Omelia ai funerali di don Giampaolo Girardello (Torre di Fine, 4 novembre 2014)
04-11-2014

Funerali di don Giampaolo Girardello

(Torre di Fine, 4 novembre 2014)

Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

 

Carissimo don Giampaolo, ci hai lasciati in silenzio, di notte, quasi in punta di piedi.

Una sorpresa, per certi versi, come quei tuoi quadri che colpivano,  consegnandoci – come mi ha fatto notare un confratello particolarmente legato a don Giampaolo – sia la sofferenza infinita del Cristo sia la dolcezza infinita della Vergine Madre.

Certamente la tua età ma soprattutto la tua salute – da tempo malferma – potevano lasciar presagire o, meglio, temere quanto è accaduto.

Ora, la morte di un prete, per il rapporto sacramentale e personale che egli ha con Gesù – Sommo ed Eterno Sacerdote – e con i fratelli, riveste una sua particolarità.

Il prete, come ogni battezzato, ha – tramite il sacerdozio comune – una conformità a Gesù Cristo, figlio eterno del Padre. Il prete, però, è anche colui che ha risposto alla chiamata del sacerdozio ministeriale, ossia che serve Cristo-capo e sposo della Chiesa e i fratelli.

Nell’ultima cena, mentre ci dona l’eucaristia, Gesù compie il gesto della lavanda dei piedi; è un gesto estremamente significativo per la vita del prete.

Il corpo-dato e il sangue-effuso, per la salvezza del mondo, costituiscono proprio l’atto che il prete dovrà rinnovare e ri-presentare a favore dei fratelli.

Il Vangelo, appena ascoltato, ovviamente ha valore universale per ogni cristiano – senza eccezioni – ma per il pastore, chiamato a servire la comunità a lui affidata, assume un senso particolarissimo, unico, proprio, irripetibile.

Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo” (Lc 12, 35-40).

Così, tra i cristiani, chiamati ad attendere il Signore, i pastori non si dispongono solo ad un’attesa personale; certamente, sono chiamati alla vigilanza personale ma anche ad una particolare vigilanza, appunto come pastori a favore dell’intera comunità. E tale servizio viene reso, da loro, solamente per amore, perché l’essenza del ministero ordinato – come ci ricorda il dialogo fra Gesù e Pietro sulle sponde del lago di Tiberiade – verte proprio sull’amore.

[Gesù] gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene»” (Gv 21,17).

Questo è anche il motivo per cui la comunità cristiana è chiamata a pregare per i suoi pastori, perché siano sempre vigilanti e pronti ad aprire la porta al Signore che bussa e a riconoscerne il volto mite e festante. Sono certo che, così, è avvenuto anche per don Giampaolo; anche per lui, come ricorda il Vangelo, nel cuore della notte.

Don Giampaolo, come detto, se ne è andato in modo silenzioso, in punta di piedi. Non ha voluto disturbare. Anche così ha inteso ricordarci che la vita per il cristiano è, innanzitutto, attesa e sguardo proteso verso il futuro. Guai se tale prospettiva nella nostra vita si attenua o addirittura viene smarrita!

L’attesa di un incontro, l’attesa di un compimento, l’attesa di un volto che, finalmente, svelandosi rivela a ciascuno di noi, in modo personalissimo e con la più grande carità – come solo Dio sa e usa fare -, la verità su di noi, a partire dalla nostra stessa vita: è questo che noi chiamiamo il giudizio.

Proprio in quel momento, per la prima volta, apprenderemo in modo pieno e reale quale è la verità della nostra storia e chi noi realmente siamo, al di là dei facili giudizi degli uomini che parlano solamente per sentito dire.

Nella vita del prete, poi, nulla riveste valore privato o individuale; al contrario tutto, veramente tutto, è riflesso del suo essere per gli altri e con gli altri. E tutto questo si esprime, in modo reale e pieno, al momento della nostra morte.

Così la morte del prete diventa – all’ennesima potenza – evento comunitario, perché il prete non si appartiene ma appartiene a tutti; è questa una caratteristica “specifica” del prete, una caratteristica che gli appartiene in quanto prete.

Quando muore un prete che veramente si è sforzato d’essere tale – come don Giampaolo – la vita di molti rimane toccata. Il prete, infatti,  segna sempre la vita di coloro di cui è stato l’amico, il padre e la guida e  questo anche a distanza di anni o di decenni.

E, infatti, qualcosa di noi muore con lui perché il prete non è mai irrilevante, non è mai insignificante.

Mi ha detto un confratello – che ha condiviso con lui il ministero – che don Giampaolo era uomo appassionato, sensibile e buono ma quando era necessario non mancava di parlare, secondo lo stile evangelico: “Sì, sì”, “No, no” (cfr. Mt 5, 37).

Caro don Giampaolo, nelle tue ultime disposizioni hai espresso la volontà d’esser tumulato nella nuda terra, qui a Torre di Fine dove per oltre vent’anni hai esercitato il ministero di parroco. È questo un segno bello ed eloquente che ci hai voluto dare del tuo essere prete e parroco.

Un segno bello ed eloquente che è, insieme, gesto di umiltà e attestazione del legame al tuo ministero di parroco e alla tua gente. Ci hai voluto dire che anche quando, per motivi d’età e di salute, si avverte – proprio per fedeltà all’opera fino ad ora compiuta, quasi per rispettarla – che è giunto il momento di lasciare l’esercizio attivo del ministero, parroci si rimane comunque e sempre, nel proprio cuore e nel cuore della propria gente.

Carissimo don Giampaolo, ti ricorderemo sempre con affetto e nella preghiera. E tu, ormai dinanzi al Dio misericordioso – Padre, Figlio e Spirito Santo -,  prega sempre per tutti noi.