OMELIA ALLA CELEBRAZIONE PER LA DEDICAZIONE DELLA CATTEDRALE (14 ottobre 2001)
Basilica di San Marco, 14 ottobre 2001
14-10-2001

Carissimi,

1. siamo qui, nella nostra San Marco, per celebrare il mistero della sua dedicazione e per offrire al Signore e alla nostra Chiesa il programma pastorale dell’anno 2001-2002.
Siamo qui come comunità unita dalla stessa fede, in obbedienza al comando del Signore che ci dice di prendere il largo e gettare le reti.

Dentro il nostro cuore c’è, però, tanta tristezza, c’è inquietudine ed anche paura.
Dall’11 settembre la vita del mondo e la nostra sono sconvolte. Lunedì scorso, a Linate, presso Milano, un gravissimo incidente aereo ha ucciso 118 persone.
Intorno a noi, nel mondo, è tutto un urlare, un piangere che crea angoscia e profonda preoccupazione. Non immaginavamo d’essere chiamati a vivere tempi come questi, dolorosi e confusi; tempi nei quali alcune certezze, che pensavamo al sicuro, sono state, quanto meno, incrinate.
Siamo tutti profondamente turbati. Allora mi rivolgo al Vangelo, a quell’episodio riportato da Luca, quando andarono a dire a Gesù che Pilato aveva fatto una strage di Galilei e che una torre era crollata facendo molte vittime. La gente si domandava di chi fosse la colpa, chi avesse peccato, secondo la mentalità di allora.
Gesù rispose: “Se non vi convertite, perirete tutti” (cfr Lc 13, 1-5).
Che cosa chiede a tutti il Signore in questo momento?
Ci chiede innanzitutto il cambiamento del cuore, a cominciare dalla preghiera. Pregare significa credere che la vicenda umana è sempre sotto gli occhi provvidi di Dio Padre. Certo l’uomo può ribellarsi a Dio: l’uomo è stupendamente e drammaticamente libero. Ma non può sfuggire dalle mani di Dio, perché Dio è più potente di ogni male.
Bisogna però pregare, intercedere, come ha fatto Mosè per Israele che s’era dato all’idolatria; come ha fatto Gesù, morendo per noi sulla croce.

E poi bisogna tornare a Dio.
La conversione è proprio questo: tornare a Dio, cioè spalancargli la vita e il cuore, perché Lui sia il Si
gnore della nostra vita e il Signore della storia. La Signoria di Dio non ci fa servi, ma figli, liberi dalla schiavitù del peccato, aperti alla gloria. La Signoria di Dio su di noi è la nostra salvezza.
Chiediamo al Signore il dono della preghiera, di un cuore filiale e obbediente. Chiediamogli il dono della pace.

O Padre,
guarda quanto abbiamo bisogno di te. La gioia ha abbandonato il nostro cuore e se ne è andata lontano.
Dentro di noi c’è amarezza e paura.
O Padre,
tu non vuoi che i tuoi figli si consegnino all’amarezza e alla paura. Tu sei amore, tenerezza, pace. Quando Tu ci guardi, il nostro cuore gioisce e si rassicura nella certezza d’essere nelle tue braccia e, fra le tue braccia, si apre a una fraternità senza preclusioni.
Così ci ha insegnato Gesù che, morendo sulla croce, ha sconfitto il Male e la paura e ha demolito i muri delle nostre divisioni.
O Dio, mostrati Padre, come Gesù ti ha rivelato a noi.
Noi crediamo in te,
noi speriamo in te,
noi ti amiamo e ci consegnamo a te.

2. Oggi noi celebriamo la dedicazione della nostra cattedrale a Dio e, come segno che ne indichi l’interiore autenticità, gli offriamo la nostra disponibilità a lavorare insieme, per fare la sua volontà.
Questo è il senso di un programma pastorale: non solo “cose” da fare. Anche quelle: ma la volontà di Dio da interpretare in questo nostro momento.
Io lo consegnerò al Consiglio Pastorale Diocesano e ai rappresentanti dei Vicariati della nostra Chiesa.

Dopo aver ripercorso il cammino degli anni passati, quasi a commentare le parole del Deuteronomio: “Il Signore tuo Dio ti ha portato come un padre porta il proprio figlio in tutto il cammino che hai fatto” (Dt 1,31), il nostro programma ci fa sostare a contemplare il volto di Gesù: contemplarlo come Maestro e Signore. Per poi seguirlo, da veri discepoli.
La vita cristiana è “vita in Cristo”: tutti siamo chiamati – nel Battesimo, nella Cresima e nell’Eucaristia – ad accoglierla in noi: “perché Cristo abiti media
nte la fede nei nostri cuori” (cfr Ef 3,17). In questo infatti consiste la santità cristiana.

Infine il nostro programma ci mette in ascolto delle parole del Signore risorto che ci invia, in un mondo, carico di problemi e di angosce, per annunziare, con la parola e la testimonianza della vita, la lieta notizia della salvezza: “Andate’ ammaestrate’ battezzate’ insegnate a osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28, 19.20).

3. Ma come si può annunziare una lieta notizia fra tanta tristezza?
La risposta ci viene dalle letture che sono state appena proclamate.
Il profeta Ezechiele (43, 1-2.4-7) ci parla del ritorno di Dio nel tempio di Gerusalemme: un tempio abbandonato per consegnare il popolo al castigo a causa dei suoi peccati. Ritorna al Signore per ricostruire quanto il peccato aveva distrutto e salvare ciò che era perduto.
Così anche l’esilio, sofferto da Israele dopo la distruzione di Gerusalemme, diventa grazia d’una fede più interiore, purificata nella prova e nella sofferenza: Dio ritorna e salva.
Ritorni Dio anche in mezzo a noi. Ritorni nei nostri cuori. Ritorni e ci salvi.

La seconda lettura, tratta dall’Apocalisse (21,1-5), ci ricorda che la nostra cattedrale, San Marco, è solo un segno d’un’altra dimora di Dio, dove Gesù è entrato per primo col suo corpo per prepararci il posto. Quest’altra dimora ci attende tutti. Noi siamo in cammino: la nostra patria non è qui; noi siamo pellegrini verso una casa, che è la dimora di Dio, dove “non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno”, perché tutte queste cose saranno passate e Dio sarà con noi.

Fratelli e sorelle carissimi,
il nostro programma ci impegna nella fatica dei compiti quotidiani di una comunità cristiana. Ma su quale strada? La strada della fedeltà a Dio, leggendo i segni dei tempi, per compiere la sua volontà e arrivare là dove Lui ci attende: non da soli, ma con tutti gli uomini del nostro tempo – tutti, senza nessuna esclusione – a cui noi abbiamo indicato la stra
da della salvezza in Cristo, con il coraggio della parola e la genuinità della nostra testimonianza.

Infine il Vangelo (Gv 2, 13-22) che annunzia la risurrezione di Gesù – “distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” – cioè la sua vittoria definitiva su tutte le potenze del male e sulla stessa morte. Una parola a cui spalancare il cuore in questo momento.
Quante volte noi, in questi giorni, ci poniamo la domanda su che cosa fondare la nostra speranza, quando tutto ci sembra volgere al peggio?

Ricordiamoci delle parole di Gesù rivolte agli apostoli che gli gridavano la loro disperazione mentre la tempesta stava sconquassando la loro barca. Disse Gesù:”Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?” (Mc 4,40).
Il mondo non è sfuggito dalle mani di Dio: questo nostro mondo è nelle mani del Risorto, che ha vinto il Male.
La nostra preghiera, il nostro ritorno a una fede più viva, la nostra maggiore fedeltà al Vangelo e, infine, la nostra intercessione riveleranno al mondo il mistero, che è questo: non è il Male il signore della storia, ma Cristo Gesù, il Crocifisso per amore, dal Padre risuscitato, costituito Signore di tutte le cose.
Gesù è il Signore!
A Lui sia gloria nella nostra vita personale e in quella della nostra Chiesa. A Lui, che è la mèta di tutto il nostro cammino pastorale; a Lui unico salvatore di tutti gli uomini, fondamento della nostra salvezza e certezza della nostra speranza, sia lode per tutti i secoli. Amen.