LE OMELIE NATALIZIE 2001/2002
 Notte di Natale, giorno di Natale, ultimo dell'anno, primo dell'anno
25-12-2001

NOTTE DI NATALE 2001
Basilica di San Marco, 25 dicembre 2001

Fratelli e sorelle carissimi,

1. perché questa notte noi vegliamo e, nonostante la stanchezza e la consapevolezza di vivere in una stagione drammatica, abbiamo il cuore pieno di speranza?
Perché oggi è nato il Salvatore e la pace vera è scesa a noi dal cielo.

Nella prima lettura che abbiamo ascoltato il profeta Isaia ci ha detto: ‘Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce ‘ Un bambino è nato per noi”.
L’apostolo Paolo ha proclamato che ‘è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini’ Gesù Cristo ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità”
L’evangelista Luca infine ci ha svelato il mistero di questa santa notte. Egli ci ha parlato dell’editto dell’Imperatore Cesare Augusto che ordinava il censimento di tutta la terra. E proprio quest’ordine del grande Cesare portò Giuseppe, con Maria sua sposa, che era incinta, da Nazaret a Betlemme, la città di Davide, dove doveva nascere il Messia.
Mentre si trovavano a Betlemme, venne per Maria il tempo del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’albergo.
Il bambino è Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo.
C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte, facendo la guardia al gregge. Un angelo del Signore apparve loro e un nimbo di luce li avvolse.
Essi si spaventarono. Ma l’angelo disse loro: ‘Non temete. Vi annunzio una grande gioia: oggi, nella città di Davide, vi è nato il Salvatore. Andate: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia’
Si aggiunse poi una moltitudine di angeli che cantavano: ‘Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini che Dio ama’.
Così, in una notte oscura e fredda, fra povera gente, avvenne l’evento più grande per la salvezza dell’uomo. A Betlemme, il Figlio di Dio si è fatto uomo per la nostra salvezza.

2. Di fronte a qu
esto evento noi ci mettiamo in ginocchio. E adoriamo: ‘O mistero stupendo, o scambio mirabile, Dio assume la nostra umanità per donarci la sua divinità; perché anche noi diventiamo realmente figli di Dio’.

2.1 Certo ci sconvolge la povertà del modo con cui il Figlio di Dio fatto uomo è nato; come ci sconvolge che il primo Natale del nuovo millennio avvenga in un clima di guerra e che, proprio Betlemme, sia segno di odio e non di pace, come cantavano gli angeli.
Però non dobbiamo temere. Al di sopra di ciò che gli uomini possano fare, è Dio che conduce la storia. Egli sa scrivere la nostra salvezza anche nelle vicende umane più tenebrose.
L’amore di Dio che si rivela a Betlemme prenderà corpo nel Crocifisso: fra la mangiatoia di Betlemme e il legno delle croce si tesse la storia della nostra salvezza. E’ un mistero sconvolgente. Un amore senza misura.

2.2 Gesù nasce come un rifiutato, povero fra i più poveri. Per lui non c’era posto nell’albergo. Ma il Figlio di Dio rifiutato, non ci rifiuta. La sua nascita è un dono di salvezza per tutti. E la sua povertà dà dignità a tutti i poveri, chiamati anche loro, come ogni uomo in questa notte, figli di Dio.

2.3 Gli angeli annunziando la nascita di Gesù ai pastori la congiungono al dono della pace.Oggi nel mondo non c’è pace: nella terra di Gesù, persino a Betlemme, c’è guerra.
La guerra è la più radicale negazione del Natale. Gesù viene annunziato come ‘Principe della pace’, mentre la guerra è il rifiuto della paternità di Dio, della fraternità fra gli uomini; le guerre travolgono i poveri in situazioni sempre peggiori.
In questa notte si deve alzare la nostra invocazione della pace e il nostro rifiuto della guerra.
3. Maria, povera e piccola creatura, ha creduto all’amore di Dio che l’ha voluta Madre del Figlio suo; ha accettato la povertà e l’umiliazione di non poter dare al Figlio di Dio, che nasceva da lei, quel trattamento che ogni madre desidera per la creatura che porta in grembo.
Ella ha vissuto nel
silenzio mite gli avvenimenti in cui Dio l’andava coinvolgendo, li custodiva nel cuore, ripensandoli e meditandoli.
Maria ci ottenga la grazia di comprendere il mistero di amore che questa sera avvolge anche noi, perché lo accogliamo nel cuore: è Gesù che vuole salvarci.
Buon Natale a tutti!
Marco card. Cè

NATALE 2001
Messa del Giorno

Fratelli e sorelle carissimi, Buon Natale a tutti!
1. Il nostro augurio non esprime solo un desiderio di bene: celebrando l’Eucaristia noi riceviamo realmente dalle mani del Padre il Salvatore Gesù. Noi ci accostiamo con venerazione nella grotta; in realtà, se abbiamo fede, noi lo riceviamo nel cuore: ‘Cristo, mediante la fede, abita nei nostri cuori’.

Mentre godiamo del Natale che stiamo celebrando, non possiamo esimerci dal ricordare le sofferenze che sono in atto nel mondo: in Afghanistan, in Argentina e in altre regioni segnate dalla violenza e dalla povertà. Come possiamo dimenticare le quotidiane drammatiche violenze nella terra di Gesù, non esclusa Betlemme dove Egli è nato.
Ricordando la realtà in cui viviamo, noi imploriamo Dio perché doni la pace al mondo: pace nella giustizia. Senza giustizia non c’è pace, senza pace non c’è Natale.
Gesù è la nostra pace. Egli è riconciliazione fra Dio e l’uomo, è demolizione del muro che separa le culture, i colori della pelle, le stesse religioni: perché la diversità, che va salvaguardata, non diventi inimicizia.

2. Noi oggi celebriamo l’evento centrale della nostra salvezza: il dono del Figlio di Dio fatto uomo. Il Natale non è solo memoria; è incontro reale con il Figlio di Dio incarnato: un incontro di fede che ci salva.
La prima lettura, tratta dal profeta Isaia (52, 7-10) è un inno di gioia perché noi ‘vediamo con i nostri occhi’ il dono del Signore. Certo noi non lo vediamo con gli occhi della carne, ma con quelli della fede.
Oggi però, quel Dio che nessuno ha mai visto, assumendo la nostra umanità nel grembo di Maria, si è reso visibile. Tutti i confin
i della terra hanno veduto la salvezza del Signore: Gesù appartiene alla storia dell’umanità.
E’ quanto afferma anche la lettera gli Ebrei (1, 1-6): in Gesù Dio ci ha svelato la sua realtà, per noi inaccessibile. E il Vangelo (Gv 1, 1-18) ha proclamato la verità che è il cuore del Natale: ‘Il Verbo si è fatto carne e ha posto in noi la sua dimora’ (v. 14). Il Verbo è il Figlio di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato; Lui si fa uomo perché, credendo, noi pure possiamo diventare, ‘figli nel Figlio’.
Lui è venuto a rivelarci ciò che nessun occhio mai poté vedere di Dio e nessuna intelligenza comprendere: Lui ce lo rivela, perché viene da Dio stesso.

3. Il Figlio di Dio, incarnandosi, assume la nostra umanità e dona a noi la propria divinità.
Questo è il fondamento di una dignità assolutamente nuova e singolare, donata a ogni uomo ‘per grazia’: noi siamo veramente figli di Dio. Dio Padre ci chiama come chiama Gesù: ‘Figlio mio sei tu, io oggi ti ho generato’.
E noi chiamiamo Dio come lo chiamava Gesù: ‘Abbà’, che significa ‘padre’.

Questo comporta anche una radicale fraternità con tutti gli uomini, al di là di ogni differenza di razza, di cultura e di religione. Gesù ha portato a compimento quest’opera sulla croce, quando ha distrutto il peccato che è ‘divisione’.
Questo fonda il dovere e la possibilità della pace nella giustizia. L’abbiamo già detto: senza giustizia non c’è pace. Fonda anche il dovere e la possibilità della solidarietà fra ricchi e poveri e della condivisione di quei beni che Dio ha creato per tutti i suoi figli.

4. In questo modo l’incarnazione del Figlio di Dio ha la forza di cambiare la storia dell’uomo e di creare nuove relazioni.
Tutto questo, però, va tradotto in comportamenti concreti. Ogni giorno noi possiamo compiere gesti di pace, di giustizia e di condivisione.
In Gesù Dio si è dato tutto per noi: anche noi dobbiamo dare alla nostra vita un’impostazione che ci consenta di dedicare almeno un po’ del nostro tempo, ol
tre che del nostro denaro, agli altri.
Il volontariato, soprattutto quello a favore dei poveri, degli anziani, degli ammalati, dei carcerati, dei più deboli della terra (penso a quanti si dedicano nei paesi sottosviluppati ad aiutare i missionari e le popolazioni indigene nel loro faticoso cammino di sviluppo, nell’impegno per liberarsi da malattie come l’AIDS; penso anche a tanti, uomini e donne, che per questo scopo hanno dato la vita) ecc… è una delle forme più alte del dono di sé, che trova nel mistero dell’Incarnazione il suo fondamento.
Il volontariato gratuito va quindi apprezzato, proposto e sostenuto come uno dei valori più efficaci per rinnovare la mentalità della comunità cristiana e della stessa società civile.

5. Gli angeli che hanno annunziato ai pastori la nascita di Gesù, a un certo punto hanno fatto coro e hanno cantato: ‘Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace tra gli uomini, che Egli ama’ (Lc 2,14).
La gloria di Dio si riflette nell’uomo che accetta nella fede il dono della filiazione divina e la pace è il dono che Dio fa ai suoi figli. Ma anche la pace, come ogni dono di Dio, non ci esime mai dalla nostra collaborazione: essa si costruisce con le nostre mani e deve prendere corpo in opere e atteggiamenti di pace.
Solo così il mondo cambierà. Così si creerà una cultura nuova. Così si influirà anche sulla politica, sulle istituzioni: attraverso una mentalità di pace che traduca, in termini umani, l’amore di Dio per l’uomo, rivelato nel mistero del Natale.
Il Signore doni al mondo un Natale di pace. A tutti doni la grazia di viverlo nella speranza e nella consolazione dello Spirito.

Buon Natale a tutti.
Marco card. Cè

MESSA DI RINGRAZIAMENTO
Basilica di San Marco, 31.12.2001

Carissimi,

1. stiamo per chiudere il primo anno del nuovo millennio. L’abbiamo iniziato con gioia. Il Papa in una Lettera Apostolica l’aveva intonato nel segno della speranza e, contemplando il volto del Salvatore, ci aveva esortato a ‘gettare le reti’ e a intraprendere con fiducia il cammino di costruzione di un mondo nuovo, nel segno della fraternità, della giustizia e della pace.

Repentinamente l’evento dell’11 settembre ci ha messo di fronte alla drammaticità della nostra storia: esso non ha fatto soltanto migliaia di morti innocenti, evocando il ricordo crudele del secolo che sta per chiudersi, ma ha messo a nudo tutte le contraddizioni del nostro presente: un mondo dove la divaricazione fra nord e sud diventa sempre più inammissibile; dove si moltiplicano i focolai dell’estremismo violento; dove la stessa terra di Gesù è diventata segno di violenza; dove le diversità di razza, di cultura, persino di religione, invece che ricchezza di umanità, diventano fonte di violenza.

L’inizio del millennio è stato così segnato dagli scontri razziali e religiosi e dalla guerra. E non ci è dato sapere quanti siano i morti: tutti siamo sgomenti della violenza che non ha risparmiato nessuno; né donne, né vecchi, né bambini.
Che il Signore ci conceda di non abituarci a ciò che ogni giorno vediamo in televisione e di ribellarci con tutte le nostre forze al silenzio che gli stessi mezzi della comunicazione stendono su taluni aspetti dei nostri giorni cattivi.

2. Guardando gli occhi sgomenti di tanti bambini che soffrono ‘ e non sanno neanche quanto soffrono, perché hanno sempre sofferto ‘ io mi chiedo: ma che cosa ci può salvare se non un supplemento di pietà e di misericordia?
Se la parola perdono è politicamente scorretta e non trova più spazio nel cuore, dove possiamo appoggiare la speranza?

Dio. Ma c’è ancora spazio per Dio?
In questi giorni, riflettendo sul Natale, sono rimasto colpito dal fatto che Gesù nasca come un rifiutato, ridotto in una stalla e che sua madre, che lo attendeva con tanto amore, non abbia avuto per culla dove deporlo, che una mangiatoia.
Però ‘ questo è il mistero mirabile! – il Figlio di Dio non si è lasciato vincere dal rifiuto e dal male del mondo, ma si è donato. Ha assunto un corpo, per esserci fratello, – fratello di ogni uomo ‘ per camminare e patire con noi, per offrirsi per noi sulla croce. C’è un nesso misterioso e strettissimo fra il legno della mangiatoia e quello della croce.
Un dono il Natale, un dono la croce.

3. Come lo chiamiamo questo amore che, rifiutato, non desiste, ma procede regale fino alla croce?
Alcuni scrittori antichi, grandi credenti, con estrema audacia, hanno chiamato ‘folle’ l’amore di Dio rivelatosi in Gesù.
In questo amore assolutamente inspiegabile ‘ folle, diciamo anche noi con trepidazione ‘ si fonda la nostra speranza, in una stagione in cui essa sembra sconfitta dai fatti.

4. Se ci mettiamo in attento ascolto della Parola di Dio, noi sentiamo parole che non ci meritiamo. Eppure Dio le pronuncia per noi: ‘Il Signore vi benedica’ vi doni la pace… Dio mandò suo Figlio, nato da donna, per riscattarci’ e per farci figli”.
Un bambino è nato per noi: gli venne imposto per nome ‘Gesù’, che vuol dire: ‘Dio salva’.
E’ stupendo pensare che questo nostro anno che sta per chiudersi sia amato da Dio e sia, nonostante tutto, tenuto nelle sue mani, che sono buone mani paterne.
Dio Padre in Gesù ci salverà!

La nostra speranza sta nel credere che in ogni uomo che piange, che soffre, che muore, c’è Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, che piange, che soffre, che muore. L’ha detto lui: ‘Avevo fame, e mi avete dato da mangiare’.
Ed è proprio questa presenza nella nostra storia del Figlio di Dio fatto uomo che ci sostiene nella certezza che la nostra speranza non andrà delusa.
Questa fede però ci dice anche che i nostri cuori e le nostre mani devono essere attivi e operosi.
La pace è dono di Gesù, ma va giorno per giorno costruita da noi: con pensieri, atteggiamenti e gesti di pace, cioè di giustizia, di condivisione e di fraternità.

5. Mentre affidiamo all’infinita misericordia del Padre l’anno che sta per chiudersi chiedendo perdono per i nostri peccati, noi lo ringraziamo per averci custoditi in questo anno: per questo, alla fine della Messa, canteremo il ‘Te Deum’.
Nello stesso tempo però dobbiamo essere convinti che il mondo incomincerà a cambiare quando ciascuno di noi si metterà in ascolto del Vangelo e cambierà la sua vita.
La Santa Madre di Gesù ci aiuti a custodire nel cuore la lieta notizia del Natale, perché ne facciamo un lievito di vita nuova.

Buona fine e buon inizio d’anno a tutti.
Marco card. Cè

SOLENNITA’ DELLA SANTA MADRE DI DIO
Basilica di San Marco, 1 gennaio 2002

Carissimi,
Buon Anno a tutti!

1. Ringraziamo il Signore per il dono di questo nuovo anno e spalanchiamo il cuore alle parole sante ascoltate nella prima lettura: ‘Il Signore ci benedica, ci protegga, faccia brillare il suo volto su di noi e ci conceda la pace’.
La benedizione e la pace sono la pienezza dei doni di Dio.

2. Ne abbiamo immenso bisogno nella situazione di insicurezza, di paura e di violenza in cui siamo piombati tutti dopo i fatti drammatici dell’11 settembre dell’anno appena finito, con la conseguenza di ulteriori violenze, dell’uccisione di tanti innocenti, di sofferenze e disagi crudeli per intere popolazioni.
Da qui il timore, che si insinua nei cuori, che il ‘mysterium iniquitatis’, cioè il male, sia lui il signore della storia.
Noi però, otto giorni fa, abbiamo celebrato il Natale e oggi, onorando la Santa Madre di Dio, proclamiamo la nostra certezza che un’umanità nella quale abita il Figlio di Dio non può essere perduta e senza speranza. Egli infatti si è fatto uomo, ‘nato da donna’, come ha proclamato la 2^ lettura, perché anche noi diventassimo, per grazia, figli di Dio.
E perché potessimo anche ‘vivere’ da figli di Dio, ha infuso nel nostro cuore il suo stesso Spirito, in forza del quale possiamo rivolgerci a Dio, come a nostro Padre.
Per la grazia del Natale noi non siamo fatti per l’odio, la violenza, la guerra, ma per la fraternità e la pace.

Il Vangelo ci ha riportati a Betlemme, dove i pastori trovarono Maria e Giuseppe col bambino Gesù: quel bambino, che è il Figlio di Dio fatto uomo, che è nato per noi, per salvarci.
Questa mirabile verità dell’amore di Dio che non si lascia vincere dal male dell’uomo, proietta una luce di speranza anche su questo nostro momento e ci dà la certezza che Dio non ci ha abbandonato e che Lui è capace di piegare anche le situazioni più dure trasformandole in sentieri di salvezza.

3. Però a Dio che ci ama e ci vuole salvi, a Dio che ci benedice e vuol donarci la pace, noi dobbiamo aprire il cuore e dare la riposta della nostra libertà.
Il Santo Padre Giovanni Paolo II, dedicando alla pace questa giornata, in un suo messaggio traccia la strada del nostro impegno. Dice il Papa: ‘Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono’.

Nel mondo non c’è giustizia: la divaricazione fra i popoli ricchi e i popoli poveri è sempre più drammatica. Nella povertà allignano le malattie, dilagano l’odioso confronto e la rabbia: un tragico terreno di cultura della violenza!
Voi mi direte: ma cosa possiamo fare noi di fronte a situazioni che ci superano e solo la grande politica può affrontare?
Sono convinto che noi cristiani, e quanti con noi sono consapevoli della insopportabile ingiustizia di tante situazioni di miseria esistenti nel mondo, dovremmo reagire adottando uno stile di vita più sobrio, ponendo gesti di condivisione e solidarietà.
E ne abbiamo la possibilità tutti i giorni.
Questo cambierebbe la nostra esistenza e potrebbe contribuire a lievitare una mentalità più solidale con chi è povero e si trova nel bisogno.

Il Papa parla anche di perdono, come atteggiamento indispensabile per costruire la pace. Un atteggiamento difficile da capire e, soprattutto, da trasporre nei rapporti fra popoli. Però se l’unica scelta sarà rispondere alla violenza con la ritorsione d’altrettanta violenza, se non ci sarà uno scatto di umanità per rompere le spirali perverse del male, svanirà ogni speranza di pace.
Sul piano della nostra vita personale, la strada del perdono è percorribile da tutti e le occasioni ci vengono offerte ogni giorno.
Come cristiani dobbiamo sentire il dovere di offrire alla comunità civile quel supplemento di umanità, capace di sciogliere i cuori verso sentimenti che non siano solo la ritorsione e la vendetta. Senza con questo voler dire che il male non vada fermato e giustamente punito.
C’è però sempre anche lo spazio del perdono, che ‘ritesse legami interrotti, supera situazioni di sterile condanna mutua, per vincere la tentazione di escludere gli altri non concedendo loro la possibilità di appello. La capacità di perdono ‘ afferma il Papa ‘ sta alla base di ogni progetto di società futura più giusta e solidale’ (n. 9).

4. L’ultima parola che vorrei dire di fronte all’anno nuovo e all’invocazione della pace è l’invito alla preghiera.
Solo da Dio può venire la benedizione sul nuovo anno, perché non sia nefando come quello che ci sta alle spalle. Solo da Dio può venire la grazia della conversione alla pace e la forza dell’impegno serio per realizzarla, ciascuno secondo le proprie responsabilità.
Alla fine della S. Messa noi canteremo il ‘Veni, Creator Spiritus’, invocando lo Spirito di Dio, perché invada i nostri cuori e ci renda operatori di pace, impegnandoci a creare una maggiore giustizia fra gli uomini a testimoniare la forza redentrice del perdono.
La Santa Madre di Gesù, Regina della pace, interceda per noi.
Marco card. Cè