Venezia, 19 dicembre 2018
Carissimi lavoratori e carissime lavoratrici del Petrolchimico di Porto Marghera,
per l’accavallarsi degli impegni, mi trovo proprio in questo momento a celebrare l’eucaristia nel carcere maschile veneziano di S. Maria Maggiore e non mi è possibile, quindi, essere con Voi. Me ne dispiace veramente.
Desidero dirvi innanzitutto la mia stima; sono poi vicino a quanti sono tribolati per motivi personali, familiari, di salute o per l’incertezza e le fatiche del lavoro.
Il Natale ci dice, nel modo più forte, che Dio è vicino a tutti e non ci abbandona mai! Questa festa – talvolta fraintesa dagli stessi cristiani – si presenta coi “segni” umili e semplici che siamo chiamati a riscoprire affinché possiamo essere raggiunti dalla “buona notizia”: Dio incontra l’uomo, ogni uomo, tutti gli uomini. Il Natale ci riconcilia nella verità, nel perdono, nella pace.
Le cronache di questi giorni ci raccontano spesso di eventi tragici, di difficoltà e di timori; ci parlano soprattutto di insicurezze e di chiusure che, certo, non aiutano a guardare con fiducia al nostro futuro personale e familiare.
Richiamo qui un fatto che mi fa soffrire e preoccupa e che riguarda direttamente il mondo del lavoro ma, in realtà, ci deve toccare come cittadini: le morti sul lavoro. Il Veneto è la regione in cui si registra il maggior incremento di tali incidenti rispetto all’anno scorso; la provincia più colpita è Verona (con 25 morti) seguono Padova e Treviso (17) e poi Venezia (15), Vicenza (13), Belluno (7) e Rovigo (6).
Anche le ultime indagini statistiche sulla società italiana disegnano un Paese in gran parte diviso, smarrito, disilluso o, addirittura – sono parole del Censis – “rancoroso” e “cattivo”.
Ecco perché ci fa bene ritornare ai fatti semplici e “buoni” del Natale. Dobbiamo aver fiducia e speranza, non dimenticando il valore del lavoro e, quindi, dell’opera che ognuno di Voi compie con onestà e professionalità.
Svolgere il proprio lavoro con onestà e professionalità, qualsiasi mansione – fosse anche la meno appariscente o la meno considerata dagli altri – vuol dire sempre lavorare per se stessi, per la propria famiglia e il proprio Paese.
Mi tornano alla mente alcune incisive parole di Papa Francesco: «Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro ci “unge” di dignità, ci riempie di dignità; ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre; dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione». E poco prima aveva anche detto: «Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio; noi siamo chiamati a coltivare e custodire tutti i beni della creazione e in questo modo partecipiamo all’opera della creazione!» (Papa Francesco, Udienza generale del 1° maggio 2013).
Sì, il lavoro rende dignitosa la vita dell’uomo e la “realizza”, rendendolo pienamente autonomo. Per questo è fondamentale che sia difeso, tutelato e promosso sempre di più.
Ricordo quanto ha recentemente rilevato l’Anmil (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro): «I numeri mostrano chiaramente che se, da un lato, sono i giovani a pagare il prezzo della precarietà e dell’incertezza, dall’altro sono i lavoratori più anziani a sopportare il peso di condizioni di lavoro spesso logoranti».
È, quindi, essenziale che quanti hanno responsabilità nella vita economica, sociale e politica di un territorio sappiano compiere scelte sagge e ragionate, capaci di offrire prospettive di lavoro, di sviluppo e di benessere integrale a beneficio delle persone e delle famiglie, anche nelle situazioni più complesse e travagliate.
Sento l’esigenza, ancora, di sottolineare quella responsabilità “sociale” più ampia che ogni organizzazione ed impresa economica (industriale, commerciale, del campo dei servizi o del turismo ecc.) deve avere nei confronti del territorio dove è impiantata e che qui attraversa le variegate realtà di Porto Marghera, della terraferma mestrina e della Riviera del Brenta, del centro storico di Venezia e del Litorale.
Ogni azienda, insomma, non è mai un’“isola” ma è continuamente chiamata a rapportarsi in modo virtuoso con il territorio circostante a cui offre molto in termini di risorse e potenzialità ma da cui anche riceve molto.
Rinnovo, dunque, l’augurio che, con le prossime feste del Natale, si accenda per noi una luce di speranza e fioriscano – anche nei luoghi di lavoro – relazioni più calde, solidali e fraterne.
Un ricordo particolare per chi fatica a trovare lavoro, per chi teme di perderlo, per quanti lo desiderano per i loro figli. Sì, perché per i genitori i figli sono la stessa ragione d’essere.
Nel Bambino Gesù, che nasce per noi, ci raggiunga l’amore e la misericordia di Dio che non lascia mai soli e, anzi, ci dona la gioia e la pace che sempre invochiamo e attendiamo. Buon Natale a tutti!
Francesco Moraglia, patriarca