"Laicità e libertà religiosa": intervento a Genova nell'ambito del ciclo di incontri "Cattedrale aperta" (21 gennaio 2009)
21-01-2009

‘Cattedrale aperta’. Tre serate di riflessione

 

Laicità e libertà religiosa

 

Cattedrale di Genova

 

Mercoledì 21 gennaio 2009

 

+ Angelo Card. Scola

 

Patriarca di Venezia

 

 

 

1. Società plurale e ‘nuova laicità’

 

Per riflettere sul rapporto tra laicità e libertà religiosa nell’odierna società globalizzata è utile partire da due dati che sono sotto gli occhi di tutti.

 

Da un lato, la politica, le pubbliche Istituzioni e lo Stato sono ormai investiti del potere di decidere su temi che, sotto la voce ‘bioetica’, toccano i fondamenti stessi dell’esistenza umana: la sessualità, la vita e la morte. E questo perché, contrariamente alle profezie diffuse fino agli anni ’80 che pronosticavano la fine del sacro e la nascita di un mondo puramente mondano le concezioni etiche e religiose, che poggiano su principi ritenuti irrinunciabili, sono più che mai presenti ed attive sulla scena pubblica.

 

D’altro canto, l’odierno processo di globalizzazione e i continui flussi migratori che attraversano il pianeta mettono in contatto masse di persone portatrici di culture, tradizioni e religioni differenti. Siamo sempre più coinvolti in quello che ho chiamato ‘meticciato di civiltà e culture‘. Con questa formula non intendo dire che il meticciato debba essere perseguito come un ideale positivo. Voglio semplicemente descrivere un processo che, come tutti i processi storici, non chiede il permesso di accadere, ma ci domanda la responsabilità di orientarlo alla vita buona, personale e comunitaria. Se mantenuta in questa precisa prospettiva ‘ quella cioè del processo – la categoria di meticciato può, a mio avviso, creare il contesto adeguato per meglio comprendere i concetti di tolleranza, integrazione e reciprocità che da soli non bastano più per spiegare la complessità dei cambiamenti legati al tumultuoso mescolamento di popoli in atto. La risposta al fenomeno non si trova nel multiculturalismo che ha la pretesa di mettere nazionalità, culture e religioni le une affianco alle altre come tante identità isolate e giustapposte. D’altra parte non è bene che i vari soggetti identitari, che convivono nello spazio pubblico di una società plurale, si fondano in una unica, pericolosa, nuova identità sincretistica. Per affrontare questo imponente processo di mescolamento di genti è necessario che tutti i soggetti personali e comunitari contribuiscano ad una vita buona, mediante la reciproca comunicazione e la reciproca testimonianza pubblica dei beni, anche religiosi, di cui sono portatori, nel rispetto della tradizione ma anche con fiducia nella comune appartenenza alla famiglia umana.

 

Questo processo modificherà la civiltà europea secondo modalità di cui non possiamo stabilire l’esito a priori, ma se affronteremo con prudente perspicacia il processo di meticciato di culture, il cambiamento sarà per il bene comune. Saprà innestare il nuovo sull’antico, come è già avvenuto sia pur in proporzioni ben diverse, in altre epoche della storia. All’origine dell’Europa stessa troviamo il simbolo di Enea, con Anchise sulla spalle e Julo per mano, espressione dell’innesto sul suolo italico della civiltà troiana.

 

Bioetica da una parte e meticciato di civiltà dall’altra documentano che religioni e mondovisioni hanno una inevitabile rilevanza pubblica. Mettono così in risalto i limiti di una concezione ormai vecchia della laicità e con essa la riflessione filosofica di matrice illuminista, da cui quella concezione è nata e in cui si è approfondita. Essa poggia su un’idea equivoca di neutralità. Infatti, soprattutto in Italia, neutralità non ha tanto significato che lo Stato non deve preferire nessuna particolare visione religiosa o di etica sostantiva del mondo, quanto piuttosto che esso deve neutralizzare ogni loro presenza in ambito pubblico[1]. È inoltre importante rilevare che nel suo progetto di regolazione del pluralismo mediante la neutralità, il pensiero liberale deve fare i conti con un insuperabile paradosso: «Per un verso, infatti, esso si fa araldo di una concezione dei principi sociali e dei diritti umani capace di trascendere e di abbracciare le differenze culturali, per un altro non può non riconoscere la dipendenza di tale concezione da una determinata tradizione storica»[2]. L’illusoria neutralità nel concepire lo spazio pubblico e il riconoscimento dell’inevitabile connessione dell’etica pubblica con i valori espressi dalle singole tradizioni storiche hanno portato alcuni pensatori, quali Habermas, Böckenförde ed in parte Rawls, a formulare un nuovo concetto di laicità, riconsiderando il ruolo delle tradizioni religiose e delle mondovisioni. Ma, se il dibattito internazionale è, almeno in parte, avviato a riconoscere i limiti mostrati dalle ‘vecchie’ proposte di laicità, devo dire che la pubblicistica italiana sembra intestardirsi su schemi che continuano a presentare la laicità come opposizione al religioso e, non di rado, al fatto cristiano.

 

 

2. Società plurale e libertà religiosa

 

Se i processi storici in atto ci costringono ad elaborare un nuovo concetto di laicità capace di valorizzare i soggetti sociali che agiscono nella società plurale a partire dalla loro convinzioni più profonde, altrettanto urgente è ripensare la libertà religiosa in tutte le sue dimensioni…

 

                                                          (il testo completo è nel file allegato)


[1] Cfr. F. Botturi, Secolarizzazione e laicità, relazione in occasione della giornata di aggiornamento della Conferenza Episcopale Triveneto, 7-8 gennaio 2007, pro manuscripto, 6.

[2] Id., Pluralismo e libertà, in Libertà, C. Vigna (a cura di) Giustizia e Bene in una società plurale, Vita&Pensiero, Milano 2003, 91-92.