“L’avventura educativa nella società in transizione”: intervento del Patriarca al 50° del Collegio Pio XII di Lugano (24 ottobre 2007)

24-10-2007

50mo della Fondazione del Collegio Pio XII

 

Aula Magna SUPSI

 

 

Lugano-Trevano, 24 ottobre 2007

 

L’avventura educativa nella società in transizione

 

 

 

+ Angelo card. Scola

 

patriarca di Venezia

 

 

I          Un tempo favorevole

 

 

Che cosa mi dà, alla fine, voglia di vivere? Perché ne vale la pena? Ed io che sono? Qualcuno mi ama al punto di assicurarmi che questa voglia di vivere non si infrangerà di fronte a nulla, neppure di fronte alla morte? Domande come queste per tutta la modernità, fino alla metà del secolo scorso, vivevano relegate in letteratura o venivano addirittura negate da parte di saperi filosofici come domande non pertinenti, che non dovevano essere nemmeno poste (Comte). Negli ultimi decenni, e con una forte accelerazione dopo il crollo dei muri, tali questioni sono esplose nella vita personale e sociale di noi contemporanei con una forza del tutto inedita, mettendo in moto una ricerca spasmodica di felicità e destando energie di libertà prima impensate. Basti pensare all’ambito delle scienze bio-mediche, economiche, politiche in cui per la prima volta queste domande si sono imposte in maniera diretta ed esplicita, non più mediate dalla filosofia e dalla teologia.

 

L’uomo post-moderno non intende in alcun modo rinunciare al desiderio in tutta la sua ampiezza (felicità) e all’impiego di tutta la sua libertà per realizzarlo. Le categorie di felicità e di libertà hanno soppiantato in classifica quelle moderne di verità e di ragione.

 

Ora, Gesù a più riprese fa esplicitamente leva proprio sul desiderio di infinito e sulla libertà come sui due fattori chiave per proporre agli uomini il Suo Vangelo: «Se vuoi essere compiuto» (Mt 19,21) «Sarete liberi davvero» (Gv 8,36).

 

Questa straordinaria coincidenza tra annuncio cristiano e anelito dell’uomo di oggi vive però dentro un inedito travaglio. Del tutto estranei ad irenismi ingenui, come cristiani siamo ben consapevoli di quanti sentieri interrotti percorrano il desiderio e la libertà dell’uomo post- moderno. Non c’è aspetto della stessa esperienza elementare dell’uomo, legato al suo essere uno di anima-corpo, di uomo-donna e di individuo comunità, che non appaia come ‘terremotato’. Faccio spesso questo esempio: l’uomo post-moderno, cioè noi, è come un pugile che barcolla dopo aver ricevuto un duro colpo.

 

Non si deve misconoscere che le nuove istanze cui mi sono riferito sono oggi spesso in balìa della fragilità, della confusione o della contraddittorietà. Tuttavia non sono più censurate o negate.

 

Per questo a me pare che l’epoca che stiamo vivendo debba essere interpretata più che con la categoria di crisi (che come dice l’etimo della parola si rifà al giudizio e perciò all’ideologia) con quella di travaglio (che descrive uno squilibrio esistenziale). Violente e dolorose sono le contrazioni e le doglie, ma restano attraversate dalla prospettiva gioiosa del parto. Questo mette noi cristiani, e a fortiori noi educatori, davanti ad una enorme responsabilità…

(il testo completo del documento è nel file allegato)

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