BASILICA PATRIARCALE DI SAN MARCO
MESSA IN COENA DOMINI
Es 12,1-8.11-14; dal Salmo 115; 1Cor Il,23-26; Gv 13,1-15
Venezia, 13 aprile 2006
OMELIA DEL PATRIARCA S. E.R. ANGELO CARD. SCOLA
1. Le tre Letture di oggi ci presentano tre fatti, più precisamente sono il resoconto di tre cene. Il brano dell’Esodo presenta il Signore che detta a Mosé e ad Aronne, fin nei particolari più minuziosi, le modalità di svolgimento della cena pasquale del popolo ebreo in Egitto; nella Lettera ai Corinti Paolo, ricostruendo fedelmente gesti e parole, trasmette ai suoi il mandato dell’ultima cena che a sua volta ha ricevuto. Nel Santo Evangelo Giovanni approfondisce il senso dell’Istituzione dell’Eucaristia con l’episodio della lavanda dei piedi.
Nella fede, come nella vita, l’azione ha il primato sulla riflessione. Noi invece abbiamo ereditato dall’intellettualismo moderno la convinzione astratta che prima si pensi un’idea e poi la si applichi alla vita. Non è così. Anzitutto si vive; ma, dato che siamo esseri ragionevoli, ci sono delle ragioni implicate nell’esperienza, che si debbono e si possono esplicitare organicamente. Nulla aiuta a capire questo come l’Eucaristia che è, appunto, azione, gesto.
2. I tre fatti narrati concorrono a farci comprendere il grande mistero che stiamo ora vivendo: l’Eucaristia. «’Questo è il mio corpo, che è per voi’ … ‘Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue” ‘Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore» (Seconda Lettura).
«Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo» (Deus caritas est, 12). Inaudito riproporsi, nel sacrificio eucaristico, di un amore che ridesta in noi lo stupore originario. Lo stupore, infatti, è la modalità normale di reagire dell’uomo (pensiamo allo sguardo dei nostri bambini), solo che normalmente noi viviamo alla superficie di noi stessi e non ce ne accorgiamo. Perciò proviamo una nostalgia trafitta da una punta di dolore: la nostalgia di quello sguardo stupito. L’Eucaristia, autenticamente vissuta, fa passare dalla nostalgia allo stupore.
3. L’Eucaristia, dunque, è l’azione compiuta dalla Trinità attraverso il sacrificio pasquale di Cristo incastonato nell’Ultima Cena. Mediante la conversione sostanziale del pane e del vino Gesù viene all’incontro di ogni uomo, coinvolgendolo – come dice con un’espressione straordinaria il Santo Padre – «nella dinamica della sua donazione» (Deus caritas est, 13). La donazione è ben espressa dalla lavanda dei piedi che ora noi riproporremo. Era il gesto dello schiavo prima che il padrone sedesse a mensa. Gesù lo fa proprio. Pietro se ne scandalizza fino a quando capisce che accettarlo significa entrare nella salvezza. Ma tale coinvolgimento chiede la nostra libertà. Perché, lo tocchiamo con mano ogni giorno nella nostra vita personale e in quella delle nostre famiglie, l’amore è un lavoro, è una responsabilità.
4. Il Corpo di Cristo, che si fa Corpo eucaristico, diventa corpo ecclesiale perché la dinamica dell’ amore è inarrestabile. Esso, a cerchi concentrici, è chiamato a dilatarsi a tutto il mondo. «La sua dinamica ci penetra e da noi vuole propagarsi agli altri e estendersi a tutto il mondo, perché il suo amore diventi realmente la misura dominante del mondo» (Benedetto XVI, GMG 2006 Colonia, Omelia Messa nella spianata di Marienfeld).
5. Il Giovedì Santo ricompie il grande miracolo della storia: nasce in Cristo la nuova parentela, la nuova famiglia.
Per questo termineremo dopo la Reposizione del Santissimo Sacramento con l’adorazione eucaristica per ricordare l’agonia del Signore. Lo accompagneremo fino alla memoria della Sua ora mortale prima che si immerga nel grande silenzio del Sabato Santo. Amen