Omelia al funerale di don Violante Veronese (13 aprile 2002)
Celebrato sabato 13 aprile 2002 a Borbiago
13-04-2002

AI FUNERALI DI DON VIOLANTE VERONESE
(Gb 19, 1.23-27; Rm 5, 5-11; Gv 19, 17-30)
Borbiago 13 aprile 2002

Venerato Patriarca, fratelli presbiteri,
fratelli e sorelle nel Signore,

1. siamo qui per congedarci da don Violante, presbitero della nostra Chiesa.
Lo deponiamo nelle braccia misericordiose del Padre, per poi consegnare il suo corpo al sepolcro, in attesa della risurrezione.

La Chiesa sta celebrando l’evento della Pasqua del Signore -la sua morte e risurrezione – e continuerà a celebrarlo solennemente per 50 giorni, fino a Pentecoste, E poi lo farà ogni domenica: perché la Pasqua è il cuore del tempo ed è la sorgente di tutta l’azione di Dio nella storia. Dio Padre ci vuole salvi nella croce gloriosa di Gesù.

Anche nella morte di don Violante, noi celebriamo il mistero centrale della nostra fede: Gesù morto e risorto. E celebriamo il dono della speranza: noi speriamo che, come Gesù è risorto, così anche don Violante sia chiamato, fin da ora, alla pienezza della comunione con il Padre. Ci ha riscaldato il cuore la Parola di Dio ascoltata nel libro di Giobbe: “Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere. Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno, non da straniero”(19,26-27).

2. Gli apostoli hanno fatto fatica a capire Gesù, quando parlava della sua morte. Lo hanno capito soltanto dopo la sua risurrezione, con la grazia dello Spirito Santo effusa su di loro dal Crocifisso glorificato.

Anche Don Violante va letto a partire dalla sua morte, vissuta in comunione di fede con quella di Cristo. Per mesi egli ha sofferto, sperando nella guarigione e chiedendola al Signore; sempre però consegnato alla volontà del Padre e facendo, via via, della sua vita un’offerta per le vocazioni sacerdotali, fiducioso nella materna assistenza della Vergine Santa.

Questa luce pasquale, di cui il Signore ha circondato l’esodo di Don Violante, ci svela il senso profondo della sua vita e ci consente di leggerla, al di là delle apparenze, con gli stessi occhi, compassionevoli e paterni, con cui la leggeva Dio. Occhi, quelli di Dio, comprensivi del mistero del cuore dell’uomo, per questo sempre buoni e misericordiosi. Quel Dio che ha mandato il Figlio non per giudicare – lui che, solo, lo potrebbe fare – ma per salvare con la misura della misericordia: con me, con voi, con don Violante, con tutti.

In questa luce pasquale noi vediamo snodarsi la vita di don Violante.Ferito nella sua sensibilità di bambino dalla morte della mamma, ne porterà sempre il segno.
Sacerdote nel ’63, fu pastore operoso e sereno nella parrocchia di S. Maria Goretti, di Zelarino, di Quarto d’Altino, di S. Giovanni Battista di Jesolo e di Cittanova. Nel 1976 lo vediamo parroco a Mira Porte, nel ’91 a S.Gaetano di Carole, nel ’93 a Stretti di Eraclea.
Poco più di un anno fa, mentre forse il male stava già allignando nel suo organismo, mi chiese di trasferirsi a Borbiago, presso il Santuario della Madonna.
Ed è sotto lo sguardo materno di Maria che noi ci congediamo da lui.

Anche don Violante, come tutti noi, è passato attraverso gioie e dolori; forse, per la sua sensibilità, ha sofferto più di noi’Pur credendo con fede forte, ha conosciuto la ricerca faticosa di quella risposta ai problemi del male nella storia che Dio solo può dare. Nel tempo da lui stabilito, Dio gli è venuto incontro sulla via maestra della croce. E don Violante, pacificato, si è lasciato condurre in un SI sempre più pieno.

3. O Dio, chi spera in te non rimarrà deluso, perché tu riversi il tuo amore nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci hai dato.
O Dio, noi ti benediciamo, perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo, tuo Figlio, è morto per noi.
Tu, Dio, ci hai amato per primo e, quand’eravamo nemici a causa del nostro peccato, ci hai riconciliati con te per mezzo della morte del tuo Figlio. ( cfr Rm 5,5-11).
Sii benedetto, Signore, per la speranza che ci doni nell’appuntamento supremo della morte.

4. Il Vangelo di S.Giovanni ci ha messo di fronte a Gesù crocifisso in mezzo a due povere creature, condannate a morte per i loro delitti.
Contempliamo Gesù solidale con l’umanità peccatrice: veramente egli si è caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori’Egli è stato trafitto per i nostri peccati, schiacciato per le nostre iniquità’Per le sue piaghe noi siamo stati guariti (Cfr.Is 53,4-5).

Don Violante, per quasi 40 anni ha celebrato, nell’Eucaristia, i divini misteri della morte gloriosa del Signore: è stato sotto la croce, si è lasciato attirare da Colui che vi è stato innalzato.

Sulla croce, mentre la vita mortale lo stava abbandonando, Gesù consegnò sua Madre a Giovanni e a lei ha consegnato il discepolo che amava.
Don Violante ha amato la Madre di Gesù e sul letto della sua malattia l’ha pregata con intenso amore e fiducia. E Maria lo ha pacificato, lo ha sostenuto nella sua sofferenza, gli ha aperto gli orizzonti della speranza, alla di là del tempo presente.

5. Adesso don Violante ha incontrato il suo Signore Gesù. E Gesù lo ha condotto al Padre. Per lui è giunto il momento della pace portata dal Risorto.

Angeli del Paradiso, voi martiri e santi tutti e quanti don Violante, nel suo ministero, ha aiutato a raggiungere la Casa del Padre, venitegli incontro.
Dolcissima Madre di Gesù, mostragli il volto festoso del tuo Figlio.
E tu, fratello che hai tanto sofferto, ora prega per noi, per tutti coloro che il Signore ti ha fatto incontrare nel tuo ministero. Guardaci nella luce che traspare dal volto del Signore risorto che è bontà, dolcezza nel giudizio, misericordia e perdono.
Prega per la tua Chiesa, per il tuo Patriarca, per le comunità che hai guidato, per il seminario e per le vocazioni al sacerdozio per le quali hai offerto la tua vita.

A nome del Patriarca e della Chiesa di Venezia porgo ai familiari le più sentite condoglianze. Un ringraziamento veramente grande rivolgo ai fratelli di fede, che, con straordinaria generosa solidarietà, non lo hanno mai lasciato solo, ma gli sono stati anzi sempre vicini, prestandogli aiuto e sostenendolo col loro conforto.
Card. Marco Cè