Omelia ai funerali di mons. Silvio Zardon (Basilica Ss. Giovanni e Paolo / Venezia, 9 gennaio 2013)
09-01-2013

Funerali di mons. Silvio Zardon (Basilica Ss. Giovanni e Paolo / Venezia, 9 gennaio 2013)

 

Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

 

 

Mons. Zardon appartiene a quei presbiteri che non solo hanno avuto il dono grande del sacerdozio ministeriale ma anche la possibilità di esercitarlo a lungo. Don Silvio, infatti, esercitò il ministero per oltre 61 anni e fu chiamato ad incarichi molteplici e vari, anche profondamente differenti tra loro: da viceparroco ad assistente delegato patriarcale di Azione cattolica, da segretario del Patriarca Urbani a membro del Consiglio Pastorale e di quello Presbiterale.

 

Di volta in volta, insomma, fu chiamato a svolgere differenti mansioni curiali. Infine fu parroco a S. Luca ma, soprattutto, fu molto impegnato – con passione e amore e competenza – nella Pastorale familiare diocesana e come assistente del Centro S. Maria Mater Domini. Carattere volitivo e deciso, fu molto attento alla vita spirituale sua e delle persone che la Provvidenza, di volta in volta, poneva lungo la sua strada.

 

Un presbitero è chiamato a dare, come prima testimonianza del suo essere prete, la cura della vita spirituale sua e delle persone a lui affidate. Iniziando, però, da se stesso. È facile, infatti, dare consigli agli altri ma questi consigli vengono dati bene solo e prima di tutto se il presbitero, ogni giorno, scruta se stesso.

 

Desidero leggere queste brevi note firmate da don Silvio e che portano date differenti e ripetute e anche questo mi sembra un messaggio importante: il sacerdote deve avere la preoccupazione di tornare frequentemente su se stesso e sulla sua vita spirituale perché è essenziale, nel suo ministero, il messaggio che il sacerdote dà attraverso la sua umanità.

 

Non è, quindi, di poca importanza il ritornare di don Silvio su di sé, sulla sua vita spirituale. Egli annota – il 18 agosto 1988, poi il 2 agosto 1990 e infine il 2 agosto 1992 – pensieri di chi si guarda già nella luce dell’eternità: ‘Chiedo con tutto il cuore perdono al Signore di tutti i miei peccati, come spero che i fratelli che Gesù m’ha fatto incontrare nella mia vita scusino le mie mancanze. Credo di aver amato il Signore sforzandomi di fare la Sua Volontà. Ma qualche inadempienza o ritardo, spesso dovuti al mio orgoglio e alla mia pigrizia, mi devo far perdonare da Lui. Ho amato la Chiesa, soprattutto quella in Venezia. Lo ripeto con gioia. L’ho sempre considerata una delle principali grazie divine della mia vita, con quella della mia famiglia. Non so quanto abbia potuto essere e fare per la mia Chiesa e la mia famiglia, ma ho il dovere e il piacere di confermare, con animo riconoscentissimo a Dio, che esse sono state le mie grandi ricchezze. Le ringrazio dal profondo del cuore. In particolare ringrazio il patriarca Marco Cè per l’affetto, oserei dire, paterno e fraterno insieme. Ricordo il Patriarca Urbani con lo stesso affetto e riconoscenza. E il Patriarca Albino Luciani del quale ricordo edificanti testimonianze. La mia fede è maturata, spero abbastanza, soprattutto con queste testimonianze. Ma fra queste, ho il dovere di ricordare tutti i presbiteri di questa Chiesa. Li vorrei nominare personalmente per dire a ciascuno quanto mi siano stai sempre a cuore. In particolare don Silvano, vero amico fraterno e dono del Signore. Grazie a tutti. E chiedo perdono a chi forse ho dato qualche dispiacere. Spero che lo stesso preghi per me. E i laci? Chi li può contare? Li ho in mente e nel cuore. Per me sono stati una grande ricchezza, quasi sempre immeritata, da Carpenedo naturalmente. Ai parrocchiani di S. Luca un particolare ricordo ma pieno di rammarico per il mio debole impegno verso di loro, come parroco; ma di ognuno mi sono sentito sempre fratello, in una comunità piccola ma piena di realtà umana e cristiana. Grazie a tutti. Addio! Don Silvio Zardon, Parroco di S. Luca’.

 

Don Silvio, negli ultimi mesi (tarda primavera / inizio estate) aveva manifestato una crescente fragilità fisica, sempre comunque sostenuta dalla sua fibra forte e dalla sua volontà di vivere. Anche quando aveva, negli ultimissimi tempi, momento di minore lucidità usciva sempre fuori il suo ‘essere’ prete. Voleva continuamente dire messa, chiedeva di dire messa, voleva confessare e pregare in continuazione.

 

L’ultima sua preghiera, recitata con il carissimo amico don Silvano, è stata il Rosario. Poi un po’ di convenevoli, qualche battuta scherzosa col nipote Giancarlo e infine il sonno e il passaggio tranquillo, sereno e benedetto al Signore che don Silvio ha cercato di servire, con fede e amore, nella nostra bella Chiesa di Venezia.