LITURGIA FUNEBRE PER DON GIUSEPPE MARIGO
Omelia dell’Amministratore apostolico mons. Beniamino Pizziol
(Zelarino, chiesa dei S.S. Vigilio e Maria Immacolata, 18 febbraio 2012)
Martedì scorso don Giuseppe Marigo ha concluso la sua esistenza terrena: silenziosamente è tornato alla casa del Padre.
Siamo qui riuniti, sacerdoti, diaconi e tanti fratelli e sorelle per affidarlo alla bontà misericordiosa del Signore.
La mia vita di prete si è intrecciata spesso con quella di don Giuseppe. Fin dai primi anni del mio ministero a S. Lorenzo Giustiniani l’ho incontrato più volte nella vicina Parrocchia di Zelarino, ma soprattutto da Vicario generale ho potuto costatare la sua generosa disponibilità verso la nostra Chiesa diocesana come amministratore parrocchiale, per ben 15 volte.
Il Patriarca emerito Marco, dopo aver accolto le sue dimissioni da parroco di Mira Taglio, gli aveva affidato la cura pastorale della Parrocchia e di altri enti “vacanti” temporaneamente.
Don Giuseppe ha svolto questo compito con dedizione esemplare e con una vera passione pastorale, ottenendo sempre la stima e l’affetto delle persone, che spesso invocavano la continuità della sua presenza e del suo servizio nelle comunità a lui affidate come amministratore parrocchiale.
In questi ultimi anni è stato provato, in modo sempre più grave, dalla malattia e dalla sofferenza, affrontate con serenità, nel riserbo, confidandosi solo con qualche amico, senza mai scoraggiarsi.
Si può applicare a don Giuseppe quanto afferma l’apostolo Paolo di se stesso, quando ormai cominciava a sentire che le forze venivano meno, dopo tanti anni di fatiche e disagi, sopportati per amore di Cristo. Egli dichiara di non scoraggiarsi, anche se si rende conto che il suo corpo si va disfacendo. Anzi, constata che all’indebolimento dell’uomo esteriore, corrisponde una crescita dell’uomo interiore, dell’uomo nuovo, che è destinato a partecipare alla risurrezione di Cristo.
E’ convinto che “colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a Lui”.
Questo pensiero infonde in Paolo gioia e consolazione a tal punto da considerare “momentaneo e leggero il peso della tribolazione” nella prospettiva della gloria eterna nel Signore. La morte di don Giuseppe, seppur sopraggiunta improvvisa, non lo ha trovato impreparato.
Egli è rimasto sempre pronto, soprattutto in questi ultimi anni, “con la cintura ai fianchi e le lucerne accese” come ci ha ricordato il vangelo di Luca che abbiamo proclamato.
In un atteggiamento di costante disponibilità al servizio, come il servo che attende il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa.
Con questo atteggiamento di servizio, don Giuseppe ha svolto il suo ministero sacerdotale in tutti i compiti che gli sono stati affidati: vicario parrocchiale, parroco, amministratore parrocchiale.
Ha cercato con tutto il suo cuore e la sua mente di essere segno di Cristo, buon pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve”.
Don Giuseppe ha celebrato l’Eucaristia quotidianamente per quasi 60 anni (a giugno sarebbero stati 60), si è nutrito del Corpo e del Sangue del Signore, che sono il seme reale della risurrezione.
Dice, infatti, Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv. 6,54).
Ora noi amiamo pensare don Giuseppe in Paradiso con gli angeli e i santi, portato a Gesù, perché Gesù lo consegni al Padre.
Con don Giuseppe rivolgiamo la nostra preghiera a Dio, Padre buono e misericordioso: volgi, Signore, il tuo sguardo su questa tua Chiesa, che ti chiede la grazia delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, perché il tuo Vangelo di salvezza sia portato a tutti gli uomini.
E tu, don Giuseppe, intercedi presso il Padre per la tua Chiesa, per il nuovo Patriarca Francesco, e per tutti noi, affinché siamo perseveranti nella fede e lieti nella speranza.