Meditazione del Patriarca durante il pellegrinaggio dei giovani alla Madonna della Salute (Venezia, 20 novembre 2015)
20-11-2015

Pellegrinaggio dei giovani alla Madonna della Salute[1]

(Venezia, 20 novembre 2015)

 

Intervento del Patriarca mons. Francesco Moraglia nella Basilica di San Marco

 

 

 

Siamo, come ogni anno, alla vigilia della grande festa della Salute, il nostro pellegrinaggio. Siamo anche però nell’imminenza dell’anno giubilare. Il Santo Padre, infatti, aprirà la Porta Santa il prossimo 8 dicembre, mentre noi invece apriremo la Porta Santa di questa cattedrale il 13 di dicembre. Siamo anche nell’imminenza dell’Avvento, questo tempo breve che ci prepara alla notte del Santo Natale.

 

Siamo però cittadini e viviamo nel mondo, camminiamo con gli uomini e le donne del nostro tempo e non possiamo non portare con noi la sofferenza dei fatti di Parigi e, oggi, in particolare il ricordo di Valeria Solesin. Camminiamo nel mondo ma abbiamo il dono della fede. E vorrei proprio che, in questi minuti, noi pensassimo come ragazzi e ragazze che si sforzano di leggere la loro vita all’interno del progetto di Dio.

 

Ci stiamo incamminando anche verso la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia. Il Papa ci ha dato un’indicazione, un programma, un progetto: “Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia”. E il nostro pellegrinaggio – come ci ha ricordato don Pierpaolo – si gioca su quella frase di Maria: “Ricordandosi della sua misericordia”.

 

Guardate! La cosa più importante che avete è il vostro cuore. Non lasciatevelo portare via da nessuno. Il cuore, il vostro cuore… siete voi. E ciò di cui hanno più bisogno le persone che incontrerete nella vita, e che conteranno su di voi, è proprio il vostro cuore. Per questo vi dico: non lasciatevelo portare via da nessuno. Ma guardate che, molte volte, siete voi che ve lo portate via…

 

In un bel commento fatto poco fa di giovani di Quarto D’Altino si è parlato della lebbra: è ciò che mi divora, è ciò che mi azzera, è ciò che mi spaventa, è ciò che mi scoraggia, è ciò che mi fa ragionare in termini di “io” escludendo gli altri. Sono i pregiudizi – come è stato detto -, l’indifferenza, la mancanza di valori e di ideali. Sono la dipendenza da droga che, almeno all’inizio (attenti!) è una scelta libera anche se poi, incamminandosi su quella strada non si rimane più liberi… Oppure è banalizzare il sesso, dire e comportarsi con una persona come se gli volessimo bene e invece il giorno dopo non sappiamo neanche più chi è…

 

Ecco, allora, l’idolatria delle cose che ci rubano il cuore. Ecco le povertà e le dipendenze della società ricca e occidentale, l’idolatria del cellulare, dei social network, l’egoismo, la falsità, l’avidità, la paura di non essere amati e però anche la paura di amare, perché amare costa (molto)… La lebbra della fretta, del voler far tutto, le aspettative degli altri su di noi che ci divorano… Prima parlavate anche di peccati più o meno consapevoli ma io sottolineo anche le occasioni mancate di bene.

L’Anno giubilare è l’Anno della Misericordia, l’anno in cui dobbiamo tutti – noi preti e voi adolescenti – riscoprire insieme il sacramento della riconciliazione, tornare a gioire insieme del perdono del padre, dire anche noi come il figlio più piccolo della parabola evangelica: “Mi alzerò, andrò da mio padre…” (Lc 15, 18).

 

Mentre ci stiamo incamminando verso la nostra basilica della Salute, che noi veneziani amiamo molto, guardiamo Maria che è la prima discepola. E guardate che non c’è vocazione se non c’è missione, cioè se non andiamo. Maria è la prima discepola; è lei che ha detto per prima “sì” a Gesù. Ma Maria, come prima discepola, è anche la prima annunciatrice; con passo premuroso si ricorda della cugina Elisabetta e porta il suo “sì”, che era diventato Gesù. Vi lascio, allora, questo pensiero: il vostro “sì “ è Gesù che si forma in voi. E allora, finalmente, avete da dare non qualcosa ma “Lui” agli altri.

 

Concludo con una piccola storia. Anche Gesù raccontava quelle che chiamava parabole; non erano fatti realmente accaduti ma davano un insegnamento. Io ne ho trovata una e ho ricostruito una storia che mi aveva colpito quando avevo la vostra età. Potremmo intitolarla: “Incontrare Dio”.

 

C’era una volta una persona (e qui ognuno di noi metta se stesso)… C’era una volta una persona che pensava di essere un buon cristiano e, per questo, era anche solito dedicare del tempo alla preghiera. Un giorno, durante la preghiera, sentì la voce di Dio che gli diceva: “Oggi verrò a farti visita”. Figuratevi la gioia di quella persona che si riteneva un buon cristiano (una buona cristiana)… Allora cominciò a pulire e risistemare la casa, a preparare qualche dolce da offrire, si mise il vestito più bello e cominciò ad attendere l’arrivo di Dio.

 

Dopo un po’ qualcuno bussò alla sua porta, corse ad aprire ma era solo la vicina di casa che chiedeva un po’ di cera perché doveva riordinare la casa. Eravamo sotto Natale e di corsa, di fretta, mal volentieri, andò a prendere quello che gli veniva chiesto. Poi la vicina si stava dilungando e pensava e diceva: “Per amore di Dio vattene, purtroppo non ho tempo… (Quante volte noi non abbiamo tempo!). Sto aspettando Dio, ci vedremo dopo…”. E chiuse la porta in faccia alla vicina che se ne andò un po’ mortificata.

 

Poco dopo di nuovo bussarono alla sua porta, si risistemò di corsa, andò ad aprire e c’era un ragazzo che vendeva delle cartoline di auguri per Natale. Ne comprò qualcuna di corsa, infastidito, e chiuse la porta di nuovo dicendo: “Non ho tempo, devo andare, aspetto una persona importante. Ci rivedremo un’altra volta”. E chiuse di nuovo la porta.

 

Poco dopo bussarono di nuovo alla sua porta, preparò il miglior sorriso di cui era capace e si trovò davanti il portinaio che gli consegnava degli oggetti ma non lo guardò in faccia, non gli fece gli auguri di Natale tanto meno gli allungò un po’ di mancia… Il portinaio cercò di dirgli qualcosa ma di nuovo borbottò: “Sto aspettando Dio”. Il poveretto se ne andò zoppicando e questa buona persona si dispose di nuovo ad aspettare Dio.

 

La giornata passò ora dopo ora, venne la sera e… Dio non si era fatto vedere. Questa buona persona era profondamente delusa. Alla fine decise di andare a letto, si addormentò subito e incominciò a sognare. Nel sogno gli apparve Dio che disse: “Oggi per tre volte ho bussato alla tua porta, sono venuto a visitarti e per tre volte non mi hai ricevuto”.

 

 

 

 

 

 

[1] Il testo qui riportato – non rivisto dall’autore – è la trascrizione dell’intervento pronunciato dal Patriarca in tale occasione e mantiene volutamente il carattere colloquiale che lo ha contraddistinto.