Omelia ai funerali di Don Albino Bello
Malcontenta, 3 gennaio 2008
Anche Don Albino Bello ci ha lasciati: nel cuore delle celebrazioni natalizie, nella festa della Sacra Famiglia, egli è tornato nella Casa del Padre, nel posto che Gesù gli aveva preparato, come lui stesso ci ha detto: ‘Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti’Io vado a prepararvi un posto’ (Gv 14,1-2).
Il mistero del Natale mi pare la chiave più pertinente per leggere la vita di Don Albino. Il Natale è ‘gloria’ nell’umiltà e nel silenzio: ‘Cristo Gesù, pur essendo di natura divina’spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo..’ (Fil 2,6-7).
Don Albino è stato un prete buono, un uomo di fede e di preghiera, esemplare nella sua vita e zelante nel compimento del suo dovere di pastore d’anime. La traiettoria del suo ministero è impegnativa e passa attraverso Cavallino, Burano, Mira Taglio, Mira Porte dove fu parroco per cinque anni, poi per 22 anni parroco a Santa Eufemia e per 9 a Malamocco. Nel’94, per ragioni di salute, si ritirò a Malcontenta.
Dovunque ha lavorato con l’impegno d’un pastore buono, sapiente, vicino alle persone che il Signore gli aveva affidato: sempre discreto e silenzioso, lontano da ogni clamore. I suoi giorni potrebbero assimilarsi a quelli della Santa Famiglia di Nazaret: una esistenza nella quale solo Dio conta.
La morte di un fratello ci pone sempre di fronte alle grandi domande sul senso della vita e su ciò che ci attente al suo chiudersi. La Parola di Dio, letta nella Liturgia, sostiene la nostra fede.
Proclama la prima lettura: ‘Io so che il mio Redentore è vivo..Dopo che questa mia carne sarà distrutta..vedrò Dio (Gb 19,23-27).
Il mistero del Natale è la sorgente della nostra fede nella risurrezione dopo la morte, perché nell’Incarnazione il Figlio di Dio, assumendo la nostra ‘carne’, pone in essa il germe della vita stessa di Dio. Afferma il prologo di San Giovanni che: ‘a coloro che credono è stato dato il potere di diventare figli di Dio‘ (Gv 1,12). Il mirabile scambio fra Dio e l’uomo, cantato dalla liturgia del Natale, ha dato a noi la possibilità di chiamarci figli e di esserlo realmente, al punto da poterci rivolgere a Dio come faceva Gesù, chiamandolo : ‘Abbà‘. Nello stesso tempo ha dato a Dio, nella persona del Figlio, la possibilità di assumere e sperimentare la debolezza della ‘carne‘ propria dell’uomo. ‘Dio non può patire, ma può compatire’, scrive Papa Benedetto nella lettera ‘Spe salvi’, citando San Bernardo. E continua: ‘L’uomo ha per Dio un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesù. Da lì in ogni sofferenza umana è entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la ‘con-solatio‘, la consolazionne dell’amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza’ (Spe salvi,n.39). La sicura speranza che, come Cristo è morto ed è risorto, così anche noi risorgeremo con lui.
Ancora: il Natale è ‘Dio per noi’, ma è anche ‘Dio con noi’: Gesù è l’Emmanuele. ‘E se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?’.
Se Dio è con noi, come ci attesta il Natale, ‘chi accuserà gli eletti di Dio?’Ma chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte, né vita’né alcuna altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore‘ (Cfr Rm 8,31-39).
E’ bello poter proclamare queste parole di fede, le più consolanti che esistono, sulla morte di un nostro fratello, quale fondamento sicuro della nostra speranza. E’ un grande dono della nostra fede poter proclamare sulla morte l’amore di Dio che ci dona in Figlio e col Figlio ci dona tutto. Non c’è consolazione più sicura di questa.
Poi abbiamo proclamato il Vangelo della morte e risurrezione del Signore (Mc 15,33-39; 16,1-6): l’abbiamo proclamato come atto di fede. Noi crediamo infatti che nella morte di chi muore nel Signore, va a compimento la morte stessa di Cristo e, per questo, come Lui è risorto, anche noi risorgeremo.
Tra poco consegneremo al sepolcro il corpo di Don Albino, come è stato fatto con il corpo di Gesù: noi crediamo che un giorno anche i nostri corpi risorgeranno con Lui.
Signore, sostieni la nostra perseveranza nella fede, perché possiamo anche noi morire in Cristo per risorgere con lui.
E tu, dolce Madre di Gesù che, con intenso amore, avvolgesti in fasce Gesù Bambino e lo deponesti nella mangiatoia e un altro giorno, col volto distrutto dal dolore, accogliesti sulle tue ginocchia il corpo morto di lui deposto dalla croce, accogli questo tuo figlio e nostro fratello, Don Albino, nelle tue braccia e, con gli angeli e i santi, portalo a Gesù, perché Gesù lo consegni al Padre.
Ma io ho in cuore, urgente, un’altra preghiera: in poco più di un mese abbiamo accompagnato alla tomba quattro nostri fratelli sacerdoti. Tre erano anziani, ma due di loro erano ancora attivi; uno era relativamente giovane ed era pastore amato di una comunità.
Signore Gesù, tu hai lamentato la scarsità degli operai a fronte delle messi ormai pronte e ci hai invitati a pregare il Padre perché mandi operai nella sua messe. Noi oggi con don Albino ti preghiamo: volgi, Signore, il tuo sguardo su questa tua Chiesa che ti prega e ti chiede la benedizione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa perché il tuo Vangelo di salvezza sia portato a tutti gli uomini.
E tu, Don Albino, intercedi presso il Padre per la tua Chiesa di Venezia, il suo Patriarca e per tutti noi, perché siamo perseveranti nella fede e lieti nella speranza.
Ai parenti di Don Albino le nostre condoglianze più sentite, a quanti lo hanno assistito nei giorni della fatica e della sofferenza la gratitudine sincera di tutta la nostra Chiesa.