Omelia alla Messa del Crisma (20 aprile 2000)
Giovedì 20 aprile 2000, Basilica di S. Marco
20-04-2000

MESSA DEL CRISMA
Basilica di San Marco, giovedì, 20 aprile 2000

Carissimi,

1. eccoci raccolti, Vescovo, presbiteri e diaconi, con una significativa rappresentanza dell’intera comunità. La nostra celebrazione assume quest’anno un significato singolare: stiamo celebrando con fede – povera ma intensa – il bimillenario dell’Incarnazione e in questa cattedrale sono venuti pellegrini tutti i Vicariati per rinnovare la professione di fede e per fare le scelte conseguenti: “Decidete chi volete seguire, se il Signore o gli altri dei di questo mondo”.
Per chi vi è giunto preparato, i pellegrinaggi sono stati veri incontri con il Signore. Abbiamo seminato, nella fatica: che Dio Padre, nella sua bontà, faccia crescere il seme consegnato al buon terreno.
Oggi è il pellegrinaggio del Presbiterio insieme ai diaconi: i fratelli e le sorelle che sono qui sostengono con la loro preghiera questo momento di grazia che il Signore ci dona. Nei pellegrinaggi abbiamo cantato: “Spirito di Dio, scendi su di noi”: è stato un momento molto intenso.
Spiritualmente lo facciamo anche ora: tutta la nostra celebrazione deve svolgersi sotto l’invocazione dello Spirito Santo.
2. Siamo soliti fare alcune memorie: nel ricordo affettuoso la famiglia si compone al completo.
Ricordiamo innanzitutto i fratelli che ci hanno lasciato dopo l’ultimo Giovedì Santo: don Angelo Rizzati, mons. Aldo Fiorin, mons. Giuliano Bertoli e don Antonio De Rai. Si sono invece felicemente aggiunti alla nostra famiglia don Marco De Rossi, don Alessandro Panzanato, don Mirco Pasini e don Antonio Senno, ordinati presbiteri sabato 19 giugno 1999.
Celebreranno i 60 anni di presbiterio don Antonio Barbisan e don Giovanni Ghezzo; i 50 anni don Giuseppe Della Puppa, don Carlo Enzo, mons. Sergio Sambin, mons. Serafino Tenderini e il nostro Vicario Generale, mons. Giuseppe Visentin.
Non ci sarà quest’anno nessun venticinquesimo.

Ricordiamo i confratelli in missione: don Mario Meggiolaro e don Giovanni Volpato in Afric
a, don Luigi Tonetto in Brasile (don Reginaldo è a casa), don Bruno Busetto nelle Filippine. Ricordiamo poi don Piergiorgio Bastianetto e don Vittorio Scomparin, a servizio delle Comunità Neocatecumenali e mons. Renzo Gerardi, docente all’Università Lateranense.
Con molto affetto ricordiamo i confratelli ammalati e quelli anziani: prego il Signore di avvolgerli di consolazioni e di pace, infondendo in loro la forza di portare la croce di Gesù anche per noi e per la nostra Chiesa. Ricordo con affetto mons. Spavento, don Luigi Cedolin, don Mario Oselladore, mons. Mario D’Este, don Cristiano Colledan (don Adriano e don Mauro sono ormai qui con noi). Mi piace ricordare anche don Alberto Furlan, don Giovanni Ghezzo, don Severino Rossi, don Ettore Fuin, don Giuseppe Gomirato, don Ottorino Albertoni.
Con immensa gratitudine sottolineo la presenza dei religiosi nelle parrocchie, negli ospedali, nelle scuole e in molte opere di assistenza e carità; come ricordo il grande numero dei loro missionari sparsi in tutto il mondo. Un pensiero affettuoso ai monaci della Diocesi: essi sostengono la nostra attività con la loro preghiera.

3. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci porta nel cuore dell’Anno di Grazia: nella sinagoga di Nazaret Gesù si proclama come colui sul quale è sceso lo Spirito del Signore, che lo ha consacrato e lo ha mandato a proclamare a tutti l’Anno di Grazia del Signore.
Queste parole di Gesù vanno a compimento anche per noi in questo momento. Lo Spirito Santo è anche sopra di noi: come olio santo da Cristo, che è il capo, scende su tutto il corpo. Noi, ministri ordinati, ne abbiamo ricevuto e ne riceviamo una singolare consacrazione per uno speciale mandato a favore di tutto il corpo di Cristo, che è la Chiesa, la quale, a sua volta, esiste perché la grazia di Cristo si dilati a tutto il mondo.

Questa sera, nella Messa “In Cena Domini”, celebreremo il mistero di Cristo servo, che lava i piedi agli apostoli. E’ lo Spirito di Gesù che ci consacra per il s
ervizio. Davanti ai nostri fratelli laici ci domandiamo: quale servizio dobbiamo rendere alle nostre comunità perché siano nel mondo il corpo di Cristo, sua memoria viva, per rendergli testimonianza?

3.1 Non c’è alcun dubbio: il primo servizio da rendere, nella potenza dello Spirito Santo, è la nostra testimonianza di fede in Gesù, il Signore.
Nei pellegrinaggi in Cattedrale abbiamo cantato: “Gloria a te, Cristo Gesù”. Per quanto poveri e deboli noi per primi dobbiamo essere riconosciuti, da tutti, come testimoni di Cristo, crocifisso e risorto: “Voi mi sarete testimoni”, ci ha detto Lui stesso, mandandoci: testimoni nella proclamazione della Parola – nella quale dobbiamo avere una illimitata fiducia – e nella nostra vita di discepoli del Signore Gesù.

Ma non si è testimoni dell’adorabile persona di Gesù, se non si ha una consuetudine affettuosa con lui, se non si è degli “innamorati” di lui. Proprio così: uso questa parola “innamorati” con consapevolezza, non emotivamente, ma conscio di quanta sofferenza, oscurità, debolezza essa possa essere carica; ma anche convinto che il nostro rapporto personale con Gesù vivo e rinnovato ogni giorno nella celebrazione eucaristica, è la forza che ci sostiene nel nostro ministero.

3.2 Dobbiamo essere testimoni di Gesù anche nel perdono: il perdono dei peccati, la misericordia che perdona e abbraccia è la ragione del dono di Gesù che il Padre ci ha fatto.
Noi presbiteri siamo le braccia della paternità del Padre che vuole stringere tutti nel perdono: con la nostra predicazione e l’esempio di vita dobbiamo essere lievito di perdono che fermenta l’intera comunità cristiana, perché essa sia segno di perdono e di riconciliazione nella storia degli uomini.

Nel mondo ci sono tante forze di violenza, di disgregazione e di emarginazione. La comunità cristiana, che ha fatto l’esperienza del perdono, deve essere lievito di riconciliazione e di integrazione.
Ma perché questo accada, è necessario che dentro di essa ci sia
un corpo presbiterale e diaconale che, avendo assaporato l’ebbrezza del perdono del Padre – niente è più bello, più inebriante del perdono del Padre – sappia irradiare la grazia della riconciliazione con Dio e i fratelli.

Mi domando: noi siamo veramente riconciliati, o ci siamo giudicati e talora condannati ed esclusi? Abbiamo in noi dei pregiudizi nei confronti delle persone e delle loro attività che ci portano a valutazioni ormai già date, frutto di vecchi rancori, di torti presunti o veri, di piccole gelosie? Ci sono “archivi della memoria” che vanno svuotati, perché con verità possiamo dire: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Ritengo quanto sto dicendovi di rilevante importanza: il non-perdono è una catena ai piedi per una Chiesa.
Se si vuole ripartire “nuovi”, nel terzo millennio, per una cammino di grazia, è assolutamente necessario il perdono radicale. Dico di più: quando Dio Padre ci perdona nel sangue di Cristo, ci ridà fiducia. “Il padre disse ai suoi servi: Presto, portate qui il vestito più bello’mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi” (Lc 15,22)
Solo così si riparte per una storia nuova: perdonandoci e ridandoci fiducia.
Tale Chiesa e tale presbiterio il vostro Vescovo vorrebbe ridonare al nuovo millennio.

3.3 Il servizio supremo è, assieme alla predicazione della Parola, l’Eucaristia. Qui mi piace ricordare l’Eucaristia celebrata dal Papa nel cenacolo pochi giorni fa dove egli ha firmato la lettera indirizzata a noi sacerdoti. Ne faccio dono a tutti.
Mi piace riferirvi alcune parole della sua omelia:

“Desiderio desideravi’ Ardentemente ho desiderato visitare come pellegrino questo luogo santo per celebrare l’Eucaristia. Qui, dove il Signore Gesù, la notte in cui si consegnò volontariamente alla sua passione, istituì il sacerdozio ministeriale e ci lasciò nel suo corpo e nel suo sangue il memoriale della sua morte gloriosa.
Qui, durante la cena, egli avendo amato i suoi, che erano nel mo
ndo, li amò sino alla fine, e ci lasciò l’esempio del servizio e della carità con la lavanda dei piedi.
In questo luogo santo promulgò il comandamento nuovo dell’amore e promise il dono dello Spirito.
Il Risorto ha varcato le porte di questo spazio sacro il giorno di Pasqua ed è apparso ai suoi discepoli annunziando la pace e la gioia. E’ questa la camera alta dove Maria, la Madre di Gesù, i discepoli e le donne, perseveravano unanimi'”

Il Papa quando dice “qui” allude al cenacolo storico, dove stava celebrando. Ma io vi dico che l’Eucaristia di ogni giorno è luogo sacramentale e reale dove Gesù è presente, ci elargisce i doni della Pasqua, ed effonde su di noi, ogni giorno, l’abbondanza del suo Spirito. L’Eucaristia è il miracolo che si compie ogni giorno nelle nostre mani, che fa miracoli.
E il miracolo supremo è la sua “memoria” reale, la sua presenza (croce, morte e risurrezione).
Nelle nostre mani.

Cari confratelli e voi tutti figli carissimi, lasciatemi ancora una volta ringraziare il Signore che mi ha fatto suo ministro nella Pasqua di 52 anni fa e ogni giorno mi ha concesso di celebrare l’Eucaristia. Avrei potuto conservarmi fedele, per 52 anni, senza Eucaristia? Fare il Vescovo per 30 e per oltre 21 accompagnare il cammino di questa Chiesa, senza l’Eucaristia?
Tutto si può, ma solo nell’Eucaristia.

E’ alle nostra Eucaristia che io consegno la mia preoccupazione più grande in questo momento della mia vita, qual è la carenza di vocazioni: “Mostraci, Signore, le tue vie, insegnaci i tuoi sentieri”.

3.4 Il Signore ci vuole infine anche testimoni della bellezza della vita cristiana; discepoli di Gesù che esprimono con la loro vita, prima ancora che con le parole, che nel seguire il Signore in una vita sobria, com’era la sua, c’è più gioia che in qualunque altra cosa, a maggior ragione c’è più gioia nella sobrietà che nella compiacenza della ricchezza.
Il Signore ci vuole testimoni d’una vita che, pur nella fatica della fedeltà quotidiana, dà
gioia. Non c’è gioia interiore più grande, della certezza d’aver amato gratuitamente, come ha fatto Gesù.
Gesù è morto sulla croce, ha sofferto il presentimento sicuro di finire in modo violento, ma Gesù è stato un uomo contento, nel fondo del cuore profondamente felice. Da qui è venuta tutta la sua forza e continua nei secoli il suo fascino.

4. E voi, fratelli e sorelle che siete qui, vivete con noi questo meraviglioso cammino di fedeltà al Vangelo.
Come può il mondo, oggi, fare l’esperienza di Gesù, come può sentirsi amato dal Padre attraverso l’umanità di Gesù; come può sentire ancora le parole del Padre, se non attraverso noi?
Anche in noi Gesù pone la sua tenda e prolunga, mediante noi, il suo mistero: ciascuno secondo il dono ricevuto.

Gloria a te, Cristo Gesù, gloria al tuo Santo Spirito: esso ci fa tuoi, ci unge, ci consacra, ci manda, partecipi della tua stessa missione.

Gesù, noi crediamo che tu sei con noi, oggi vogliamo sconfiggere la nostra paura, la nostra poca fede, per credere che tu, mediante il tuo Spirito, operi in noi, nella nostra stessa debolezza, le opere del tuo grande amore.