Omelia alla Messa di ringraziamento di fine anno (San Marco, 31 dicembre 2005)
31-12-2005

Messa di ringraziamento
San Marco 31 dicembre 2005

Fratelli e sorelle carissimi,

1. Al compiersi di questo anno 2005, ci siamo raccolti nel nostro San Marco per celebrare l’Eucaristia, facendo memoria della morte e risurrezione del Signore, cioè dell’evento salvatore della storia, e per invocare sul volgere del tempo e sulla nostra vita la grazia e la benedizione del Signore.
Egli, nella sua bontà gratuita, ci ha donato un altro anno: la vita non ci appartiene, in ogni istante essa è dono. Dobbiamo esserne consapevoli per vivere con gioia il tempo che ci è dato; sapendo anche che esso ci è donato perché lo viviamo bene, realizzando il progetto che Dio Padre ha su ciascuno di noi.
Preparandoci anche a risponderne quando, alla fine della vita, ce ne verrà chiesto conto.
2.Certo l’anno, che stiamo lasciandoci alle spalle, è stato segnato da guerre, dalla assurda violenza del terrorismo e da gravissime calamità naturali. Qualche volta ci troviamo a pensare: ‘Signore, questa umanità che tu hai fatto, si è allontanata da te; questo creato, che tu hai voluto come casa per i tuoi figli, si avventa contro di noi e ci uccide’.
Il dolore umano, come anche il rifiuto di Dio da parte dell’uomo, sono un mistero così grande da superare ogni risposta della nostra intelligenza. Solo consegnandoci, nella fede, all’infinita misericordia di Dio che è Padre e guardando al Crocifisso, che chiede pietà e perdono per i suoi carnefici e per tutti i peccatori, noi possiamo trovare pace.
Va però detto che, nel dramma di tante sofferenze, abbiamo visto anche maturare in molti uomini e donne una coscienza di solidarietà fraterna che ha saputo superare ogni barriera e pregiudizio per correre in soccorso dei fratelli nel bisogno.
Questo crescere dell’amore, in mezzo a tanta desolazione, ci apre il cuore alla speranza. Lo Spirito del Signore opera nella storia e apre squarci di speranza anche là dove noi riusciamo a leggere solo la presenza del male e della sofferenza.
3.Il Vangelo di oggi è la continuazione di quello del Natale. Esso ci narra dei pastori che, avvertiti dagli angeli che era nato il Salvatore, sono immediatamente accorsi per vederlo. E che cosa hanno trovato? Hanno trovato due giovani creature, Maria e Giuseppe, e ‘un bambino che giaceva nella mangiatoia’. Ma perché un bambino appena nato viene deposto in una ‘mangiatoia’? Perché a Betlemme per Maria, che stava per partorire, e per il suo giovane sposo, non s’era trovata una sola porta che si aprisse: così i due si erano ridotti in un rifugio per animali (una stalla, una grotta) e là è nato Gesù, il Figlio di Dio fattosi uomo, il nostro Salvatore.
L’evangelista Luca per tre volte, in poche righe, annota il particolare che Gesù, appena nato, è stato ‘deposto in una mangiatoia’: per evidenziare l’umiltà e la povertà con cui si è presentato al mondo il Figlio di Dio fatto uomo.
‘Gesù Cristo, osserva San Paolo, da ricco che era, per noi si è fatto povero, perché per la sua povertà, noi diventassimo ricchi (1Cor,8,9) Lo stesso apostolo, nella lettera ai cristiani di Filippi, commenta questo fatto e dice che Gesù, pur essendo per natura il Figlio di Dio, non ritenne la sua uguaglianza con Dio come un tesoro da difendere con gelosia, anzi ‘spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini’; dice anche che, ‘apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte di Croce’ (Fil 2,2-8).
Il vangelo continua raccontando che il Bambino, passati gli otto giorni prescritti dalla legge, venne circonciso e gli fu messo nome Gesù: in tal modo Dio veniva iscritto in un popolo e in una storia: e così la nostra storia, col suo bene e il suo male, è divenuta la storia del Figlio di Dio.
4.La seconda lettura ha proclamato che ‘quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio nato da donna’ per riscattarci e ‘perché ricevessimo l’adozione a figli’. E così anche noi, pur nella nostra debolezza e fragilità, fossimo abilitati a chiamare Dio col nome di ‘Padre’ come fa Gesù.
Questo ci attesta che il mondo in cui viviamo, con tutti i suoi drammi e il suo peccato, non è abbandonato da Dio, ma è da lui stesso abitato mediante il Figlio e in lui è chiamato a salvezza. A condizione che noi apriamo il nostro cuore alla fede e all’ascolto della sua parola.
5.Affidiamo al Signore e al suo amore salvatore l’anno che sta per chiudersi: Egli lo abbracci nella sua misericordia e doni a noi il perdono dei nostri peccati, per poter guardare avanti con fiducia e costruire un futuro di speranza.
Durante quest’anno abbiamo perduto tante persone care, tornate alla casa del Padre: questa sera noi le vogliamo affidare alla sua infinita misericordia.
Ha suscitato la commozione di tutto il mondo la morte dell’amato Pontefice Giovanni Paolo II. Ora egli in paradiso prega e intercede per noi, per il suo successore, il Papa Benedetto XVI, per la Chiesa e per il mondo intero.
Ringraziamo il Signore per la vita e per tutti i doni che ci ha elargito durante l’anno 2005. Ringraziamolo per aver protetto la nostra Città e il suo territorio, risparmiandoli dalle calamità naturali che hanno colpito altre realtà.
Il solenne ‘Te Deum’ con cui concluderemo la nostra celebrazione vorrà esprimere la nostra riconoscenza a nome anche di tutta la famiglia veneziana.
Che la benedizione del Signore, proclamata nella prima lettura, chiuda questo nostro anno 2005, ma sia anche il segno sotto cui si apre l’anno nuovo, che noi ci auguriamo essere per tutti un anno di grazia e di serenità.
Il ‘2006’ inizia con la festa della Madre di Dio: invochiamola perché implori per noi, per la nostra città e il mondo intero un anno di tranquillità e di pace.