“La famiglia italiana fattore di progresso”: discorso del Patriarca in occasione della festa del Redentore (Venezia, 20 luglio 2008)

20-07-2008

Festa del Santissimo Redentore[1]

 

Basilica del Santissimo Redentore

 

Venezia, Domenica 20 luglio 2008

 

 

La famiglia italiana fattore di progresso

 

Discorso del Card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia

 

 

 

1. Colui che si prende cura

 

«Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura» (Ez 34, 11, Prima Lettura). La promessa che il Signore, per bocca del profeta Ezechiele, fa al suo popolo, risuona ancora una volta in questa splendida basilica del Palladio e riempie il nostro cuore di speranza.

 

Anche quest’anno, con un gesto che si ripropone da secoli, il popolo veneziano, guidato dalle sue autorità e accompagnato da numerosi visitatori, confluisce ai piedi del Santissimo Redentore per ringraziarLo del dono della guarigione e della salvezza. Per tutti noi il ponte votivo rappresenta un po’ la strada che porta a casa, da Colui che si prende cura fino in fondo delle nostre persone.

 

Il profeta Ezechiele ci parla del Pastore che passa in rassegna il suo gregge, lo raccoglie, lo fa pascolare con giustizia sui monti della terra promessa, lo fa riposare in un buon ovile, fascia le sue ferite e ha cura di ogni singola pecora .

 

 

2. La strada del Padre

 

Il Beato Giovanni XXIII, che fu nostro amato Patriarca e di cui quest’anno abbiamo celebrato il 50° di elezione al papato, nelle preziose Agende veneziane, ritorna continuamente sulla figura del Buon Pastore evangelico (cfr Gv 10). Tutti noi conosciamo bene il tratto pastorale che Egli, sulla scorta della sua esperienza, impresse al Concilio Vaticano II.

 

Il patriarca Roncalli, riflettendo sull’insuperabile profondità della cura di cui siamo oggetto da parte di Dio, associò alla figura del Pastore quella del Padre ricco e misericordioso. Non a caso il Vangelo di questa Festa afferma: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3, 16-17).

 

Il Padre non solo ha cura del Suo gregge, ma vuole renderlo partecipe della Sua stessa vita donandogli il Figlio. Una partecipazione che si configura come filiazione. Dio ci vuole Suoi figli in Gesù Buon Pastore.

 

Questo dono, assolutamente gratuito e misericordioso, in nessun modo immaginabile o esigibile da parte degli uomini, ci viene offerto attraverso la misteriosa strada del sacrificio del Figlio.

 

La cura che Dio si prende di noi facendoci figli nel Figlio, tiene conto fino in fondo della situazione storica in cui versa l’uomo, segnato dal peccato e dalla morte provocati dalla disobbedienza. L’enorme peso del male nel mondo – ne siamo così spesso testimoni anche oggi – non di rado insinua il dubbio nei nostri cuori: davvero il male e l’ingiustizia non prevarranno?

 

Le piaghe del Crocifisso Risorto ci dicono che la salvezza di Cristo non cancella il male con un beffardo colpo di spugna, non nega la sua laida presenza nella vita degli uomini. Il Redentore lo prende su di Sé, lo delimita col bene, lo abbraccia e lo vince trasformandolo in un’occasione di sovrabbondante grazia.

 

Noi siamo figli di un Padre misericordioso che «dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5, 8): come possiamo cercare di comprenderlo?

 

 

3. Una risorsa decisiva

 

Io credo che una via privilegiata per penetrare il senso profondo della paternità cui Gesù Buon Pastore ci introduce sia l’esperienza, comune ad ogni uomo, della famiglia. Per questo, oggi, sulla scorta della Dottrina Sociale della Chiesa, vorrei dedicare qualche riflessione alla realtà della famiglia nel nostro Paese.

 

Tanto più che in occasione della Festa del Redentore, secondo tradizione, il Patriarca è solito rivolgersi ai fedeli cristiani e a tutti i membri della società civile della nostra Venezia per riflettere insieme su qualche importante aspetto della vita del nostro popolo.

 

In un contesto sociale in rapida e spesso caotica trasformazione, divenuto più ‘liquido’ come dicono gli studiosi, bisogna porre un fondamento solido, come i pali su cui da secoli si reggono gli edifici della nostra mirabile Venezia.

 

Se guardiamo i recenti dati ISTAT e CENSIS scopriamo che in Italia la famiglia, così come la definisce la Costituzione (cfr. articoli 29-31; 37), rappresenta nei fatti una risorsa decisiva per il progresso dell’intera società.

 

Quando si parla di progresso bisogna evitare un grave equivoco. Quello di identificarlo con l’inedito, bollando come immobile conservatorismo tutto ciò che rinnova la tradizione. Il vero progresso invece sa innestare il nuovo sull’antico.

 

Analogamente le analisi sulla secolarizzazione devono tenersi alla larga da generalizzazioni e luoghi comuni. La situazione dell’Italia non è la stessa, per esempio, di quella della Francia, della Germania o della Spagna.

 

E la famiglia è proprio uno dei fattori che fanno la differenza….

                                      (il testo integrale del discorso è nel documento allegato in calce)



[1] Ez 34,11-16; Sal 22; Rm 5, 5-11; Gv 3, 13-17.

 

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