Pellegrinaggio diocesano dei giovani alla Madonna della Salute
(Venezia, 20 novembre 2023)
Traccia dell’intervento del Patriarca Francesco Moraglia
“Che cosa cercate?” (Gv 1,38); “Chi cercate?” (Gv 18,4); “Chi cerchi?” (Gv 20,15). Colpisce come la prima parola di Gesù, nel Vangelo, sia una domanda!
Le domande non tranquillizzano, anzi mettono in crisi, chiamano in causa, provocano, stimolano e fanno uscire dal proprio io. Eppure le domande nella nostra vita sono fondamentali ed è un errore archiviare una domanda senza almeno tentare una risposta. Una domanda suscita una risposta a cui segue, spesso, un’altra domanda…
Quando tutti facciamo la stessa cosa, quando il mio look è la fotocopia di quello degli altri, quando si parla tutti nello stesso modo, allora – ecco la domanda! – siamo più vicini alla verità oppure facciamo parte di un gruppo di manipolati che credono d’essere liberi? Quando mi interrogo, le mie domande sono “libere” e “aperte”?
Gesù, ai primi discepoli che lo interrogano, non risponde e non dice dove abita ma li invita a seguirlo: “Venite e vedrete” (Gv 1,39). Una domanda non tranquillizza mai, piuttosto disturba e ti chiede d’alzarti per costruire, insieme, una risposta. Sì, insieme, perché siamo persone e non individui. Francesco d’Assisi, Massimiliano Kolbe e Madre Teresa di Calcutta hanno dato una risposta personalissima alla domanda di Gesù – “Che cosa cercate?” (Gv 1,38) – e anche al suo invito: “Venite e vedrete” (Gv 1,39).
Le domande che Gesù pone ti riguardano, sono rivolte a te; non sono quesiti teologici o filosofici, riguardano la tua vita. E poi Gesù accompagna sempre la sua domanda con: “Se vuoi…” (cfr. Mt cap.19). Gesù vuole persone libere e che lo seguano liberamente. Sì, per Gesù la tua libertà è la condizione per poter andare con Lui.
Tutti, in questi giorni, siamo stati scioccati dalla vicenda di Giulia e Filippo! Giulia è la 103esima donna uccisa da un uomo dall’inizio di quest’anno. Siamo vicini al papà, alla sorella, a tutti i suoi familiari ed amici.
Cosa porta un uomo a pensare che una donna sia un oggetto di sua proprietà? La mancanza di umanità, l’incapacità di avere relazioni personali, il non essere cresciuti come uomini. Il rispetto è la base dell’amore: se non rispetto una persona non la amo. La libertà non è un assoluto (e qui quanti cattivi maestri ci sono!): io sono libero se considero la libertà altrui una linea invalicabile.
Nel rapporto di coppia il rispetto si costruisce nelle piccole cose, quelle di ogni giorno. E se si avverte che si è soli in tale impresa, allora si deve accettare che tale rapporto è impossibile. Nel rapporto tra amici, tra ragazzo e ragazza, tra fidanzati, non si può dire: ho scherzato, ero stanco, ti ho voluto mettere alla prova e… mille altre espressioni simili che sono solo comode vie di fuga e, in fondo, bugie.
L’altro, nel rapporto di coppia, è colui che mi fa crescere se con lui imparo ad entrare nel pronome “noi”. La libertà, nel rapporto di coppia, è essere liberi “con” l’altro, “insieme” all’altro, “per” l’altro. In un rapporto di coppia vero, inoltre, l’altro non è colui o colei che deve risolvere, di volta in volta, i miei problemi, facendomi sentire a mio agio, dandomi quello che non ho o che credo di non avere. Un reale rapporto affettivo deve essere voluto e preparato da entrambi, mantenuto vivo da entrambi, costruito e ricostruito da entrambi, altrimenti si finisce per farsi del male o perdere tempo. Il rapporto di coppia va verificato insieme e non certificato in modo unilaterale, come fosse a discrezione di una sola parte.
I discepoli di Gesù, infine, anche come coppia, camminano con il Signore e non temono di confrontarsi con le pagine del Vangelo in cui Gesù apre strade nuove rispetto a quello del buon senso comune, perché Lui non è venuto a portarci il buon senso del mondo ma la verità di Dio, anche nel rapporto affettivo tra la donna e l’uomo. Una di queste strade è il pregare insieme e il perdonarsi a vicenda.