"La spiritualità cristiana alla luce della Sacramentum Caritatis": intervento del Patriarca alla 23^ Assemblea della Fies (Ciampino, 7 febbraio 2008)
08-02-2008

1. La chiave di lettura della Sacramentum Caritatis

 

Il titolo che il Santo Padre ha scelto per l’Esortazione Apostolica Postsinodale propone una delle più geniali definizioni del Mistero eucaristico date da san Tommaso d’Aquino: Sacramentum Caritatis. Il memoriale del dono che Cristo fa di Sé nel Suo Corpo e nel Suo Sangue è sacramento supremo dell’amore divino. E la scelta di riproporre la parola-chiave della sua prima Enciclica non è certo casuale. Nella Sacramentum caritatis rifulge il profondo magistero della Deus caritas est.

Senza dubbio quello della verità dell’amore è uno dei temi cruciali su cui si gioca il futuro della Chiesa e dell’umanità. Il Santo Padre che ne ha acuta consapevolezza vi ritorna con insistenza nel testo dell’Esortazione, sia esplicitando questa sua intenzione – «intendo porre la presente Esortazione in relazione con la mia prima Lettera enciclica Deus caritas est» (n. 5) -, sia attraverso riferimenti diretti alla stessa Enciclica (cfr. nn. 5, 9, 11, 82, 88, 89).

Di fronte all’abisso di gratuità dell’amore eucaristico di Gesù la prima e più umana risposta è la sorpresa quasi incredula, la stessa di Pietro e dei dodici quando Lo videro inginocchiarsi per lavar loro i piedi o dei due di Emmaus quando Lo riconobbero allo spezzare del pane. Lo ‘stupore eucaristico’ a cui il servo di Dio Giovanni Paolo II ha dedicato un memorabile passaggio della sua Enciclica sull’Eucaristia (EdE, 5-6) è indicato come la via maestra perché gli uomini e le donne del nostro tempo facciano l’esperienza dell’amore.

Nella Sacramentum caritatis il lungo e complesso itinerario del Sinodo sull’Eucaristia come fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa mostra il suo frutto più maturo ma, lungi dal chiudere un appassionante lavoro, lo rilancia con decisione. Infatti l’Esortazione Apostolica Postsinodale si propone di esplicitare «alcune fondamentali linee di impegno, volte a destare nella Chiesa nuovo impulso e fervore eucaristico» (n. 5).

La chiave sintetica per accedere al nucleo centrale dell’Esortazione Apostolica e pertanto al cuore della spiritualità eucaristica può, a mio giudizio, essere identificata nell’unità profonda e indissolubile tra Mistero eucaristico, azione liturgica e nuovo culto spirituale, come viene esplicitamente richiamato al n° 5: «nel presente documento desidero soprattutto raccomandare, accogliendo il voto dei Padri sinodali, che il popolo cristiano approfondisca la relazione tra il Mistero eucaristico, l’azione liturgica e il nuovo culto spirituale derivante dall’Eucaristia, quale sacramento della carità».

La preoccupazione chiaramente sottesa a questa raccomandazione in cui il Santo Padre mette in campo il peso della sua autorità è superare ogni giustapposizione tra dottrina, prassi liturgica e vita cristiana (spiritualità). In questa prospettiva i contenuti delle tre parti del documento pontificio – Eucaristia, mistero da credere, Eucaristia, mistero da celebrare ed Eucaristia, mistero da vivere – sono intimamente legati e si illuminano a vicenda, facendo emergere che un significativo guadagno del lavoro del Sinodo sta proprio nell’aver posto le condizioni perché alcuni dualismi, talora ancora presenti nella riflessione teologica e quindi nel tessuto della vita ecclesiale, potessero essere superati. Penso, per esempio, a quello tra fede eucaristica e rito o tra celebrazione ed adorazione o tra dottrina e pastorale.

Benedetto XVI spalanca fino in fondo la prospettiva unitaria dischiusa dal lavoro sinodale marcando con forza la centralità dell’azione liturgica nella vita della Chiesa.

 

«è necessario vivere l’Eucaristia come mistero della fede autenticamente celebrato, nella chiara consapevolezza che ‘l’intellectus fidei’ è sempre originariamente in rapporto all’azione liturgica della Chiesa. – dice in apertura della Seconda Parte dell’Esortazione il Santo Padre, richiamando l’assioma classico lex orandilex credendi  In questo ambito, la riflessione teologica non può mai prescindere dall’ordine sacramentale istituito da Cristo. Dall’altra parte, l’azione liturgica non può mai essere considerata genericamente, a prescindere dal mistero della fede» (n. 34).

La fede (mistero da credere) rende possibile la conformazione della vita cristiana (mistero da vivere, nuovo culto, spiritualità) mediante l’azione liturgica (mistero da celebrare): così potremmo sintetizzare l’insegnamento del Santo Padre in questo passaggio. Nel rito eucaristico (cfr. nn. 3, 6, 38, 40), luogo per eccellenza della traditio, il cristiano accoglie (receptio) il dono di Cristo stesso per diventare, in forza della fede e della rigenerazione sacramentale, membro del Suo corpo che è la Chiesa…

(il testo completo dell’intervento è recuperabile nel file allegato)