Omelia ai funerali di don Mario Oselladore (Venezia, 8 gennaio 2007)
08-01-2007

Omelia al funerale di Don Mario Oselladore

 

San Zaccaria, 8.1.07

 

(Gb 19,1.23-27; Rm 5,5-11; Mt 5,1-12)

 

 

 

Don Mario è tornato alla Casa del Padre: nel silenzio come per molti anni è vissuto. Una vita, la sua, spesa nell’umile servizio della sua Chiesa, dove l’obbedienza via via lo inviava: S. Zaccaria, S. Martino, S. Geremia, la Gazzera, Treporti e, dal 1975, la Rettoria della Chiesa di S. Polo, sono le tappe del suo ministero. Nel 1996 la malattia lo colpì, gli tolse la parola e, per dodici anni, egli visse agli Alberoni, seguito dall’affetto dei Padri Camilliani e della cognata Maria: sempre sorridente. Fra pochi mesi, nel giugno di quest’anno, avrebbe celebrato il cinquantesimo anniversario della sua Ordinazione presbiterale.

 

 

La prima lettura che è stata proclamata (Gb 19,1.23-27) esprime la fede della Chiesa nella Risurrezione di Geù e nostra, insieme con lui: ‘Io so che io mio Redentore è vivo e che, ultimo si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia carne sarà distrutta’vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero’.

 

La nostra Risurrezione con Gesù Risorto è la fede della Chiesa ed è la nostra fede. Essa illumina di speranza il nostro futuro e dà senso al nostro vivere quotidiano, che non va verso la fine di tutto, ma verso ‘l’incontro‘ con Colui che raccoglierà tutti i frammenti della nostra vita e ci renderà partecipi della sua stessa felicità.

 

La seconda lettura, tratta dalla lettera dell’Apostolo Paolo ai cristiani di Roma (Rm 5,5-11), proclama la grande verità dell’amore gratuito di Dio: ‘Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi‘.

 

Nessuno ha meritato l’amore con cui il Padre ci ha amati in Cristo: noi siamo amati da Dio ‘gratuitamente‘ e, proprio per la gratuità di questo amore, non condizionato dai nostri meriti, noi siamo amati ‘sempre’: anche quando gli voltiamo le spalle, Dio non smette di chiamarci e di amarci.

 

Per questo la nostra speranza non teme delusioni: perché l’amore di Duo è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.

 

L’amore di Dio richiede però la nostra risposta: una risposta a sua volta aiutata e sorretta dalla grazia stessa con cui siamo amati. Dio ci ama e ci dona l’amore con cui rispondere alla sua gratuità.

 

 

Il Vangelo ho proclamato le beatitudini: ‘Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti’Beati i miti” (Mt 5,1-12).

 

Le beatitudini sono come il velario in cui vorremmo avvolgere la vita di Don Mario. ‘Beati‘ è una parola che Dio solo può pronunciare con verità. Chi è veramente beato se non colui che Dio proclama tale? Chi può essere, se non Dio stesso, la beatitudine dell’uomo fatto ad immagine di Dio, di un uomo il cui cuore è polarizzato verso Dio al punto da essere inquieto finché non riposa in Lui?

 

Ecco io penso alle Beatitudini come alla carezza di Dio sui suoi figli più cari, quelli che non hanno niente su cui appoggiarsi e di cui vantarsi se non il fatto che Dio li guarda con amore e si fa lui stesso loro garante.

 

Ricordo le volte in cui, il 14 luglio, io presiedevo agli Alberoni la festa di San Camillo. Don Mario era presso l’altare, in carrozzella, con la stola sacerdotale. Io gli andavo vicino, gli davo un bacio, gli facevo una carezza ed egli sorrideva senza dire una parola: ‘Beato‘ per la carezza di Dio.

 

 

Abbiamo appena terminato di celebrare i misteri del Natale: sabato era la festa dell’Epifania; ieri abbiamo celebrato il Battesimo di Gesù. Fra l’Epifania e il Battesimo di Gesù scorrono circa trent’anni: nel più assoluto silenzio.

 

Uomini dell’efficienza che non perdono un minuto, ci verrebbe da pensare che sono anni sprecati. Ma è possibile che ci siano anni inutili nella vita del Figlio di Dio fatto uomo? O nascondono essi ‘il mistero di Dio’, che ‘solo‘ basta e riempie la vita?

 

Dio parla dal silenzio; ciò che conta è fare, non questo o quello, ma la sua volontà. Anche la povertà, in tutti i sensi, ha valore nella fede del Figlio di Dio che, ‘da ricco che era si è fatto povero perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà'(2 Cor 8,9).

 

A me piace leggere la vita di Don Mario, il suo lungo silenzio, il suo esprimersi solo col sorriso, in questo mistero di Nazaret, imprescindibile per capire il dono del Figlio di Dio incarnato.

 

 

E’ ora ormai di chiudere la nostra meditazione per affidare al Padre questo nostro fratello. Invochiamo la Santa Madre di Gesù, gli Angeli i Santi perché gli vengano incontro e lo accompagnino festosi in Paradiso.

 

Lui preghi per noi e ci attenga la consegna piena di noi stessi alla volontà di Dio e la grazia di dar senso anche ad ogni nostra sofferenza, di sorridere come lui ai giorni come Dio ce li dona.

 

Alla cognata Maria che lo ha assistito giorno per giorno con amore come potrebbe fare una mamma, ai Padri Camilliani che gli hanno offerto una Casa dove serenamente è vissuto pur nelle sue gravi difficoltà, ai confratelli che lo hanno visitato vadano in questo momento la gratitudine del nostro Patriarca e dell’intero presbiterio diocesano.

 

Ai parenti tutti le nostre più sentite condoglianze.