Omelia ai funerali di S.E. Mons. Maffeo Giovanni Ducoli (Verona, 3 settembre 2012)
03-09-2012

Verona (Basilica di Sant’Anastasia), 3 settembre 2012

 

Funerali di S.E. Mons. Maffeo Giovanni Ducoli

 

Omelia di Mons. Francesco Moraglia, patriarca di Venezia

 

 

 

Carissimi confratelli vescovi, cari presbiteri, diaconi, religiosi, religiose, fedeli laici,  

 

insieme, oggi, riuniti in questa casa del Signore, nella comune fede in Gesù Cristo risorto, presentiamo al Padre, che è nei cieli, l’anima buona e fedele del Vescovo Maffeo Giovanni Ducoli.

 

Compiamo, in tal modo, il gesto ecclesiale che la tradizione cristiana pone tra le grandi e fondamentali opere di misericordia a cui è chiamato ogni discepolo del Signore e l’intera comunità ecclesiale. 

 

Certamente ogni uomo, giunto al termine del cammino terreno, nel momento in cui si presenta a Dio, ha bisogno, soprattutto, di una cosa: la divina misericordia.

 

 Ma un Vescovo – proprio per il fardello particolarmente pesante di cui sono state gravate le sue spalle durante la vita – ha bisogno di una particolare e più grande misericordia.

 

            Nello stesso tempo, la preghiera con cui la Chiesa si rivolge a Dio in favore di chi è stato Vescovo, si caratterizza per un forte senso di gratitudine poiché il Vescovo, nella sua vita, è chiamato a servire Dio e i fratelli, in maniera unica, irripetibile, originalissima.  

 

A lui, infatti, si chiede di ripetere incessantemente – a favore dell’intero popolo a cui è mandato – il gesto regale di Cristo che si china per compiere l’azione della lavanda dei piedi.

 

Di tutto questo il Vescovo Maffeo aveva profonda e intima consapevolezza, poiché, nel 2007, in un’occasione particolarmente significativa – il sessantacinquesimo anniversario di presbiterato e il quarantesimo d’ordinazione episcopale – si esprimeva con queste parole, ad un tempo, libere, franche, realmente sacerdotali: ‘‘ il mio pensiero torna con frequenza al grande dono che Cristo mi ha concesso rendendomi partecipe nel grado più alto del suo sacerdozio ministeriale. Mi rendo conto che sono stato investito della sua infinita bontà e chiedo misericordia se non ho saputo corrispondere degnamente anche come pastore del gregge di Dio nella chiesa di Verona e di Belluno-Feltre’‘.

 

Il ministero ordinato, come sappiamo, è essenzialmente servizio a Gesù e alla Chiesa; servizio che domanda, innanzitutto, di ‘lasciarsi scegliere’ – sì, di lasciarsi scegliere in tutti i sensi – e, quindi, essere  in mezzo ai fratelli segno reale, concreto e credibile di Colui che ha occupato l’ultimo posto e si è fatto servitore di tutti presso Dio.

 

La lettera agli Ebrei, tutta incentrata sulla preminenza del sacerdozio di Cristo rispetto a quello antico, ci ricorda: ‘Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza’‘ (Eb. 5,12).

 

La paternità a cui il Vescovo è chiamato, e di cui non può far a meno, non è qualcosa di facile o scontato; al contrario, è sempre qualcosa di esigente, di molto esigente. Si tratta, infatti, di qualcosa che richiede nulla di meno che il dono totale della propria persona, altrimenti il Vescovo è destinato a diventare la triste caricatura di se stesso.

 

Tutto ciò domanda e si traduce in una paternità che è veramente gratificante, capace di dare senso pieno all’intera esistenza di un uomo, ma si tratta, anche, di un cammino fatto di solitudine, un cammino che conosce incomprensioni e che domanda sempre nuove assunzioni di responsabilità, perché il Vescovo sa di non poter indulgere ad atteggiamenti di comodo o, addirittura,  di colpevole silenzio.   

 

            Il Vescovo e padre Maffeo ha avuto il dono di una lunga vita e, conseguentemente, un ministero sacerdotale che si è esteso per un periodo di anni di cui a pochi, anzi, a pochissimi è concesso beneficiare.

 

Si tratta di settant’anni di ministero sacerdotale di cui quarantacinque trascorsi nella pienezza dell’episcopato, prima come ausiliare di Verona, poi come residenziale di Belluno-Feltre.

 

Durante il suo mandato a Belluno-Feltre, oltre allo spossante impegno della visita pastorale  – abbinava, infatti, l’incontro delle 158 comunità parrocchiali alle missioni popolari – fu chiamato a gestire la difficile unione delle due diocesi. Compito – come si sa – delicatissimo per il pastore che deve reggere con particolare prudenza, forza e saggezza le due comunità ecclesiali in tale frangente; anche qui il Vescovo Maffeo s’impegnò a servire con generosità.

 

            Egli viene ricordato, da chi l’ha conosciuto, non soltanto come un fine diplomatico, caratteristica legata agli anni della sua formazione (infatti mons. Ducoli proveniva dal servizio diplomatico) ma anche per la sua grande e innata bontà; una persona che sapeva essere mite e che si sforzava d’esserlo.

 

Nello stesso tempo, il Vescovo Ducoli era persona capace di ristabilire i termini delle questioni, quando questi non venivano riconosciuti o erano disattesi; ad esempio quando, durante una commemorazione ufficiale – lo si può leggere  in ‘Verona fedele’ del 18 novembre 2007 -, fu volutamente lasciato in disparte.

 

            In questo modo s’intendeva mettere da parte, col Vescovo, l’intera Chiesa diocesana e tutto ciò che l’intera comunità ecclesiale aveva profuso a favore della popolazione provata da uno dei più grandi  eventi calamitosi della recente storia  italiana: la tracimazione della diga del Vajont.

 

Niente di quanto la Chiesa aveva fatto a favore delle popolazioni di quel territorio veniva menzionato; allora, giunti al termine della cerimonia, rivolgendosi ai bambini e parlando loro con quella libertà che i bambini consentono, seppe ristabilire i termini della questione secondo giustizia e verità. Il tono, i contenuti, l’atteggiamento tutto diceva il desiderio di difendere i suoi preti e la sua Chiesa.

 

            Considerando l’impegno e la dedizione del Vescovo Maffeo, ritengo che in modo opportuno, insieme al testo delle beatitudini, sia stata proclamata la seconda lettera a Timoteo in cui tutto viene riportato al dovere del servizio apostolico, ad iniziare dal ministero della Parola e con attenzione a non ridurre tutto, soltanto, all’annuncio.

 

L’apostolo Paolo richiama il carissimo discepolo Timoteo in modo fermo e dolce, con questa esortazione:            ‘ annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità’‘ (2Tm 4,2).

 

            Al Vescovo e padre monsignor Maffeo Giovanni Ducoli il nostro grazie e la nostra preghiera, nella certezza che egli innalzerà la Sua per le nostre chiese, in particolare per le diocesi che, più direttamente, ha servito come presbitero, come Vescovo ausiliare e come Vescovo residenziale e, infine, per l’intera Chiesa di Dio.