XXIV CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE
BARI, 21-29 MAGGIO 2005
‘Senza la domenica non possiamo vivere’
CATTEDRALE
S. Messa votiva dell’Odegitria
Sir 24, 1-4. 8-12; 19-21; dal Salmo 147; Gv 2, 1-11
BARI, 28 MAGGIO 2005
OMELIA DI S.E.R. ANGELO CARD. SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA
1. «Fate quello che vi dirà» (Vangelo, Gv 2, 5b). Maria, la Madre, ha un ruolo decisivo nell’umanissimo episodio di Cana, con cui Gesù inaugura la sua vita pubblica. Da dove le viene tanta autorità? La Prima Lettura suggerisce una risposta. Maria, come i Padri della Chiesa hanno spesso rimarcato, partecipa della sapienza che «ha posto le radici in mezzo a un popolo glorioso» (Prima Lettura, Sir 24, 12). La sua autorità dipende quindi dalla più grande autorità del Dio fatto uomo. Per comprenderlo basta riflettere su questo banchetto nuziale.
Cosa c’è di più umano e popolare di una festa di nozze? Ebbene, Dio non disdegna di cominciare da lì. Nel suo primo miracolo Gesù, per il godimento dei presenti, trasforma l’acqua in vino. Tutto l’umano – per quanto possa apparire umile, insignificante, addirittura ripugnante – è stato assunto dal Figlio di Dio per essere salvato. Dio ha rivelato la Sua potente autorità esinanendo la sua umanità nell’impotenza della Croce. Maria è parte intima di questo grande mistero. Lo ha intuito con straordinario acume il poeta Dante, invocandola «Vergine madre, figlia del tuo Figlio». Per il glorioso evento di morte e risurrezione di Gesù, qualsiasi aspetto dell’esistenza, anche il più quotidiano, è reso degno del rapporto dell’uomo con Dio. Come suggerisce il miracolo di Cana, con l’incarnazione il divino e l’umano si sono definitivamente uniti in un indissolubile legame nuziale. E tutto questo a vantaggio di noi uomini.
2. Come si documenta nella nostra vita questo vantaggio? Affetti e lavoro, festa e ferialità diventano il luogo della manifestazione della sua gloria (Vangelo: «Così Gesù’manifestò la sua gloria» (Gv 2, 11). Nella vita quotidiana di quegli sposi e dei loro invitati è rappresentata la nostra vita quotidiana. Per questo siamo qui. Carichi della speranza certa che, oggi come allora, Gesù è presente con Sua madre in mezzo a noi. E sappiamo che se glielo chiediamo come Lei ‘con autorità’, Egli trasfigurerà la nostra esistenza così come ha trasformato l’acqua in vino.
3. Maria, dopo essere stata all’origine della presenza di Gesù alla festa, ottiene il miracolo del vino nuovo, che prefigura l’Eucaristia. L’Eucaristia è, infatti, il potente mezzo dell’azione di Gesù, segno supremo della presenza del Risorto tra i suoi, sorgente della novità che, invadendo la vita dei cristiani, è destinata a ‘contagiare’ beneficamente tutta la famiglia degli uomini. Quando ci riuniamo per celebrare nella Santa Cena il glorioso sacrificio di Cristo, la potente autorità dello Spirito trasforma il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù. Mentre ci cibiamo del Suo santo corpo Gesù ci assimila a Sé. Restaura la nostra comunione col Padre e rende possibile il miracolo della comunione tra noi. L’ineffabile mistero eucaristico manifesta lo sconfinato amore del Padre in Gesù Crocifisso. Egli, permanentemente elargito nelle sacre specie, resta sempre a nostra disposizione, senza porci nessuna condizione previa: «’mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5, 8).
4. Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica sull’Eucaristia, ha genialmente definito Maria ‘Donna eucaristica’ (EdE, 53). Infatti chi più di Lei, che ha condiviso negli affetti, nel lavoro e nel riposo l’esistenza di Gesù nel purissimo sodalizio sponsale con il casto Giuseppe, si è lasciata pazientemente educare al mistero dell’Eucaristia? Dopo la sua morte e risurrezione Ella ha sicuramente continuato l’intimità vitale con suo Figlio partecipando, insieme agli apostoli, alla Santissima Eucaristia. Da Lei non dobbiamo allora imparare un diverso modo di vivere il nostro quotidiano? Con Lei dobbiamo celebrare la nostra Eucaristia nel rito domenicale (e possibilmente anche feriale) e nell’instancabile offerta della nostra esistenza. Gli affetti (fidanzamento, matrimonio, famiglia e vita) e il lavoro (scuola, università, professione e servizio), sapientemente ritmati dal riposo, soprattutto quello festivo. ‘Senza la domenica non possiamo vivere’, recita il tema di questo Congresso eucaristico, facendo riferimento alla bella affermazione dei Santi Martiri di Abitene. Maria oggi ci dice che «l’esistenza cristiana ha una ‘forma eucaristica’ (cfr Lettera ai Sacerdoti Giovedì Santo 2005). Come osserva il grande poeta Paul Claudel: «La vita umana in parti uguali di gioie e di dolori è fatta». Ognuno di noi tocca con mano che gioie e dolori attraversano i nostri affetti e il nostro lavoro. Il ritmo del nostro tempo e lo spazio delle nostre dimore ne sono profondamente segnati.
Ma nell’Eucaristia ci è assicurato il viatico, il con-forto (Colui che dà forza) in tutte le circostanze felici ed avverse, in tutti i rapporti facili e difficili, consolanti e dolorosi. Mentre ci dona il Suo Corpo e il Suo Sangue, Gesù ci assimila progressivamente a Sé facendoci pre-gustare le primizie della Sua risurrezione. Spazio e tempo, da sbarre invalicabili di un’esistenza prigioniera della morte, si trasformano in strumenti espressivi di una vita nuova in cui già si affaccia il per sempre dell’eterno.
5. Come incamminarci con decisione su questa via facendoci compagni di tutti i nostri fratelli uomini? Seguendo l’Odegitria, ‘Colei che indica la via’, cioè Gesù Cristo, il Verbo incarnato dell’eterno Padre, fattosi uomo nel grembo verginale di Maria. «È Lui infatti la Via, la Verità, la Vita dell’uomo. È Lei veramente la Madre Odegitria mediante la quale l’uomo incontra il Redentore» (Prefazio). Mettiamoci dunque alla scuola della madre: Cristo ci accompagna al Padre, Maria «ci accompagni a Cristo» (cfr EdE, 57). Amen