Via Crucis diocesana con i giovani a Marghera
(Dormitorio-mensa “Papa Francesco” / Chiesa parrocchiale Gesù Lavoratore, 28 marzo 2015)
Meditazione del Patriarca mons. Francesco Moraglia[1]
All’inizio, davanti al dormitorio-mensa “Papa Francesco” della Caritas diocesana:
Sta per iniziare il cammino della Settimana Santa, tra la Domenica di Passione e la Domenica di Resurrezione, e siamo invitati a guardare la croce che, istintivamente, è qualcosa che ci dà fastidio, qualcosa che ci disturba e qualcosa che vorremmo evitare.
Gesù ha cercato di dire in tutti i modi, nella Sua vita, chi era Dio e qual era il progetto di Dio sull’uomo. Ha fatto miracoli, ha pronunciato dei discorsi che attiravano le folle e aveva un fascino particolare come uomo ma, alla fine, quando ha dovuto dirci nel modo più vero – nel modo ultimo – chi è Dio e chi è Lui – Gesù – non ha fatto miracoli, non ha fatto un discorso: è salito sulla croce. E allora – qualunque età abbiamo – dobbiamo incominciare a considerare con serietà la croce come luogo di incontro con Dio, luogo della misericordia e della potenza di Dio.
Cerchiamo di coltivare questo pensiero anche se non è facile, non è qualcosa che scatta in noi automaticamente, ma è una grazia grande capire che la croce risponde a tutte le domande della vita di un uomo e di una donna. Non come luogo del dolore, ma come luogo dell’amore e, soprattutto, come luogo in cui noi siamo chiamati a sperimentare, a toccare con mano e a vedere chiaramente la potenza di Dio.
San Paolo, scrivendo ai Corinzi, dice chiaramente: “Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso” (1 Cor 1, 22-23). Questa Via Crucis ci aiuti ad entrare in questa logica della croce come luogo dell’incontro con la potenza di Dio nella nostra vita.
Nella chiesa parrocchiale di Gesù Lavoratore:
Abbiamo accompagnato il Signore in spazi e realtà in cui la Sua croce è attuale, presente, viva e quotidiana: una mensa-dormitorio, un luogo di spaccio, un contesto in cui è facile mettersi al di fuori della società, anche con dei gesti piccoli e quando si è ancora adolescenti… Chiediamo al Signore di non dimenticarci – negli altri giorni dell’anno – che, per queste persone, la Via Crucis continua ed è quotidiana.
Abbiamo ascoltato nell’ultima testimonianza: “Ho incontrato Dio in alcune persone”. E, allora, dobbiamo lasciare questa serata di preghiera con la convinzione – qualunque età abbiamo e qualunque cosa abbiamo fatto nella nostra vita – che Dio oggi potrebbe parlare, attraverso di me, alle persone che incontro.
La Via Crucis non può essere un rito: è l’immersione in un amore più grande del nostro. E più si va avanti nella vita, più si vede che possiamo fare a meno di molte cose. E proprio quelle cose che il mondo ci dice che sono insostituibili, ebbene di quelle cose possiamo fare a meno… Più andiamo avanti nella vita, più vedremo che il mondo ci mente, ci usa, ci considera un mercato e poi ci getta via. Di una cosa ci renderemo conto sempre di più andando avanti nella nostra vita: dell’amore non si può fare a meno.
Mi è stato chiesto di dire qualcosa su quella che forse è la virtù più inattuale, più improbabile o forse più impossibile, soprattutto nel mondo giovanile: la purezza. Tante cose che nel nostro mondo non vanno iniziano da uno sguardo non puro, da uno sguardo che vuole possedere, che vuole ottenere e spremere tutto il piacere possibile, anche se si sa che è falso, effimero ed offende gli altri. In alcune testimonianze abbiamo sentito: “La mia vita si svolge grazie ad un cammino di conoscenze (psicologiche, pedagogiche ecc. ma potrebbero essere anche di altro tipo) e poi c’è la parola di Dio…”. E allora, guardate, il discorso sulla purezza potrebbe terminare qui.
Lui, Gesù, me lo chiede. E Lui non mi chiede delle cose inutili, non mi chiede delle cose false perché è andato in croce per me e non mi ha mentito. Vedete, però, Dio non è solo amore; Dio è anche ragione e senso. I comandamenti – ritorniamo spesso su questo pensiero – non sono buoni perché Dio me li dà, ma piuttosto Dio mi dà i comandamenti perché sono il mio bene.
Pensate un po’ se in una famiglia, nelle relazioni interpersonali, in una città, in un quartiere, in un condominio… per esempio non si mentisse più e ci si dicesse la verità. Allora, non dire falsa testimonianza non è una devozione ma è un modo di farci del bene. Nella vita di un adolescente, di un ragazzo, di un uomo, di una donna la purezza non è una devozione: è qualcosa che ci aiuta a vivere. Incominciamo a pensarci di più in modo eucaristico. L’Eucarestia, che celebriamo ogni domenica, che ci raduna nella gioia della comunità, è il Suo corpo.
Noi non abbiamo un corpo. Ma, molte volte, non abbiamo l’idea di quello che siamo ed allora facciamo ciò che non dovremmo fare… Noi non abbiamo un corpo. Siamo il nostro corpo e il nostro corpo è la nostra persona. Troppe volte noi dividiamo la nostra vita tra gesti intellettuali, gesti spirituali, gesti materiali e gesti corporei… Tra poco celebreremo la Pasqua: Gesù che risorge con il Suo corpo. E il corpo è la persona.
“«Tutto mi è lecito!». Sì, ma non tutto giova. «Tutto mi è lecito!». Sì, ma non mi lascerò dominare da nulla. «I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi!». Dio però distruggerà questo e quelli. Il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza (…) State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!” (1 Cor 6, 12-14.18-20)
Amiamo di più il nostro corpo, rispettiamolo di più. “…tutto – spirito, anima e corpo – è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1 Cor 3, 22-23).
[1] Il testo riporta la trascrizione degli interventi pronunciati dal Patriarca in tale occasione e mantiene volutamente il carattere colloquiale e il tono del “parlato” che lo ha contraddistinto.