrazione: grazie alla morte e risurrezione di Gesù di cui l’Eucaristia è il memoriale, noi crediamo che anche la morte di questo nostro fratello è un passaggio da questo mondo alla Casa del Padre, dove Gesù ci ha preceduti per prepararci un posto.
‘Subvenite Sancti Dei, occurrite angeli Domini..’, canta la liturgia dei defunti. La Santa Madre di Gesù, la nostra amata Nicopeia, dinanzi alla quale, soprattutto in questi ultimi anni, don Attilio spesso sostava in preghiera – ‘Prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte’ ‘ ora gli vada incontro, insieme a Gesù dal volto festoso, e lo introduca al Padre.
Presso il Signore Don Attilio ritroverà i suoi cari e, con essi, i parrocchiani da lui accompagnati verso la dimora eterna e tanti alunni, ai quali ha insegnato le strade della vita.
E lui, nella Comunione dei Santi, preghi per noi: per la sua e nostra Chiesa, per il Patriarca e per il Seminario dove per tanti anni ha insegnato con amore e diligenza. Unisca la sua alla nostra preghiera per le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa e preghi anche per la Visita pastorale, che vede impegnata in questi anni la nostra Chiesa
Ai familiari vadano le nostre sincere condoglianze: io non posso tacere i miei sentimenti di particolare solidarietà alla sorella Sr Bartolomea, che per diversi anni ha condiviso con me la stessa casa, assistendomi, insieme alle indimenticabili consorelle, nella vita quotidiana.
La luce del Cristo Pasquale riscaldi la nostra speranza e custodisca i nostri animi nella pace.