(Ap 14,13; Rm 6,3-9; Mc 15,33-39.16,1-6)
Carissimi,
quante volte nei i giorni di Pasqua abbiamo pregato:
‘Irradia sulla tua Chiesa
la gioia pasquale, o Signore;
unisci alla tua vittoria
i rinati nel Battesimo’.
Questa supplica la sentiamo particolarmente urgente nel momento in cui ci congediamo da Mons. Ilario Quintarelli e affidiamo il suo corpo al sepolcro, proprio come fecero con il corpo di Gesù, nella speranza della risurrezione.
1. Don Ilario ci ha lasciati nel giorno ottavo di Pasqua, mentre la Chiesa, ancora pellegrina sulla terra, cantava l’Alleluya della sua fede in Cristo risorto, fonte di sicura speranza per tutti coloro che sono morti guardando a lui.
Egli aveva da poco tagliato il traguardo dei 90 anni. Sacerdote dal 1935, per oltre 40 anni aveva cooperato nella pastorale della parrocchia di Santo Stefano in Venezia; fu contemporaneamente assistente spirituale di diverse realtà e associazioni; dal 1978 svolgeva il suo ministero pastorale nella parrocchia di S. Maria della Speranza in Mestre. L’impegno principale della sua vita fu però l’insegnamento in Seminario e in diverse scuole, statali e libere, dove per lunghi periodi svolse anche ruoli dirigenziali.
Uomo di raffinata cultura letteraria, musicale e artistica, esercitò un prezioso ministero come assistente spirituale nei settori specifici, senza mai trascurare la pastorale parrocchiale.
Fu quindi uomo di cultura e prete zelante ed esemplare.
2. Raccolti ora per affidarlo all’infinita misericordia di Dio Padre, abbiamo proclamato il vangelo pasquale della morte e risurrezione di Gesù: un mistero che Don Ilario, ogni giorno, per 68 anni, ha vissuto nella celebrazione dell’Eucaristia e poi ha sperimentato nella sua stessa carne, nel tempo della sua malattia. Noi ora lo celebriamo nella fede.
Abbiamo ascoltato dall’apostolo Paolo che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati immersi nella sua morte’Ma se siamo morti in Cristo, ci assicura l’apostolo, crediamo che anche vivremo con lui'(cfr.Rm 6,3-9).
Nel vangelo secondo Marco è stata proclamata la morte di Gesù e, nello stesso tempo, la sua vittoria sulla morte mediante la risurrezione. In Gesù morte e risurrezione sono indisgiungibili. Ma anche la morte del credente attualizza fino alla fine dei tempi la morte di Cristo. Perciò anche la morte del credente è una pasqua, un passaggio verso la risurrezione.
Questa è la nostra fede. Essa ci abilita a sperare che anche Mons. Quintarelli, morto nella fede in Cristo, con Lui partecipi alla gloria dei figli di Dio. Ci assicura l’Apocalisse: ‘Beati fin d’ora i morti che muoiono nel Signore: Riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono’.
3 Ora riprendiamo la nostra celebrazione evocando una strofa della sequenza di Pasqua:
‘Mors et vita duello
conflixere mirando:
dux vitae mortuus
regnat vivus’
In Gesù e in Don Ilario la morte e la vita si sono affrontate in un drammatico duello. Il Signore della vita, ucciso sulla croce, di fatto da essa trionfa, vivo per sempre.
Fondati su questa fede noi possiamo cantare: ‘In Paradisum deducant te Angeli”. Gli angeli, che alla tomba di Cristo hanno attestato la sua risurrezione, ti accompagnino in Paradiso.Gli Angeli e i martiri ti vengano incontro e, con essi,quanti tu, nella tua vita sacerdotale, con la grazia del ministero e con l’amicizia sincera e discreta del compagno di strada, hai dolcemente condotto all’abbraccio del Padre misericordioso. Tutti ti accompagnino a Cristo, e Gesù, festoso con la Vergine Madre, ti accompagni alla presenza di Dio Padre.
Don Ilario, ora tu prega per noi: per i tuoi molti alunni, i tuoi amici letterati , artisti musicisti; prega per i tuoi confratelli presbiteri, per il Seminario perché il Signore lo arricchisca di vocazioni; prega per le parrocchie e le realtà che hai aiutato col tuo ministero e per questa Chiesa di Venezia, tua madre.
Alla sorella che, per tanti anni, è vissuta con lui, e ai parenti le condoglianze più sincere del Patriarca Angelo, del presbiterio e mie personali. A quanti lo hanno assistito con amore nella sua ultima malattia vada il ringraziamento più sentito dell’intera Chiesa di Venezia.