Omelia alla vigilia e alla festa di Pentecoste (18 e 19 maggio 2002)
 Basilica di san Marco, 18 e 19 maggio 2002
19-05-2002

Basilica Patriarcale di San Marco
VEGLIA DI PENTECOSTE
18 maggio 2002
Gn 11,1-9 – Rm 8,22-27 – Gv 7,37-39

1. «Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale», oggi hai rivelato «a tutti i popoli il mistero nascosto nei secoli» (Prefazio).
Figli carissimi, in questa santa Veglia, che vede riuniti i rappresentanti delle molteplici espressioni della nostra Chiesa patriarcale, dobbiamo spingerci con umile baldanza – sia pure a tentoni ‘ in questo mistero richiamato dal Prefazio. Asseconderemo così l’invito rivoltoci da Gesù: «Chi ha sete venga a me e beva» (Gv 7,37). «Riceveranno in dono» – Egli soggiunge – «fiumi d’acqua viva» (Gv 7,38), cioè lo stesso Spirito Santo.
Chi è lo Spirito Santo? Egli è l’amore che intercorre tra il Padre e il Figlio. Il Padre dona tutto il Suo essere al Figlio, generandolo; il Figlio accoglie e restituisce in modo totale il dono che riceve. In Dio la duplice relazione di paternità e di figliolanza esprime una reciprocità così assolutamente perfetta da produrre come frutto (spirare), la persona dello Spirito Santo. Lo specifico dello Spirito Santo è pertanto l’Amore. Per questo con una espressione potentemente sintetica, nata sul terreno arato dai Padri della Chiesa, lo Spirito viene chiamato ‘Donum doni’: Dono del dono. Infatti dal reciproco donarsi di Padre e Figlio scaturisce il Dono perfetto dello Spirito. Così quando cantiamo: ‘Vieni, vieni Spirito d’amore’ veramente ci riferiamo alla natura ultima e profonda dell’amore. L’essenza dell’amore è infatti lo Spirito Santo, in quanto Dono del dono. L’Amore in senso compiuto vive nel seno della Trinità dove lo Spirito è, ad un tempo e inseparabilmente, il vincolo perfetto tra il Padre e il Figlio è il frutto di tale vincolo.
Per comprendere un poco la natura di questo dono che genera dono, di questo Donum doni che è la Persona dello Spirito, dobbiamo guardare alle Sue opere. In esse ritroviamo sempre questo sigillo indelebile della donazione feconda. Anzitutto, nel mistero del
l’Incarnazione per opera dello Spirito l’admirabile commercium (donazione) del divino con l’umano produce come frutto la sacratissima umanità del Figlio di Dio. In secondo luogo Gesù Cristo, sempre per opera dello Spirito, si dà alla Chiesa, Sua Sposa, generando eucaristicamente un popolo santo che attraversa la storia. Di questo mistero di donazione feconda ‘ mistero nuziale, appunto! ‘ è, infine, vero sacramento il matrimonio cristiano spalancato alla vita, cioè la famiglia. In essa si compie il disegno per cui Dio ci ha voluti a Sua immagine proprio creandoci come uomo-donna.
L’amore ci si presenta, quindi, a tutti questi livelli nella sua duplice costitutiva dimensione: reciproco dono di sé e frutto di tale dono.
Invocare lo Spirito significa allora riconoscere che da esso ogni cristiano nasce e continuamente rinasce come una persona capace di comunione. Sorge cioè il popolo santo di Dio, la Sua Chiesa. La vita delle nostre comunità si svilisce ogni volta che riduce questa profondità dell’amore comunicatoci dallo Spirito di Gesù Cristo morto e risorto. Ogni volta che – magari inconsapevolmente -, noi diamo per scontato il dono dello Spirito e dimentichiamo che la fede è, anzitutto, frutto della grazia e non esito del nostro sforzo. Senza la permanente coscienza del dono amoroso dello Spirito, Gesù Cristo Risorto cessa di essere per il cristiano una realtà viva e personale e viene ridotto ad un puro pretesto del suo, magari nobilissimo, impegno.

2. Anche noi, membra vive del popolo santo di Dio, partecipiamo del dramma della libertà che è in pieno svolgimento sulla scena del mondo. Con un’immagine potente la Prima Lettura, tratta dal Libro della Genesi, mette a fuoco la menzogna che si annida nel cuore dell’uomo e tra le maglie dell’umana convivenza. La confusione delle lingue indica l’incomprensione spesso dominante in noi stessi e nel rapporto tra gli uomini. Non dobbiamo faticare troppo per riconoscerla dentro gli ambiti della nostra vita quotidiana:
in famiglia come sul lavoro, nelle nostre comunità cristiane come nella società civile, o nell’impegno politico. Nei momenti di maggior lucidità infatti ci rendiamo conto di una quasi inevitabile forza centrifuga che ci separa dagli altri e tende continuamente ad isolarci in una ostinata quanto inutile affermazione di noi stessi. Babele incombe sulla nostra persona e sulla nostra convivenza ecclesiale tutte le volte che ci dimentichiamo di invocare dallo Spirito l’amore autentico che si documenta nell’inscindibile nesso tra il dono di sé ed il frutto che ne deriva.

3. Tuttavia, proprio quando ci riconosciamo bisognosi di salvezza perché feriti, «lo Spirito viene in aiuto della nostra debolezza» e domanda per noi, che «non sappiamo nemmeno» cosa sia «conveniente domandare» (cfr Rm 8,26). Cosa domanda? Lasciamocelo suggerire dall’Orazione sulle Offerte dell’odierna liturgia, in cui il dono dello Spirito viene definito come «carità ardente». Chiediamoci: come, in concreto, è possibile ritrovare questa carità ardente nelle nostre comunità cristiane? Come descriverne i tratti? Mi limito a segnalarne due che ne documentano la presenza all’interno delle nostre famiglie, delle nostre parrocchie, delle associazioni, dei gruppi, dei movimenti, nelle Chiese particolari come in quella universale. Entrambi sono la manifestazione concreta dell’amore che vive nella communio catholica.
Il primo – ho già avuto modo di richiamarlo in altre sedi ‘ è ben espresso dalla formula coniata dal Sinodo straordinario dei Vescovi del 1985: la pluriformità nell’unità. Essa descrive la natura del dono reciproco che si vive all’interno dell’amore ecclesiale. Il secondo è costituito dalla missione del cristiano e della comunità e manifesta il frutto di tale donazione. Ritroviamo così, nella carità ardente propria della vita quotidiana della Chiesa, i segni della donazione feconda operata dalla potente missione dello Spirito del Risorto. Sono i segni di quella nuova parentela tra cristiani, l
a cui garanzia ultima è custodita all’origine del Mistero che fa tutte le cose, la Vita della Trinità.

4. Pluriformità nell’unità: per la potenza dello Spirito il popolo santo di Dio documenta da duemila anni che è realizzabile nella storia una unità in grado di vincere ogni tentazione disgregativa. Mettendola ultimamente al riparo da ogni deriva utopica a cui purtroppo sempre conduce l’umana inclinazione dell’ideologia, lo Spirito fa risplendere nella Sua Chiesa la sinfonica armonia della grazia divina, generando una pluriformità di carismi e ministeri che non intacca l’unità. In tal modo la comunità cristiana diventa capace di esprimersi capillarmente, in tutti gli ambiti dell’esistenza, così che la libertà di ogni uomo possa incontrare Gesù.

5. Questa pluriformità nell’unità, espressione dell’amore costitutivo della communio sanctorum, genera, quale frutto gratuito, la missione. Ecco il secondo segno della presenza dello Spirito tra di noi. L’unità sinfonica tra le diverse realtà che popolano la vita di una Chiesa particolare si dà in chiave missionaria, non in chiave organizzativa. L’unità che ci precede perché scaturisce dal sacramento, dalla confessione di fede e dalla cura pastorale garantita dal Vescovo, è la sorgente oggettiva attraverso la quale lo Spirito suscita quella ricchezza di realtà e di iniziative che hanno come scopo l’offerta di sé per la salvezza del mondo.

6. Figli carissimi, quanto più il nostro cuore sarà spalancato alla missione, tanto più sapremo fare veramente nostra l’invocazione suggeritaci dalla Liturgia di questa sera: «Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore» (Versetto al Vangelo).
Vieni, o Paraclito, e rinnova in noi la grazia del Battesimo!
O Divino Consolatore, accresci la carità ardente che lascia trasparire nelle nostre comunità il volto splendente di Cristo!
Spirito d’amore, la Tua dolce forza spinga ognuno di noi a testimoniare con lieto coraggio la misericor
dia del Padre per ogni uomo!
Spirito di Gesù Cristo risorto, sciogli nei Tuoi figli la freddezza, così che gli uomini di questa nostra terra veneta riconoscano in Te l’autore della vita. Sappiano che Tu la doni a chi l’accoglie e la doni in abbondanza! Amen.

Basilica Patriarcale di San Marco
SOLENNITÀ DI PENTECOSTE
19 maggio 2002
At 2, 1-11; 1 Cor 12, 3b-7. 12-13; Salmo 103; Gv 20, 19-23

S. E. Mons. Angelo Scola
Patriarca di Venezia

1. «O Padre … su coloro che hai reso figli di adozione in Cristo Tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo (‘) che ha riunito i linguaggi della famiglia umana nella professione dell’unica fede». Con queste parole il Prefazio della Santa Messa fa memoria del miracolo della Pentecoste e ci aiuta riconoscerne la permanenza nell’oggi della Chiesa. Noi, convenuti questa mattina da tutte le parti del mondo, in questa splendida Basilica che custodisce le spoglie dell’evangelista Marco, forse più di altri possiamo renderci conto, anche fisicamente, dell’attualità del miracolo della Pentecoste: nel comune linguaggio della professione di fede molte nazioni di diverse lingue diventano l’unico popolo di Dio. Ciò che definisce il nostro convenire, infatti, non è la nostra provenienza culturale e nazionale: come i protagonisti del racconto degli Atti quel giorno a Gerusalemme, anche noi oggi potremmo dire: ‘Siamo italiani, tedeschi, inglesi, francesi, spagnoli’ e tutti professiamo la stessa fede’. A definirci in profondità è invece il miracolo della Chiesa: il frutto compiuto della Pasqua del Signore, il dono per eccellenza dello Spirito Consolatore.

2. «Mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» ci ha fatto recitare poco fa il Salmo Responsoriale. Nella Chiesa è data ad ogni uomo la possibilità di gustare le primizie di questa novità perché in essa la nostra condizione umana, in ogni suo risvolto – fino ai più oscuri e contraddittori -, già da ora partecipa, sia pur in modo incipiente, alla vittoria del Crocifisso risorto sulla morte. Così tutti i condizionamenti – legati al corpo, al tempo e allo spazio – di cui saremmo definitivamente prigionieri, vengono trasformati dalla fede nello Spirito in occasioni di benefica lotta che conduce al compimento della nostra libertà. Per la potenza del Consolatore – di questa compagnia che guida teneramente ciascuno di noi al suo destino – avviene quel prodigioso ‘rovesciamento’ di cui la Sequenza ci dà una commovente documentazione: «Nella fatica, riposo, /nella calura, riparo,/ nel pianto, conforto». E l’opera vittoriosa dello Spirito, che «lava ciò che è sordido, irriga ciò che è arido, piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido», si realizza. Chi di noi ha avuto la grazia di incontrare nella sua vita un uomo o una donna segnati dalla santità sa bene cosa vogliano dire queste parole!

3. L’unità diventa il primo e più imponente segno della presenza salvifica dello Spirito. Nella comunione – è questo infatti il nome adeguato dell’unità che nasce dalla fede – ogni divisione, ogni confusione, ogni umana Babele è vinta alla radice. Così come ogni differenza, lungi dall’essere guardata con sospetto od ostilità, è abbracciata come un’insostituibile ricchezza: «’a ciascuno è data una particolare manifestazione dello Spirito per l’utilità comune» (1Cor 12,7).
Eppure, se noi guardiamo a come vanno le cose nel mondo – soprattutto in quello ancora così tenacemente radicato dentro di noi – non possiamo evitare un interrogativo che suona scettico, quando non disperato: ‘Ma come è possibile?’
Gesù ci indica la strada maestra. Lasciando ai suoi apostoli il dono dello Spirito prima di tornare al Padre, partecipa loro la Sua facoltà di perdonare i peccati: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi» (Gv 20,23). L’unità e la comunione diventano possibili solo dentro l’orizzonte dell’inesauribile misericordia del Padre che lo Spirito di Gesù Cristo risorto permanentemente ci offre.
La misericordia è veramente una virtù divina che non ha nulla da spartire con la nostra capacità di ‘passar sopra’, o di dimenticare, o di censurare il male, in noi come negli altri. La misericordia è la capacità che lo Spirito possiede di ricreare l’uomo, rimettendolo realmente in gioco, al servizio del disegno del Padre. Essa però non si dà mai in modo magico, come un ‘colpo di spugna’ che svuoti la nostra libertà di ogni sua tensione drammatica. È la ragione per cui il Santo Padre, assai opportunamente ed acutamente, nel recente Motu proprio ‘Misericordia Dei’ su alcuni aspetti della celebrazione del Sacramento della penitenza ci ha ricordato che occorre «… che il fedele, oltre alla coscienza dei peccati commessi, al dolore per essi e alla volontà di non più ricaderci, confessi i suoi peccati». La misericordia chiama in causa Te personalmente! Il dono dello Spirito viene elargito alla Tua libertà singolare e irripetibile.
Assumiamo oggi con fermo proposito questo impegno ad accostarci con regolarità ed in modo individuale al sacramento della Riconciliazione. Ritorneremo alle nostre case con il cuore acceso dal fuoco dello Spirito.

We are gathered in this Basilica from all over the world. This helps us to become aware of the miracle of Pentecost. In the profession of faith many nations become the unique People of God. This is the miracle of the Church. A miracle rendered possible through mercy: sin does not cancel the communion sprouted by the Holy Spirit. Therefore, let us not evade from the gift of mercy that the Church continuously offers us. As the Holy Father has recently reminded us, the sacramental and individual confession of sins is decisive in our lives in order to obtain God’s mercy.

Reunidos en esta Basílica procedentes de todo el mundo nosotros, de modo privilegiado, podemos reconocer la actualidad del milagro de Pentecostés: en la profesión de fe muchas naciones se convierten en el único Pueblo de Dios. Es el milagro de la Iglesia. Un milagro fruto de la misericordia: nuestro pecado no es capaz de cancelar la comunión engendrada por el Espíritu Santo. Por tanto, no nos sustraigamos al don de la misericordia que la Iglesia nos ofrece continuamente. Como ha recordado recientemente el Santo Padre, la confesión individual de los propios pecados es decisiva para obtener la misericordia de Dios.

Uns allen, die wir aus der ganzen Welt in dieser Basilika zusammengekommen sind, wird vielleicht mehr als anderen die Aktualität des Pfingstwunders klar: durch das Bekenntnis des Glaubens wird aus vielen Völkern das einzige Volk Gottes. Das ist das Wunder der Kirche ‘ ein Wunder, dessen Ursprung Barmherzigkeit ist: unsere Sünde kann die vom Heiligen Geist gestiftete Gemeinschaft nicht auslöschen. Entziehen wir uns also nicht diesem Geschenk der Barmherzigkeit, das die Kirche ständig für uns bereithält! Wie der Heilige Vater uns kürzlich in Erinnerung gerufen hat, ist das sakramentale Schuldbekenntnis mit der persönlichen Angabe der Sünden entscheidend, um Gottes Barmherzigkeit zu erhalten.

Nous qui sommes réunis dans cette Basilique, provenant de toutes les parties du monde, nous pouvons expérimenter plus que tous les autres l’actualité du miracle de la Pentecôte. Grâce à la profession de foi, des gens en provenance de différentes nations deviennent l’unique peuple de Dieu: il s’agit du miracle qu’est l’Eglise. Un miracle que la miséricorde de Dieu rend possible. En fait notre péché n’arrive pas à effacer la communion engendrée par l’Esprit Saint. Ne nous retirons donc pas du don de la miséricorde que l’Eglise nous donne constamment.
Comme nous l’a rappelé récemment le Saint Père, la confession sacramentelle individuelle de ses péchés est décisive pour obtenir la miséricorde de Dieu.

Vieni, Spirito Santo, e noi troveremo pace. Amen.