Ai funerali di Don Mario Dal Tin
Chiesa di Gesuati, 5 maggio 2009
La Pasqua in questi giorni, cantando Alleluia, intona tutta la vita della Chiesa. Nella notte del Sabato Santo, durante la Veglia pasquale, in questa comunità è stato cantato l’Exultet (‘esultino i cori degli angeli, esulti l’assemblea celeste’), salutando il trionfo del Signore risorto.
Oggi il giorno che non conosce tramonto ha avvolto Don Mario della sua fulgida luce e l’Alleluia del pellegrino, ‘viator’ che anela alla patria, si è trasformato nel canto nuovo dei salvati.
La morte improvvisa di Don Mario ha gettato nel pianto la comunità dei Gesuati che tanto lo amava e quanti gli volevano bene e lo stimavano: Don Mario era un prete buono, dal tratto mite e riservato. Un parroco amato, che guidava la comunità, ormai da 34 anni, con inderogabile discrezione, conoscendo le persone una ad una.
Ordinato presbitero dal Patriarca Urbani nel giugno del ’62, per tre anni fu vicario parrocchiale a Santo Stefano e poi, dopo un brevissimo passaggio a san Lorenzo Giustiniani, per dieci anni a San Canciano, sua parrocchia di origine e, dal giugno del 1975, parroco ai Gesuati.
Il suo stile pastorale era semplice, segnato dalla sua presenza assidua e discreta accanto alla sua comunità; con la dolcezza mite, che lo caratterizzava, sapeva accostare tutti e alla sua discrezione si aprivano tutte le porte.
Era molto attento alle situazioni di bisogno, silenziosamente tendendo la mano. Ricordo con commozione quanto lui stesso mi raccontò durante la mia prima Visita pastorale a Venezia. Allora, siamo a quasi trent’anni fa, parecchi piani terra della Città erano ancora abitati dalle fasce più anziane e meno abbienti della popolazione. Quando succedevano delle acque alte piuttosto robuste, Don Mario si preoccupava di accorrere a sistemare le sue vecchiette che, da sole, avrebbero fatto fatica a difendersi. Lui era fatto così: vestito di bontà e di silenzio.
Era devotissimo della Madonna ed era felice che gli fosse toccata proprio una parrocchia dedicata a Santa Maria del Rosario, con una bellissima chiesa di cui andava orgoglioso. Promosse assiduamente la devozione alla Santa Madre di Gesù, soprattutto favorendo la devozione del santo Rosario.
Appassionato del canto liturgico, ne coltivò lo studio presso il Conservatorio ‘Benedetto Marcello’: ricuperò e pubblicò le melodie del cosiddetto ‘canto patriarchino’. Curava le celebrazioni liturgiche della sua comunità, semplici e calde nello svolgimento, sempre nobili nel canto che le accompagnava.