Omelia all'abbazia di Montecassino (Fr) in occasione della solennità di S. Benedetto, patrono d'Europa (21 marzo 2007)
21-03-2007

ABBAZIA DI MONTECASSINO
SOLENNITÀ DI SAN BENEDETTO, PATRONO D’EUROPA
Sir 50, 1-11; Sal 111; Ef 4, 1-6; Mt 5, 1-12

Montecassino, 21 marzo 2007

Card. Angelo Scola
Patriarca di Venezia

Reverendissimo Padre Abate e membri tutti di questa comunità monastica di Montecassino,
Signor Presidente del Parlamento Europeo,
Signor Ministro, Rappresentante del Governo italiano,
Onorevoli e Senatori della Repubblica,
Eccellentissimi Ambasciatori,
Signor Presidente della Regione Lazio,
Gentili Autorità Civili e Militari,
Fratelli e sorelle nel Signore,

1. Da duemila anni uomini e donne di ogni condizione si commuovono sorpresi e forse un po’ increduli ascoltando le parole del Vangelo di oggi: «Beati i poveri di spirito’ Beati gli afflitti’ Beati i miti». Con forte immedesimazione François Mauriac riscrive questa pagina evangelica: «Felici… Felici… Felici… Coloro che stavano nell’ultima fila e non udivano altro che quella parola gridata dal Signore nove volte, potevano credere che si trattava di un messaggio di felicità. E non sbagliavano. Grazie ad una trasformazione più sorprendente di quella di Cana, la povertà si convertiva in ricchezza e le lacrime in gioia…» (F. Mauriac, Vita di Gesù, Milano 1993, 61).
L’inestirpabile desiderio di felicità e di libertà che anima il cuore di ciascun uomo di ogni tempo e luogo sta esplodendo ai giorni nostri con inusitata potenza. Parole come giustizia e ragione che per decenni hanno guidato generazioni di europei, anche attraverso sentieri interrotti, oggi, dopo il crollo dei muri, cedono il primato a termini come felicità e libertà. E questi non sono più espressione di una cultura elitaria, ma linguaggio corrente che trama la vita quotidiana della gente comune.
Di questo anelito costitutivo si fa portavoce il Salmista: «Chi è l’uomo che brama la vita e vuol vedere giorni felici?» (Sal 33, 13). Queste parole, sapientemente raccolte da San Benedetto nel Prologo della Regola, aiutano ad intuire perché il padre del monachesimo occidentale – evangelizzatore di pace, operatore di unità, maestro di cultura e di civilizzazione, ambasciatore della fede cristiana, patrono di Europa – continui ad essere un punto di riferimento per milioni di uomini e donne.
«Come era stupendo quando si aggirava fra il popolo’ Premuroso di impedire la caduta del suo popolo’» (Prima Lettura). Così l’odierna liturgia solennemente celebrata in questa storica ed imponente abbazia, quattro volte distrutta e quattro volte ricostruita con rinnovato splendore, descrive la fecondità della vita di San Benedetto con l’elogio del sommo sacerdote Simone, figlio di Onia, tratto dal Libro del Siradice.
Il «nulla anteporre all’amore di Cristo» («nihil amori Christi praeponere», Regola IV) che caratterizza la vita benedettina e segna la strada per ricevere «dal Signore quella ricompensa che egli stesso ha promesso» (ibid.), ci aiuta a penetrare il paradossale messaggio evangelico delle beatitudini: il regno di Dio coincide con la totale adesione al Suo disegno manifestato in Cristo Gesù. E questa è per l’uomo la strada della felicità.

(il resto del testo in allegato…)