Veglia per la Giornata mondiale dei Poveri
(Mestre – Chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù, 17 novembre 2017)
Meditazione del Patriarca Francesco Moraglia
Cari fratelli e sorelle,
la carità non è mai semplicemente un fare qualcosa o organizzare qualcosa. Certamente la carità è anche organizzare qualcosa e fare qualcosa, ma la carità cristiana è soprattutto un’appartenenza, un appartenere al Signore. E, quindi, richiede di avere il suo sguardo, di avere il suo cuore.
Ci possono essere anche persone più capaci di noi nell’organizzare. Ma la carità è una fantasia, è un pensare non secondo il politicamente corretto. La carità nasce dalla nostra preghiera.
Madre Teresa ci dà un insegnamento importante, lei che “praticava” le piaghe purulente dei poveri, morenti per le strade di Calcutta; non voleva che le sue suore, soprattutto le più giovani, uscissero per le strade di Calcutta se non dopo aver fatto due ore di adorazione di fronte al Santissimo Sacramento.
Abbiamo parlato, in questa veglia, di san Francesco d’Assisi; dobbiamo un po’ liberarci da tante immagini che una certa leggenda, certi film, certe canzoni ci hanno dato di Francesco… Il vero Francesco lo troviamo nelle fonti francescane e il mistero di Francesco nasce dall’incontro col Signore: il crocifisso di San Damiano.
Ma il mistero di Francesco nasce soprattutto quando riesce a vincere la repulsione che lui aveva nei confronti dei lebbrosi. I primi conventi francescani – lo ricordo – erano dei lebbrosari e chi era il lebbroso nel Duecento? Era colui che veniva “dimesso” dalla comunità sociale. Il lebbrosario era un luogo di morte sociale; chi entrava lì non usciva più ed anzi, quando una persona entrava nel lebbrosario, gli si celebrava la messa perché ormai non apparteneva più al mondo dei viventi e non c’era più niente da fare… La lebbra era inguaribile, contagiosa e pericolosa; spaventava e veniva anche considerata una maledizione.
Francesco vince questa repulsione; spontaneamente evitava di incontrare i lebbrosi ma ad un certo punto, dopo aver incontrato il Signore, ha il coraggio di abbracciare e baciare il lebbroso e di andare a stare con loro. I primi conventi francescani sono appunto i lebbrosari, quei luoghi maledetti, quei luoghi impraticabili, quei luoghi fuori del mondo. Questa è la grande lezione di Francesco.
Dobbiamo riscoprire l’incontro col Signore per vincere quella resistenza alla povertà e all’altro che è dentro di noi, perché l’uomo vecchio abita in noi. E allora la prima conversione che dobbiamo fare è nei confronti di noi stessi.
Solamente vincendo questo uomo vecchio che ragiona come il mondo, che ragiona secondo i criteri del mondo, che desidera le cose che desidera il mondo, che parla le parole del mondo, solamente vincendo noi stessi e costituendo delle piccole comunità libere noi possiamo essere quella testimonianza del Vangelo che mette in crisi gli altri.
Tra pochi giorni, ai giovani che parteciperanno al pellegrinaggio della Salute, parlerò di Madaleine Delbrêl. Era atea. Bisognerebbe leggere il tema che scrisse a diciassette anni e ci farebbe rabbrividire per l’intelligenza di questa ragazza che arriva a tirare le conseguenze dell’ateismo; non nega Dio e poi vive come se Dio esistesse…
Va a vivere nella cintura operaia di Parigi, siamo nel 1930 ad Ivry. Incontra i comunisti, deve combattere contro il fascino dell’ideologia marxista e decide di amare i marxisti prendendo le distanze dal marxismo. Vive in una piccola comunità di tre sorelle e si accorge che portare la divisa scout può essere qualcosa che la allontana, secondo il pregiudizio di queste persone; allora toglie anche quella divisa, ma non si spoglia del Vangelo e rimarrà sempre critica nei confronti di chi non sa rimanere attaccato al Vangelo e lo declina interpretandolo ora secondo una cultura, poi un’altra e un’altra ancora. È assistente sociale, una delle sorelle con cui vive è maestra, un’altra è infermiera. Il segretario del partito e il sindaco vanno da lei e le domandano di essere presente in mezzo a questa gente.
Se noi leggiamo il Vangelo con la Chiesa che è il corpo di Cristo, possiamo andare ovunque. Non dimentichiamo mai il rischio di leggere il Vangelo come ci viene bene, come ci viene detto, come può essere più opportuno, come può essere gradito da chi lo andiamo ad annunciare…
Torniamo a questo Vangelo che nasce da Betlemme, e prima ancora da Nazareth, che accompagna sempre il Signore Gesù in tutto il suo cammino terreno e che poi ci viene consegnato da Lui morto e risorto; questo è il Vangelo di Francesco, questo è il Vangelo di Madre Teresa, questo è il Vangelo di Madeleine Delbrêl, al di fuori di ogni ideologia, di ogni pensiero umano, di ogni comodo accomodamento ideologico e le ideologie si possono chiamare marxismo, nazismo, fascismo, anche gender…
C’è la povertà del corpo, c’è la povertà dello spirito, c’è la povertà dell’intelligenza. E allora sposiamo le opere di misericordia corporali e spirituali e impegniamoci a sposarle tutte – le une e le altre – e allora vedremo che il Vangelo è quella testimonianza “pericolosa” per il mondo, sanamente critica e capace di ricostruire non alcuni pezzi dell’umanità ma l’umanità intera: i corpi, le anime, lo spirito.