Omelia alla Messa di ringraziamento di fine d’anno (Basilica di San Marco – 31 dicembre 2004)

31-12-2004

Omelia alla Messa di ringraziamento di fine d’anno
Basilica di San Marco 31 dicembre 2004

Fratelli e sorelle carissimi,

1 Questa sera, concludendo l’anno 2004, intendiamo ringraziare il Signore per l’anno che ci ha concesso e per i doni della vita, della fede, della salute, degli affetti, del lavoro’ con cui, giorno per giorno, lo ha accompagnato.

2. Un altro anno è passato. ‘Purtroppo’, saremmo portati a dire. La consapevolezza della fugacità del tempo potrebbe rattristarci, se non ci venisse incontro la fede. In questi giorni stiamo celebrando il Natale del Signore: l’Eterno è sceso nel tempo per riscattarlo dalla caducità e aprirlo alla vita stessa di Dio. ‘Io sono la risurrezione e la vita’, dice Gesù (Gv 11,25). E la liturgia di questa sera proclama: ‘Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna’perché ricevessimo l’adozione a figli’. A chi crede infatti Gesù ha dato il potere di diventare figli di Dio, partecipi quindi della sua stessa vita.
La presenza nel tempo di Gesù, Salvatore dell’uomo, che riscatta il tempo dalla caducità e lo apre alla vita stessa di Dio, che è vita eterna, ci libera dallo smarrimento per il tempo che passa ed è fondamento di speranza per ciascuno di noi e per l’intera umanità.
3. Quello che sta per chiudersi è stato un anno ‘nigro signando lapillo’, come dicevano gli antichi: un anno terribile, segnato da continue guerre, dalle violenze e dal terrorismo più atroce (pensiamo a Beslam!). E’ di quest’ultima settimana l’immane tragedia del maremoto che ha sconvolto il Sud-Est asiatico, facendo oltre centomila morti (ma quanti saranno, realmente, alla fine?), seminando distruzione e miseria, gettando nella disperazione intere popolazioni, peraltro già molto povere.
Non possiamo raccoglierci nel Signore, dire il ‘Padre Nostro’ e ringraziare per l’anno che ci ha donato,senza partecipare al dramma di tanti uomini, donne e fanciulli che la fede ci fa sentire fratelli.
L’evento che ha tanto duramente provato milioni di persone e ha risparmiato noi, deve lasciarci pensosi. Volgendo il nostro sguardo a Dio Padre che vede il volto del Figlio crocifisso in tanti derelitti, in tanti bambini innocenti, noi, chini nella fede, anche se non riusciamo a comprendere, dobbiamo ricordare le parole di Gesù a chi gli aveva parlato di gravi disgrazie successe proprio sotto i loro occhi: ‘Credete voi di essere migliori di chi è perito? ..Se non ritornate a Dio e non orientate a lui la vostra vita, perirete tutti..’ (Cfr Lc 13,1-5). Che vuol dire: impariamo e leggere i segni’In questo momento tragico, che ci costringe a confrontarci con la nostra ‘precarietà’, ritorniamo a Dio nell’impegno sincero di vita buona. ‘Convertitevi!’, ci dice Gesù e state stretti a Lui: qualunque cosa ci accada egli è nostro Padre. E poi apriamoci a sentimenti di generosa solidarietà verso coloro che ora sono nella prova.
Ciò che è accaduto non può non invitarci a un giudizio di fede più rigoroso sui nostri consumi (in genere, ma soprattutto in questi giorni) e sul nostro stile di vita personale, familiare e sociale.
La nostra riconoscenza a Dio che ci ha scampati dal male e la nostra preghiera per chi è stato così duramente provato ‘ sicuri che Dio volge lo sguardo sui figli che soffrono – deve concretizzarsi nella solidarietà e nella condivisione di ciò che noi gratuitamente da Dio abbiamo ricevuto. Ricordando che c’è più gioia nel dare che nel tenere per sé. Anche se è poca cosa ciò che noi possiamo condividere, la potenza propria dell’amore lo moltiplica (l’amore mette sempre in gioco Dio), come è accaduto coi cinque pani e due pesci che, nelle mani di Gesù, hanno sfamato migliaia di persone (Cfr Gv 6,1-13).

4. Il Figlio di Dio di cui celebriamo la nascita terrena proprio in questi giorni, dal profeta Isaia è chiamato ‘l’Emmanuele’, che significa il ‘Dio con noi’. Ma questo ‘Dio con noi’, proprio perché è fratello di tutti gli uomini, ci vuole solidali con ogni fratello che soffre.
Questa sera il nostro ringraziamento a Dio prende qualità e autenticità dalla preghiera per chi soffre e dalla disponibilità a metterci al suo fianco per aiutarlo.
Ricordiamo che ogni uomo che nasce porta in sé la nostra stessa immagine di Dio e, quindi, ha le nostra stesse sembianze di Gesù. Molti non lo sanno e potrebbero anche non diventarne mai coscienti: hanno però dentro di sé una grandezza che attende di essere attuata. Grazie al volto di Gesù impresso nel cuore ogni uomo è protetto dalla mano di Dio e nessuno può fargli del male senza farlo a Dio stesso; e parimenti, ad ogni uomo è dovuta la solidarietà che deve esserci fra i fratelli della stessa famiglia.
Spezzando il pane con il fratello che è nel bisogno, lo condivido con lo stesso Figlio di Dio fatto uomo. Proprio come ci ha detto Lui: ‘Avevo fame e mi avete dato da mangiare” ‘Quando, Signore ti abbiamo visto bisognoso di pane?” ‘Quando avete fatto questo al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me’ (Cfr Mt 25,31ss)
Questo è il ringraziamento che il Signore questa sera si aspetta da noi.

In tal modo anche il dolore sterminato che ha accompagnato la storia dell’anno che sta per chiudersi può diventare campo fertile in cui germoglia l’amore: e l’amore è la vera vittoria sulla morte: ‘Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita, perché amiamo i nostri fratelli’, ci dice l’apostolo Giovanni (I Gv 3,14).

4. Andiamo avanti, guardando con fiducia il cammino che il Signore ci traccia anche attraverso vicende di sofferenza che ci sembrano incomprensibili. E’ l’amore la strada di Dio: una strada tracciata da Lui, che a Betlemme è sceso verso di noi, ha preso un corpo come il nostro, che conosce cosa vuol dire soffrire e morire. Su questa strada dobbiamo intraprendere il nostro cammino del 2005. Essa è dono per chi vi si affaccia, è grazia che fonda la speranza: è l’unica strada che porta alla pace.

5. Volgendoci all’anno che sta per conchiudersi noi sentiamo l’urgenza di rivolgerci umilmente a Dio domandando perdono dei nostri peccati e dei nostri egoismi, sicuri d’essere da Lui perdonati.
Ci prende anche il ricordo di tante persone care che nel 2004 sono ritornate alla Casa del Padre: questa sera le ricordiamo con affetto e preghiamo per loro, nella speranza che ci accompagnino nell’anno che sta per iniziare.

La Santa Madre di Gesù ci si affianchi e, giorno per giorno, cammini con noi con l’amore con cui seguiva la vita del Figlio Gesù: ci doni un anno di pace e ricco delle consolazioni del Signore.

Alla fine di questa celebrazione, canteremo il ‘Te Deum laudamus’, cioè l’inno di ringraziamento per l’anno che il Signore ci ha donato e invocheremo la sua benedizione, buona e misericordiosa, su di noi, i nostri cari, la nostra Città e la nostra patria. Con questa benedizione vorrei anche augurare a tutti un nuovo anno più sereno e più felice: un anno di pace nella benedizione del Signore.

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