Ai funerali di Don Luigi Cedolin
Ospedale Fatebenefratelli. 11 settembre 2002
(Sap 3,1-9; 2 Cor 4,14-5,1; Gv 14,1-6)
Fratelli e sorelle nel Signore,
domenica scorsa, nella festa della natività di Maria, mentre la Chiesa celebrava la sua sicura speranza, cioè la risurrezione di Gesù, don Luigi Cedolin entrava nella domenica senza tramonto.
Noi oggi siamo qui – il Patriarca, il Presbiterio, fratelli e sorelle di fede – per celebrare il nostro congedo da lui, consegnandolo all’infinita misericordia del Padre.
La chiesa che ci accoglie ha visto il consumersi del sacrificio di Don Luigi nello snodarsi di quasi dodici anni di sofferenza, resa ancora più lacerante dalla fatica ad esprimersi, che spesso volgeva in un pianto che straziava il cuore.
1. La vita sacerdotale di Don Luigi, ordinato nel 1946, dopo un breve ministero a Quarto d’Altino e una sosta più indugiata a Valcasoni, si è svolta quasi totalmente come Rettore della Maddalena e aiutante del parroco a San Marcuola. Egli si dedicò prevalentemente alla cura del patronato: un compito esigente e difficile, che però ricordava, come un’esperienza bella della sua vita,fin anche negli ultimi giorni. Diverse generazioni di adulti ne conservano una memoria affettuosa e riconoscente.
Quando io lo conobbi, oltre vent’anni fa, dedicava ogni giorno lunghe ore anche al ministero della penitenza. Il patronato e il confessionale sono stati i poli della sua vita e del suo sacerdozio.
Finché il Signore gli chiese la grande prova della malattia, che è stata pesante e lunga. Da quel momento l’ospedale, in cui stiamo celebrando il suo congedo, è diventato l’altare del suo sacrificio: il terzo polo del suo ministero.
Ora lui vede tutto con occhi diversi e quello che per noi è dolore, per lui è ‘gloria’: come ‘gloria’ fu per Gesù la sua passione, appena ebbe esalato l’ultimo respiro.
2. Il libro della Sapienza ci invita a pensieri di pace anche di fronte alle sofferenze della vita: noi siamo sempre nelle mani di Dio.Lo siamo a maggior ragione quando soffriamo.
A uno sguardo puramente umano, il dolore è sciagura e la morte solo rovina. Ma il giusto che muore è nel grembo del Padre e la sua speranza è piena di immortalità.
‘In cambio d’una breve pena (i tempi delle nostre sofferenze sono sempre brevi a confronto con l’eternità), i giusti riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiolo e li ha graditi come un olocausto. Nel giorno del giudizio risplenderanno”.
A questa prospettiva di speranza ci apre la fede in Cristo morto e risorto. ‘Noi siamo convinti, ci assicura l’apostolo Paolo, che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù’Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno’.
Don Luigi è stato provato dalla sofferenza fisica e morale. La sua lunga infermità, se gli ha consentito di condividere la sorte di molti ammalati e di confortarla, ha conosciuto anche l’inevitabile fatica del lungo degente e l’ineluttabile diradarsi delle presenze amiche, pur essendo egli sempre stato circondato di affetto e di cure. Venendolo a visitare, io non l’ho mai trovato solo, ma sempre accompagnato da persone che gli volevano bene e che lui stesso aiutava.
Di fronte all’insondabile mistero del dolore, che il Figlio di Dio non avrebbe assunto per sé se non avesse senso e non nascondesse il segreto dell’amore infinito di Dio Padre, Gesù ci dice: ‘Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti’.. Io, dice Gesù, vado a prepararvi un posto. Poi ritornerò e vi prenderò, perché siate anche voi dove sono io’.
Parole di grande speranza per tutti.
Io amo pensare anche ai 56 anni di sacerdozio di don Luigi, alle sue celebrazioni eucaristiche, alle ore passate in patronato coi giovani e a quelle trascorse nel confessionale per elargire la misericordia del Signore, confortare e accompagnare le persone; penso alla lunga celebrazione del suo sacrificio su un letto e in carrozzella. E mi tornano in mente le parole dell’apostolo Paolo: ‘Offrite i vostri corpi come sacrificio spirituale'( Rm 12,12-2).
3. Ora la Messa di don Luigi è finita, perché egli è entrato nella gloria che Gesù risorto gli ha preparato.
E’ venuta a prenderlo la Santa Madre di Gesù nella festa della sua natività, che era anche la vigilia del suo 81° compleanno, per celebrare in paradiso la liturgia del ringraziamento.
La nostra Chiesa ora affida questo suo figlio alla Madonna Nicopeia, al nostro San Marco, a San Luigi, agli angeli e ai martiri. Loro lo conducano a Gesù e Lui, venendogli incontro festoso, lo consegni nelle braccia del Padre.
Questa è la nostra fede e la nostra grande speranza, per la quale noi ringraziamo Dio e lo benediciamo.
E tu, don Luigi, nella comunione dei Santi ricordati di noi: della tua Chiesa e del tuo Patriarca, di San Marcuola dove sei nato e hai svolto la maggior parte del tuo ministero; ricordati del nostro Seminario.
A quanti gli sono stati vicini nella sua malattia: ai religiosi e al personale del Fatebenefratelli, al Signor Severino che lo ha accompagnato con delicatissimo amore, alle persone che gli hanno fatto compagnia e lo hanno assistito nella lunga malattia vada il ringraziamento più sentito del Patriarca e della Chiesa di Venezia.
Ai parenti le nostre vivissime condoglianze e tutta la nostra affettuosa solidarietà.