Omelia ai funerali del diacono Arturo Pedrazzi (Mestre, 29 novembre 2006)
29-11-2006

Ai funerali del diacono Arturo Pedrazzi

 

S. Maria Goretti, 29.XI.06

 

 

 

Domenica scorsa la Chiesa celebrava la festa di Cristo Re e Arturo fungeva da diacono nell’Eucaristia solenne: ricordando, insieme al quarto anniversario dell’istituzione, in parrocchia, dell’adorazione perpetua, il ventennale della sua Ordinazione diaconale.

 

Aveva proclamato il Vangelo con tono forte e convinto; allo scambio della pace s’è sentito male e, poco dopo, è spirato fra le braccia dei figli.

 

La sua Messa, domenica, si è conclusa in paradiso. La comunione col Signore non è stata più quella velata sotto i segni sacramentali, perché gli era stata concessa la comunione piena, nella visione faccia a faccia: una morte bella la sua, la più desiderabile che si possa pensare per un cristiano.

 

Così Arturo ha coronato la sua vita di sposo e padre esemplare, una vita segnata da trentacinque anni di lavoro al Petrolchimico. Io lo ricordo presente alle mie Messe di Natale in fabbrica: negli ultimi anni vi partecipava vestito da diacono, senza rispetto umano, felice di testimoniare anche nel cuore del mondo del lavoro la presenza di Gesù, divin lavoratore. Per lui il Petrolchimico è stato scuola di vita, spazio privilegiato dove rendere la sua testimonianza di cristiano, luogo in cui ha maturato la sua vocazione diaconale.

 

Andato in pensione si impegnò in parrocchia nella catechesi e nella San Vincenzo, finché ricevette dal Patriarca la missione di assistere spiritualmente gli anziani della Casa di Riposo di via Spalti e poi, negli ultimi anni, in quella di ‘S. Maria del Rosario’ di vicolo della Pineta.

 

In questo servizio agli anziani, spesso soli e bisognosi di tutto, Arturo trovò un luogo privilegiato per esprimere la sua passione per l’annunzio del vangelo e il suo buon cuore, fatto di amore e di delicatezza nel prendersi cura di chi soprattutto di amore aveva bisogno.

 

Svolse il suo ministero fino a quando le forze glielo consentirono e lo fece sempre con delicata finezza, testimoniando vicinanza, consolando e incoraggiando.

 

 

Il Diaconato è partecipazione del mistero di Cristo che, pur essendo per natura Figlio di Dio, non ostentò la sua uguaglianza con Dio, Ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo, fino al punto da lavare i piedi ai suoi apostoli, come è stato proclamato ora nel Vangelo (Gv 13,1-14). In tal modo Gesù ci ha rivelato il vero volto di Dio: un Padre che è ‘Amore-misericordioso’, che si piega sulla sua creatura per elevarla fino a sé.

 

Quando gli Apostoli, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura (At 6,1-7), hanno istituito i ‘sette’ perché provvedessero alle mense dei poveri e delle vedove in modo che nessuno fosse trascurato nella comunità cristiana, non risolsero solo un problema di equità a cui era doveroso provvedere, ma diedero volto autentico alla comunità dei discepoli del Signore Gesù, secondo la sua parole: ‘Avete visto quello che vi ho fatto?Voi mi chiamate Signore e Maestro, e fate bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi (Gv 13, 13-15). E poco più avanti, sempre nell’Ultima Cena, dice: ‘Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri‘ (Gv 13, 34-35).

 

Così concepito, il Diaconato dà alla Chiesa, comunità dei figli di Dio, il suo vero volto, tutto somigliante a quello del Padre: un Padre che è amore misericordioso, che si piega sul figlio povero, malato e peccatore: proprio come ci ha rivelato e ci ha mostrato Gesù.

 

 

La prima lettura, tratta dal profeta Isaia (25, 6.7-9), ci mostra Dio che, in paradiso, prepara una festa per i suoi figli. E Gesù a quella festa è andato a preparaci il posto. Ma quello che è impensabilmente bello, non è solo il fatto che Dio prepari una festa per i suoi figli e asciughi le loro lacrime, ma che lui stesso, Dio, si cinga il grembiule e passi a servirli (Lc, 12,37). Ma è proprio questo è il vero volto di Dio Padre, rivelatoci dal Figlio Gesù.

 

Arturo, con umiltà e determinazione ‘ tale era il suo carattere ‘ ha espresso nella sua vita quel volto di Dio-Amore e il suo diaconato ne è stato la narrazione.

 

 

Nessuno di noi può presumere di avere certezze circa la salvezza propria o degli altri: la salvezza è dono della grazia misericordiosa di Dio: perciò noi dobbiamo pregare per lui. Certo il modo bello con cui Arturo è morto, dopo la purificazione della sofferenza, ci abilita a sperare che egli ora sia nella Casa de Padre e goda già di quell’unione e di quella visione di Dio che un giorno sarà ‘ noi lo speriamo ‘ anche la nostra felicità.

 

 

La festa della intronizzazione regale di Gesù, crocifisso e risorto, ha portato a conclusione l’anno liturgico e ci ha aperto le porte dell’Avvento, il tempo dell’attesa del Signore. Egli verrà, a Natale, nell’umiltà della carne d’un bambino, e tornerà alla fine dei tempi, nella veste del Giudice glorioso di tutta la storia. Arturo lo ha già incontrato. Ora aspetta noi e prega per noi.

 

 

La Santa Madre di Gesù lo accolga in Paradiso, lo conduca a Gesù e Gesù al Padre. Lo accolgano gli anziani che egli ha sostenuto nei loro ultimi giorni con la sua vicinanza di bontà e di condivisione.

 

 

Alla Signora Onorina, ai figli e nipoti e ai parenti le condoglianze più sentite del nostro Patriarca Angelo, della Parrocchia di S. Maria Goretti, di tutti noi e dell’intera Chiesa veneziana.