Omelia alla Messa dei giornalisti (20 gennaio 2001)
In occasione della festa del Patrono S. Francesco di Sales
20-01-2001

Cari amici,

1. di fronte al vangelo di oggi io vorrei pormi in maniera assolutamente disinteressata: ciascuno trarrà le proprie conclusioni.
Il brano evangelico è sconcertante. Siamo probabilmente a Cafarnao, non molto lontano da Nazaret. La casa di cui si parla, potrebbe essere quella di Pietro. Gesù è mangiato dalla folla (cfr Mt 3,7-12); quella gente di cui spesso si dice che Gesù, a vederla, si lasciava prendere dalla compassione.Questa gente non gli dà tregua e lui non sa dire di no, al punto che né lui, né i suoi discepoli riuscivano a mangiare.

“Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo, poiché dicevano: “E’ fuori di sé” Questa è la traduzione letterale del testo greco. La traduzione interconfessionale in lingua corrente suona così: “Quando i suoi parenti vennero a sapere queste cose si mossero per andare a prenderlo perché dicevano (o si diceva) che era diventato pazzo”. Gesù non dice una parola.
Il seguito del testo però evidenzia che ormai, intorno a Gesù, spirava aria di opposizione.
2. Noi abbiamo appena concluso la celebrazione del bimillenario della nascita di Gesù. Per chi crede il cuore dell’evento era: “Gesù è vivo, Egli è il vivente: morto, Egli è risorto”. Il bimillenario per chi crede non è stato solo memoria (commemorazione), ma incontro, presenza.
In Piazza S. Pietro il Papa chiese ai giovani: “Chi siete venuti a cercare”? Ed essi risposero: “Gesù Cristo!” una risposta che è un evento, una specie di “Pentecoste”.
Nella prima lettura di oggi, con linguaggio difficile (ma comune agli ebrei), viene affermato che dal sangue di Cristo, offerto una volta per sempre, perché copre tutti i tempi, noi siamo salvati. E siamo salvati ora perché Cristo ora è presente per noi davanti al Padre.

Questa è la fede cristiana. Una fede che è oscura.
La fede che affaticò la vita di Maria: ella sentiva tutto quello che si diceva di suo Figlio ed effettivamente alcune cose sconcertavano anche lei. (cfr Lc 2,50). Maria però ebbe fede anche nell’assurdità della croce. La fede affatica anche la nostra vita.
Un giorno Gesù, a Cesarea di Filippo, chiese ai discepoli: “Chi è il Figlio dell’uomo secondo la gente?” Risposero: “Alcuni dicono che è Giovanni il Battezzatore; altri che è il profeta Elia; altri ancora che è Geremia o uno degli antichi profeti”. Gesù riprese. “E voi, che dite?” Chi sono io?”. Pietro rispose per tutti: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo” (Cfr Mt 16,13-16): una risposta che non viene dall’uomo, ma solo dalla vittoria della grazia in noi.
Dopo il discorso sul pane di vita, molti discepoli di Gesù si tirarono indietro e non andavano più con lui. Allora Gesù domandò ai Dodici: “Volete andarvene anche voi?”. Simon Pietro gli rispose: “Signore da chi andremo?” Tu solo hai parole che danno la vita eterna”. (Gv 6,67-68).
Del resto il vecchio Simeone, fin da quando Gesù era bambino, aveva detto a sua madre: “Dio ha deciso che questo bambino sarà occasione di rovina o di risurrezione per molti in Israele. Sarà un segno di Dio, ma molti lo rifiuteranno: così egli metterà in chiaro le intenzioni nascoste nel cuore di molti. Quanto a te, Maria, il dolore ti colpirà come colpisce una spada” (Lc 2,33-35, dalla traduzione in lingua corrente).
Gesù quindi divide i destini degli uomini.

3. Il Bimillenario è stato proprio così. Un segno di contraddizione: di dissenso, di rifiuto radicale; ma, per altri, una proposta seria di fede.
Forse è troppo poco dire: una “proposta seria”. Gesù, il crocifisso che è vivo, divide i destini, è una spada che entra nel cuore e lo trafigge. E che necessariamente porta con sé la domanda: “E io, ora, cosa devo fare” (cfr At 2, 37-38).
A questo punto il predicatore dovrebbe trarre delle conseguenze operative per chi ascolta. Io non lo faccio. Io sento che Gesù Cristo mi interpella personalmente ed esige da me una risposta.
Anche ciascuno di voi deve dare la sua risposta che coinvolga la vita, il lavoro, tutto noi stessi.
Mi soccorre un testo evangelico molto caro. Mentre Gesù, con tre apostoli, era sul monte della trasfigurazione, un papà portò ai suoi discepoli suo figlio tormentato da uno spirito maligno. Ma i discepoli di Gesù non riuscirono a guarirlo.
Quando arrivò Gesù, il papà gli portò il ragazzo che si agitava scompostamente, si rotolava per terra, mentre gli veniva la schiuma alla bocca.

Gesù domandò al padre: “Da quanto tempo è così”; “Fin da piccolo – rispose il padre – anzi, più d’una volta lo spirito l’ha buttato nel fuoco e nell’acqua per farlo morire. Ma se tu puoi fare qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”.
Gesù gli disse: “Se puoi’ tutto è possibile per chi ha fede!”
Subito il padre del ragazzo si mise a gridare: “Io ho fede!” Se non ho fede, aiutami!” (cfr Mc 9,14-24).

E’ la preghiera più bella che ci sia nel Vangelo. Forse un po’ tutti abbiamo fede e non abbiamo fede. Forse ci manca troppo la preghiera, l’umiltà per pregare. La fede in Gesù Cristo, il crocifisso che è vivo, è al di sopra delle nostre forze, ma è un dono che Dio ha preparato per tutti. Nel silenzio del cuore scopriamo l’umiltà della preghiera.
E poi, sempre nel silenzio della coscienza personale, confrontiamo la nostra vita con la persona di Gesù. Gesù è amore, tenerezza e perdono. Ma è anche verità. Per lasciarci illuminare dalla verità ci vuole coraggio. Gesù può darci la forza del coraggio della verità.