Meditazione del Patriarca ai Secondi Vespri della V domenica di Pasqua con il rito dell’ammissione all’ordine sacro di un seminarista (Venezia / Basilica della Salute, 14 maggio 2017)
14-05-2017

Secondi Vespri della V domenica di Pasqua con il rito dell’ammissione all’ordine sacro di un seminarista (Venezia / Basilica della Salute, 14 maggio 2017)

Meditazione del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Abbiamo appena ascoltato un testo importante del Nuovo Testamento e in cui torna il tema del culto a Dio. Al di là di tutte le cose che siamo chiamati a fare, infatti, ce n’è una che è essenziale per tutti: la preghiera, l’essere un popolo sacerdotale, il dare culto, lode, adorazione e ringraziamento a Dio nella nostra vita e con la nostra vita. La liturgia ha come fine ultimo proprio questo.

Caro Filippo, mi rivolgo a te e ai seminaristi in particolare ma mi rivolgo a tutti: ogni uomo è una vocazione! Anche quando una mamma o un papà stringono tra le braccia un “batuffolo” di pochi mesi, stringono tra le braccia un atto di amore concreto di Dio, un progetto di Dio, una sapienza di Dio. Dio – da sempre – ci pensa ed ha un progetto su ciascuno di noi; sta a noi scoprire qual è il progetto di Dio sulla nostra vita e questo è il discernimento. Il discernimento non consiste nello scoprire che cosa ci piacerebbe fare o essere; il discernimento è scoprire il progetto che Dio ha su di noi, sulle persone che amiamo e alle quali vogliamo bene. Il Seminario è luogo e tempo di discernimento.

Oggi, caro Filippo, per te si conclude una tappa importante di questo discernimento e da oggi inizia per te un percorso nuovo, di maggiore responsabilità. Da oggi sai di essere stato considerato idoneo al percorso sacerdotale; finora poteva essere un tuo desiderio, una tua volontà, un tuo progetto. Da oggi sai che quel tuo progetto, quella tua volontà, quel tuo desiderio hanno il sì della Chiesa. Non hai, ovviamente, ancora la certezza; devi, però, sentirti maggiormente coinvolto.

La formazione, cari seminaristi, è un dialogo tra Dio e voi, un dialogo che Dio intrattiene – talvolta è ben più di quello che voi possiate immaginare – direttamente con voi. Il tempo della preghiera non è il tempo in cui noi diamo qualcosa a Dio ma è il tempo in cui Dio mi parla ed io Gli parlo; è il tempo in cui io cresco nella sapienza e nell’intelligenza; è il tempo più importante della mia giornata, fossi anche l’uomo più importante e indaffarato del mondo… Caro Filippo, io ti auguro di comprendere prima di tutto questo: alla mattina, le primizie vanno date al Signore.

Il Signore, poi, dialoga con noi – con ciascuno di voi e mi riferisco in modo particolare ai seminaristi – attraverso degli intermediari umani e, tra questi, ci sono i superiori; loro non sono le bandierine dello slalom, che vanno evitate senza scontrarle… I superiori non sono infallibili – non lo ha mai detto nessuno – e non è detto che siano i più santi; non è detto neppure che siano i più intelligenti e migliori degli altri, ma sono i tuoi superiori e cioè coloro che il Signore ti ha messo dinanzi.

I superiori hanno quella “grazia di stato” che non vuol dire – ripeto – infallibilità; hanno però un aiuto particolare del Signore per cui – se si rendono disponibili a loro volta nella preghiera, nella prudenza e nella pazienza interpretano nella nostra vita la volontà di Dio – Dio si serve di loro. La prima cosa che devi fare, caro Filippo, è quindi pregare per loro. E poi li devi aiutare avendo fiducia in loro. Io so già che tu preghi per i tuoi superiori e hai grande disponibilità nei loro confronti. Sarebbe triste la condizione di chi gioca con i superiori, si nasconde al loro sguardo, crede di saperne più di loro e, di nascosto, è sempre impegnato a fare quello che preferisce accampando pretesti; cerca magari il “meglio teologico”, una cultura più profonda, un’educazione diversa ma tutto questo, invece, corrisponde ad una grande autoreferenzialità. San Benedetto dice che il monaco può essere guida per gli altri quando supera il desiderio di vendicarsi, la sensualità e l’autoreferenzialità; solo allora il monaco è pronto per guidare altre persone nella via della santità.

Se un tale seminarista – quello che delineavo prima – arrivasse ad essere prete… che prete potrà mai essere? Se noi grandi diciamo ai ragazzi che il loro essere adulto dipende molto dalla loro adolescenza, allora al seminarista dobbiamo dire: il tuo essere prete dipenderà molto dal modo in cui sei stato seminarista, perché il Seminario è tempo di discernimento e di grazia. Caro Filippo, cari seminaristi, la vita spirituale è ciò che vi plasma dentro e fuori; spiritualità vuol dire vita di fede, di speranza, di carità. La spiritualità di un uomo, di una donna, di un prete, di una religiosa è il motore, è il fondamento, è l’impalcatura del loro essere uomo, donna, prete, religiosa.

Un’altra cosa, ancora: vorrei parlare brevemente dell’abitudine. L’abitudine appartiene al vivere umano e l’uomo vive grazie all’abitudine; l’abitudine è ciò che ci permette di fare, facilmente e speditamente, le cose semplici di tutti i  giorni. L’abitudine non è mai qualcosa di neutro; o è buona o è cattiva abitudine. E noi, così, le chiamiamo virtù o vizi. L’educazione cristiana parla di virtù morali e teologali; il cardine, il fondamento e l’inizio della spiritualità sono le virtù teologali, in esse si contiene tutto, ma ci sono anche le virtù morali.

Un prete non può non essere prudente con sé e con gli altri; non può non essere giusto al di là delle simpatie e delle antipatie; non può non essere forte perché, se manca il coraggio e la fortezza, noi azzeriamo tutte le altre virtù che possiamo avere; un prete non può non essere pacato con sé e con gli altri ma come lo potrà essere di fronte alle tante, infinite, sollecitazioni del ministero se non ha incominciato ad essere un seminarista prudente, giusto, forte, pacato con sé e con gli altri? Discernere non è  abbassare l’asticella al nostro livello, ma innalzare noi alle esigenze del Vangelo. Gesù parla di una strada stretta, del perdono, della pazienza – sono le esigenze del Vangelo – nella convinzione che Lui è la nostra grazia e non ci lascia mai soli.

Sì, caro Filippo, il Vangelo sia il tuo discernimento, il tuo criterio di giudizio su di te e sulla vita. E, se un’esegesi direttamente legata al testo del Vangelo non risulta sempre facile o immediata, guarda ai santi che sono i veri esegeti del Vangelo. I santi, magari, non conoscevano in modo scientifico la Bibbia, la teologia e la pastorale ma le avevano nel cuore. E questo, beninteso, senza mai prendere le distanze dallo studio che è essenziale nella vita di un prete, di un seminarista, di chi si prepara al ministero ordinato; ricordiamo sempre quello che diceva Santa Teresa d’Avila e che rimane attualissimo: il prete santo è santo per sé ed è una grande cosa, ma il prete preparato è maestro, è guida per chi si rivolge a lui con il diritto di avere una risposta secondo il Vangelo e non secondo l’opinione personale o secondo la cultura dominante. Sì, una risposta degna del Vangelo e non secondo la logica del mondo o secondo le nostre opinioni personali è ciò che dobbiamo maturare nel tempo del Seminario.

Caro Filippo, cari seminaristi, camminate sempre con fiducia e guardate alla prima discepola – la Vergine Maria – che è auxilium christianorum e regina apostolorum.