Intervento - testimonianza ai funerali di mons. Giuseppe Visentin (Mestre, 10 novembre 2007)
10-11-2007

Ai funerali di Mons. Giuseppe Visentin

 

Duomo di San Lorenzo  m. 10 novembre 2007

 

Mentre stiamo per congedarci da Mons. Giuseppe Visentin, mi sia consentito rendere la mia testimonianza alla sua esemplare figura di sacerdote davanti al nostro Patriarca e all’intera nostra Chiesa.

 

Mons. Visentin è stato mio Vicario Generale dalla festa di San Marco del 1980 fino alla conclusione del mio mandato agli inizi del 2002 e mi ha accompagnato giorno per giorno nel mio servizio a questa nostra Chiesa.

Il Signore gli aveva donato una salute invidiabile e una straordinaria capacità di lavoro ed egli si è speso senza risparmio, percorrendo Dio sa quante volte le strade del Patriarcato: sembrava che la fatica non gli pesasse. Per me è stato di immenso aiuto e di grande esempio.

Un uomo di cuore, portato all’azione più che alla pazienza delle lunghe riflessioni, generosissimo, senza malizie e con un pizzico di ingenuità; impaziente di fronte alle remore, lui che aveva come misura il darsi senza misura. Talora poteva apparire insensibile o piuttosto spicciativo, ma la sua bontà era fuori discussione. Per quanto non fosse uno stratega, per lui e intorno a lui si lavorava volentieri: un segno prezioso per tutti di comunione e di bontà.

Io sapevo d’avere un Vicario diverso da me, ma fedele e rapido nelle fasi esecutive.

Uomo semplice, aperto alle relazioni.

 

Ha avuto il merito di mantenere vivo in Diocesi la preziosa eredità del dialogo ecumenico, lavorando con entusiasmo e con passione, mantenendo sempre vivi e convincenti i rapporti con le persone.

 

Avendo ricevuto il compito di ricostituire in patriarcato il diaconato permanente, si è buttato con entusiasmo, curando i singoli candidati e intrecciando relazioni belle con le loro famiglie. Quando, ventun anni fa, si arrivò all’ordinazione dei primi dodici diaconi era fuori di sé dalla felicità.

Ha sempre seguito con personale impegno i confratelli ammalati e ha visitato quelli in missione con la sua abituale generosità. Negli ultimi anni aveva in cuore Ol Moran, dov’è andato non molto tempo fa, pur essendo già un po’ traballante in salute.

Certo la passione di Don Giuseppe era la vita pastorale. Quando lo feci Vicario Generale, mi resi conto di chiedergli un grande sacrificio. Ma don Giuseppe era un prete di fede e di profondo sentire ecclesiale e accettò. San Marco però, la parrocchia mestrina di cui era stato il primo parroco, gli rimarrà sempre nel cuore con tenerezza ‘patetica’. E tutti gli scampoli di tempo era buoni per fare qualche servizio pastorale alle parrocchie. Anche a Passerella e alla sua gente era rimasto affezionalo.

L’altra sua passione di Mons. Visentin era la città di Mestre, dove, oltre che essere cresciuto, era stato vicario parrocchiale a San Lorenzo, e Vicario foraneo.

E a Mestre, e a un po’ d’aiuto a San Lorenzo, ritornò con gioia, concluso il servizio a Venezia e di quesro era immensamente grato al nostro Patriarca, che glielo aveva consentito.

Quanto a noi, riposto tutti e due il ruolo di guida della diocesi e rientrati nella figura semplice dei figli di questa famiglia presbiterale, ci siamo scoperti fratelli, che così affezionati l’uno all’altro non sospettavamo.

Ora Don Giuseppe è in Paradiso – noi lo speriamo – e prega per tutti noi: per il nostro Patriarca, per i confratelli che ha seguito e amato nel suo ministero di Vicario, per i ‘suoi’ diaconi, per il Seminario di cui è stato vicerettore, per la nostra Chiesa di Venezia.

Spero di non far torto a nessuno se gli chiedo una preghiera speciale per quanto e quanti abbiamo amato insieme e per i giorni che il Signore vorrà ancora donarmi: perché possa anch’io servirlo con la semplicità con cui per tanti anni lo ha servito lui.

Ai familiari le condoglianze più sentite della nostra Chiesa; alla Signora Jvone che lo ha accompagnato per tanti anni nella sua vita familiare il nostro più vivo ringraziamento.