Omelia ai funerali di don Francesco Castorina (Jesolo, 9 agosto 2004)
09-08-2004

Ai funerali di Don Francesco Castorina

 

Jesolo-Sacro Cuore, 9 agosto 2004

 

(Sap 3,1-9; Rm 14,7-12; Lc 23,44-52.24,1-6)

 

 

 

 

 

Carissimi,

 

               ci siamo raccolti qui, davanti al Signore, per congedarci da Don Francesco Castorina, fondatore e padre di questa comunità del Sacro Cuore. Lui l’ha vista nascere nel 1954, ne ha costruito le strutture, si è speso perché crescesse come comunità dei discepoli del Signore. L’ha voluta accogliente nei confronti di quanti l’affollano durante l’estate. Per questa parrocchia è vissuto donando il meglio di sé: oggi essa lo riaccoglie, dopo l’assenza per la malattia, e lo riconsegna al Signore.

 

            Don Francesco è stato un prete esemplare, un pastore d’anime intelligente e zelante, culturalmente avveduto, identificato con la sua comunità e con quanti il Signore gli aveva affidato.

 

            Nei primi anni egli ha esercitato il ministero in diverse parrocchie: poi per cinquant’anni è rimasto qui, padre nella fede di almeno due generazioni; negli ultimi anni, sollevato dal peso della guida, era felice di vivere ancora coi suoi, aiutando come poteva.

 

 

 

            La fede, sostenuta dalla Parola di Dio che abbiamo ascoltato, ci abilita a pensarlo nella pace: ‘le anime dei giusti sono nelle mani di Dio’. Don Francesco ha lavorato per il Vangelo e, nella dedizione alla sua comunità, ha condiviso i pesi di tutti. La parrocchia era diventata la sua famiglia e, come ogni famiglia, era stata per lui gioia, consolazione e fatica. Essendovi rimasto molto a lungo, ha vissuto anche il travaglio del passaggio culturale: da quando la gente riempiva la chiesa, ai tempi in cui la fede era diventava sempre più una scelta, talora difficile a fronte di un mondo radicalmente disomogeneo. E la partecipazione alla vita di fede della comunità si era rarefatta. Il pastore d’anime portava queste realtà nel cuore, le viveva e le pativa: chiamando, cercando e aspettando le persone. Soffrendo.

 

            Alla fine della vita il Signore lo ha provato con la malattia: lo ha purificato, per accoglierlo subito, fra le sue braccia di Padre. Noi lo speriamo.

 

           

 

            Ci pare così di poter leggere la vita di Don Francesco nella filigrana della lettera dell’apostolo Paolo ai Romani: ‘Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore’.

 

            Proprio questo sostiene la nostra speranza. Don Francesco è vissuto per il Signore, ha lavorato e sofferto per lui; coi limiti di tutti, lo ha cercato sempre e lo ha servito nei fratelli dando loro molto cuore. Ora lo speriamo nella comunione piena con il Padre.

 

 

            Abbiamo letto il Vangelo di Pasqua che proclama la morte e le risurrezione di Gesù: un evento di salvezza che, nell’Eucaristia, diviene realtà attuale per noi:’Questo pane è il mio corpo dato per voi’; ‘Questo calice è il mio sangue versato per voi e per tutti’. L’Eucaristia è il mistero della fede. Ma è anche un mistero di infinita consolazione. Nutrendoci del corpo e sangue del Signore, noi formiamo una cosa sola con lui. Se lui è morto per noi, anche la nostra morte ha senso, come ha avuto senso la sua. La fede addirittura ci dice che, grazie a Gesù che vive in noi, la nostra morte è una Pasqua, un passaggio da questo mondo al Padre. Ancora, se il Crocifisso è risorto, anche noi risorgeremo.

 

            Don Francesco per cinquantacinque anni ha celebrato ogni giorno l’Eucaristia. Oggi essa si compie nel suo mistero personale di comunione col Signore morto e risorto.

 

            Rendiamo grazie per il dono grande di poter vivere nella fede l’evento della morte nostra e dei nostri fratelli e di poterla aprire, per grazia, alla speranza della risurrezione.

 

            Anche la consegna del corpo al sepolcro non è per noi senza speranza: la fede ci dice che, come Cristo è risorto, anche i nostri corpi un giorno risorgeranno.

 

 

            Affidiamo Don Francesco alla Santa Madre di Dio, al suo protettore San Francesco d’Assisi, agli angeli, ai martiri e a tutti i santi. Affidiamolo in modo particolare a coloro che lui stesso, nel suo lungo ministero, ha preparato per il paradiso: gli vengano incontro e l’accompagnino a Gesù e Gesù lo accompagni al Padre.

 

            Dal paradiso egli interceda per noi, per la nostra Chiesa e il nostro Patriarca, per la sua parrocchia e l’attuale suo pastore: chieda al Signore per questa comunità la grazia delle vocazioni, sacerdotali, religiose e missionarie.

 

 

            Ai suoi familiari vadano le nostre più sentite condoglianze. Alla parrocchia del Sacro Cuore vogliamo dire l’ammirazione e il ringraziamento per l’amore e la solidarietà esemplari con cui hanno custodito il vecchio padre, riempiendo di consolazione e di pace i suoi ultimi anni.

 

            Il Signore ricompensi largamente quanti gli sono stati vicini nell’ultima grave malattia, aiutandolo e fornendogli conforto e sostegno. A loro va tutta la nostra riconoscenza.