Omelia alla Messa del Crisma (Basilica di San Marco - 24 marzo 2005)
24-03-2005

BASILICA PATRIARCALE DI SAN MARCO
MESSA DEL CRISMA
Is 61, 1-3.6.8-9; Sal 88; Ap 1, 5-8; Lc 4, 16-21

OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA

Venezia, 24 marzo 2005

Eminenza Reverendissima,
Cari fratelli nel sacerdozio,
Religiose e Religiosi,
Diaconi e ministri istituiti,
Amatissimi figli,

1. «Per dare loro una corona invece della cenere, l’olio di letizia invece dell’abito di lutto, canto di lode invece di cuore mesto» (Is 61, 3). Le parole con cui il profeta Isaia descrive la missione del Messia ‘ parole che lo stesso Gesù Cristo, nella Sinagoga di Nazaret, riferisce alla Sua missione (cfr Vangelo, Lc 4, 21) – forse scuotono il nostro cuore distratto. Come uomini, come cristiani, come ministri del Signore ci chiediamo: è davvero possibile che un canto di lode sostituisca il cuore mesto di moltitudini di uomini e di donne del nostro tempo? Veramente i santi oli saranno di letizia? Nell’anno trascorso dall’ultima Pasqua la guerra e il terrorismo hanno continuato a colpire le martoriate terre dell’Oriente e non solo; l’immane tragedia dello tsunami ha spezzato la vita di centinaia di migliaia di persone e gettato in condizioni disastrose migliaia di famiglie; le offensive contro la vita non cessano di minacciare le democrazie occidentali; il conflitto politico si accende al soffio della prima brezza anche nella nostra città’ Non ci sono forse ragioni più che sufficienti perché il cuore sia appesantito dalla mestizia?
Eppure risuona per noi, in questa Basilica Cattedrale, l’affermazione di Gesù: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4, 21). L’anno di grazia del Signore è reale. Non è il contenuto di un’utopia.

2. Come riconoscerlo? Cosa vince la tentazione di arrendersi alla mestizia che minaccia il nostro cuore? La risposta è la realtà più preziosa e, nello stesso tempo, alla portata di tutti. È l’Eucaristia: il mysterium fidei del popolo cristiano. Ma l’Eucaristia non viene ridotta a magìa solo se investe tutta l’esistenza. È la logica di vita che deriva dall’Eucaristia a vincere la mestizia. La benedizione degli oli indica con chiarezza la forza con cui il sacramento compenetra tutte le principali manifestazioni dell’umana esistenza per trasformarla in luogo di speranza certa del nostro compimento in Cristo. Gli oli infatti segnano la nascita, la crescita, l’assunzione del compito, la malattia e la morte che sfocia nella vita eterna.
Non a caso il Santo Padre, che ha voluto celebrare, in questi nostri tempi travagliati, un particolare Anno dell’Eucaristia, ci scrive oggi: «Se tutta la Chiesa vive dell’Eucaristia, l’esistenza sacerdotale deve avere a speciale titolo una ‘forma eucaristica’. Le parole dell’istituzione dell’Eucaristia devono perciò essere per noi non soltanto una formula consacratoria, ma una ‘formula di vita’» (Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo 2005 n. 1).
Ecco il segreto della vita cristiana che consente l’esaltante, paradossale esperienza di chi può dire: «nel dolore lieti» (cfr. 2Cor 13, 10).
La morte e la risurrezione di Gesù Cristo sono, infatti, la risposta compiuta ed esauriente che il Padre offre eucaristicamente, per opera dello Spirito, al dramma del male e del peccato degli uomini.
«Colui che ci ama e ci ha liberati dei nostri peccati con il suo sangue» (Ap 1, 5) si prende cura delle nostre ferite per guarirle e donarci nuova vita.

3. Il nostro ministero, cari sacerdoti e diaconi, scaturisce dalla misericordia di Gesù Cristo che non ha voluto far mancare al Suo popolo questa ‘celestiale medicina’, come ha definito l’Eucaristia la grande tradizione della Chiesa lungo la storia. Il Prefazio dell’odierna liturgia lo indaga con particolare attenzione: «Egli comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti, e con affetto di predilezione [fraterna bonitate] sceglie alcuni tra i fratelli che mediante l’imposizione delle mani fa partecipi del suo ministero di salvezza» (Prefazio).
E noi che a suo tempo abbiamo risposto con un sì definitivo, come stiamo vivendo il nostro ministero? La liturgia della Messa Crismale prevede il rinnovamento delle promesse sacerdotali. Che cosa rende ai nostri stessi occhi credibile ridire un’altra volta: ‘Sì, lo voglio’? Forse le nostre forze? «Christi amore inducti» ‘ spinti dall’amore di Cristo (Rinnovazione delle promesse sacerdotali). Quello che viviamo con Cristo è un dialogo di amore: Egli ci ha amato per primo, ci ha scelto, e noi abbiamo solo corrisposto al Suo amore. In forza della sua iniziativa di amore abbiamo detto e diciamo di sì. Nonostante limiti e fragilità.

4. Che cosa significa in concreto per noi e per le comunità cristiane a cui il Vescovo ci ha inviato, vivere, in forma eucaristica, la nostra esistenza sacerdotale?
Come ci insegna il sensus fidei del popolo dei fedeli che chiama con semplicità l’Eucaristia ‘comunione’, la forma eucaristica fa della nostra esistenza una vita votata alla comunione. Non esiste valore più grande. La comunione è il dono sacramentale che ci precede e al cui servizio siamo stati ordinati ministri.
Innanzitutto comunione con Dio. Essa trova un’espressione privilegiata nella professione di fede, la cui proclamazione guidiamo ogni domenica non a caso durante la celebrazione eucaristica. Siamo in comunione tra noi perché confessiamo la stessa fede. Essere uomini di comunione significa proporre integralmente la fede della Chiesa, senza selezionarne contenuti e senza sostituirli con altri giudicati più accessibili. Il credo sta o cade, se sta o cade ogni suo articolo.
In secondo luogo siamo uomini di comunione perché siamo ministri di riconciliazione. «L’Eucaristia e la Penitenza sono due sacramenti strettamente legati’ [dall’Eucaristia] deriva un’esigenza continua di conversione» (EdE, 37). Non si debbono sottovalutare le profonde ferite che il peccato infligge alla vita degli uomini. Se si indebolisce la fedeltà a Dio e ai comandamenti ne va della verità del volto dell’uomo. Al fine di servire l’educazione alla fede in tutte le sue dimensioni (dalla retta dottrina alla celebrazione e alla morale), sarà di grande aiuto riprendere con rinnovato interesse l’approfondimento del Catechismo della Chiesa Cattolica. Quanto nelle nostre comunità esso è oggetto di lavoro sistematico teso a favorire la crescita di un giudizio di fede e di comunione?
In terzo luogo la comunione con Dio è la sorgente inesauribile della comunione ecclesiale, che ne è il sacramento. La forma eucaristica della nostra esistenza esprime la natura ecclesiale del nostro ministero: sacerdoti e diaconi «erga eius Ecclesiam ‘ in favore della Sua Chiesa» (Rinnovazione delle promesse sacerdotali). Questo significa riconoscere che il nostro ministero nessuno può mandarsi da se stesso. Tutti noi siamo stati inviati dalla Chiesa a servirla in un preciso ambito. Quando all’interno del presbiterio si dimentica questa elementare verità si sostituisce, di fatto, al di là di ogni buona intenzione, alla comunione l’individualismo ed il calcolo. Ma se manca la comunione, né la dedizione più generosa, né la serietà morale più fedele, né la più alta spiritualità sono in grado di generare comunità cristiane destinate a durare.
Carissimi, il prossimo 10 di Aprile celebreremo l’Assemblea Ecclesiale in preparazione della Visita Pastorale. Il nutrito scambio di testimonianze cui l’Assemblea ha dato vita sta generando una reciproca conoscenza e stima che ha la fisionomia di una intensa partecipazione ecclesiale. La Visita Pastorale si annuncia come un’occasione privilegiata per rigenerare il popolo di Dio, che in percentuale significativa ancora prende parte all’Eucaristia domenicale.
Sono consapevole che l’impegno che ci viene chiesto non è di poco conto, ma il desiderio di riconoscere insieme il Risorto presente in mezzo a noi, bene inestimabile per l’umanità, trasfigura le nostre fatiche e ci protende, come dice il Santo Padre, «verso Cristo alla scuola di Maria, donna eucaristica».
Il mese immediatamente precedente l’inizio della Visita Pastorale sarò a Roma in qualità di Relatore Generale dell’Undicesima Assemblea del Sinodo dei Vescovi. Il tema ‘L’Eucaristia: fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa’ è intimamente connesso alla preoccupazione dominante della Chiesa universale (Anno dell’Eucaristia), delle Chiese in Italia (Congresso Eucaristico di Bari e convegno di Verona) e del Patriarcato. La scelta del Santo Padre dipende certo anche dalla singolare responsabilità della Chiesa di Venezia per la Chiesa universale. Si tratta quindi ad un tempo di un impegno e di un dono prezioso per tutto il nostro Patriarcato oltre che per la mia persona.
Comunione con Dio, comunione ecclesiale e, infine, comunione con i nostri fratelli. Siamo chiamati a spendere eucaristicamente la nostra vita perché tutti gli uomini e tutte le donne, secondo i ritmi della libertà di ciascuno, possano aver parte al dono della fede. Il nostro desiderio è che tutti «gustino la gioia di rinascere e vivere nella Tua Chiesa» (Benedizione dell’Olio dei Catecumeni). E questo desiderio è chiamato a diventare concretamente carità vissuta, forza di condivisione con tutti gli uomini. Con questo spirito prendiamo parte al dibattito che si svolge nel nostro paese sul tema epocale della vita, reso attuale dal prossimo referendum sulla legge che riguarda la procreazione medicalmente assistita. Con ferma pacatezza intendiamo valorizzare questa circostanza per far maturare un giudizio orientato dalla fede ma radicato in una sana antropologia naturale. È un delicato compito educativo particolarmente prezioso per la libertà di tutti i cittadini in una società democratica e plurale. Le indicazioni offerte dalla Conferenza Episcopale Italiana in merito offrono criteri adeguati per orientare il nostro insegnamento in questo delicato ambito.

5. Carissimi, al termine di questa celebrazione chiederemo al Signore la grazia di «diffondere nel mondo il buon profumo di Cristo» (Orazione dopo la comunione). La comunione che nasce dall’Eucaristia è il profumo di Cristo e l’olio di letizia che dissipa la mestizia dal nostro cuore e dal cuore dei nostri contemporanei.
Facciamo nostra l’esultanza pasquale del grande poeta gesuita Hopkins: «La Risurrezione’ Via ansito di dolore, giorni senza gioia, disperazione’ In un lampo, a uno squillo, subito sono quel che è Cristo, poiché Lui fu quel che sono». Buona Pasqua!