Intervento sul tema "La dottrina sociale della Chiesa: risorsa per una società plurale" (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano - 16 marzo 2007)
26-09-2007

UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA: RISORSA PER UNA SOCIETÀ PLURALE*

+ Angelo Card. Scola
Patriarca di Venezia

1. Il sì della fede

«Noi credenti sentiamo, nel fondo dell’anima, che chi definitivamente recherà a salvamento la società presente, non sarà un diplomatico, un dotto, un eroe, bensì un santo, anzi una società di santi» .
Questa espressione di Giuseppe Toniolo (1845’1918) rispecchia la lunga tradizione di impegno e riflessione sociale che caratterizza il cattolicesimo italiano. Una tradizione che è stata espressa e rafforzata in questi anni dal cammino delle Chiese in Italia. Ne sono conferma significativa i Convegni Ecclesiali: Roma 1976, Loreto 1985, Palermo 1995 e Verona 2006. Non a caso, infatti, la scelta dei Vescovi italiani ha voluto «dedicare tali eventi alla considerazione del ruolo dei cristiani nel contesto della realtà storica in cui vivono e operano» . In questo modo la Chiesa in Italia ha favorito con notevole efficacia il necessario processo di recezione del dettato conciliare di Gaudium et spes sia nel suo impianto antropologico espressamente riferito a Cristo (cfr. GS 10, 12, 22, 32, 38-39, 40-41, 45) che nella trattazione dei temi scottanti che ‘ come la stessa Costituzione aveva previsto ‘ saranno sempre bisognosi di sviluppo e di apertura al nuovo .
Le nostre considerazioni, pertanto, vogliono esplicitamente riprendere questo cammino, soprattutto a partire dalle preziose indicazioni di Benedetto XVI nel suo intervento a Verona. Dice il Papa: «In questo Convegno avete ritenuto, giustamente, che sia indispensabile dare alla testimonianza cristiana contenuti concreti e praticabili, esaminando come essa possa attuarsi e svilupparsi in ciascuno di quei grandi ambiti nei quali si articola l’esperienza umana. Saremo aiutati, così, a non perdere di vista nella nostra azione pastorale il collegamento tra la fede e la vita quotidiana, tra la proposta del Vangelo e quelle preoccupazioni e aspirazioni che stanno più a cuore alla gente. In questi giorni avete riflettuto perciò sulla vita affettiva e sulla famiglia, sul lavoro e sulla festa, sull’educazione e la cultura, sulle condizioni di povertà e di malattia, sui doveri e le responsabilità della vita sociale e politica» . La novità radicale del Convegno di Verona, che speriamo diventi metodo stabile dell’azione ecclesiale delle nostre comunità è consistita nel sostituire alla pastorale per settori, sempre esposta alla pretesa di produrre la comunione come esito di programmi e di analisi, una pastorale per ambiti che pone al centro il soggetto personale e comunitario.
L’indicazione autorevole del Santo Padre ha di mira il cristiano e la comunità come soggetti testimoniali.
La testimonianza, infatti, si attua attraverso uomini e donne «amati da Dio, santi e eletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza» (Col 3, 12) che fanno esperienza del compimento di sé. Questa singolare esperienza di compimento antropologico può realmente intercettare e convincere la libertà e il desiderio dell’uomo post-moderno: «Se vuoi essere compiuto» (Mt 19, 21), «sarete liberi davvero» (Gv 8, 36) sono infatti le affermazioni centrali del Vangelo di Gesù. Esse sono poi fondate su due pilastri portanti che, come le due colonne di Ercole, svelano la natura radicalmente paradossale dell’esperienza cristiana: «nel dolore lieti» (cfr. 2Cor 6, 10) e «amate i vostri nemici» (Lc 6, 27). Sono criteri di vita impossibili alle sole forze dell’uomo, ma resi a lui possibili dalla meraviglie della grazia divina. In queste due affermazioni è racchiuso l’insuperabile dramma, personale e comunitario, dell’esistenza cristiana. Persone e comunità siffatte sono il frutto della comunione, il cui dono i cristiani non cessano di invocare dallo Spirito con la preghiera, con i sacramenti, con l’offerta di tutta la persona perché, come linfa vitale, essa investa tutte le circostanze e tutti i rapporti rendendoli capaci di gratuita condivisione, di giudizio comune e di universale apertura a tutte le dimensioni del mondo.
Il fulcro di questa testimonianza è duplice. Da una parte essa dice: il gran «”sì” che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo» . Dall’altra questa fioritura missionaria poggia sull’io definito dal Papa a Verona: «”Io, ma non più io”: è questa la formula dell’esistenza cristiana fondata nel Battesimo, la formula della risurrezione dentro al tempo, la formula della “novità” cristiana chiamata a trasformare il mondo» .
Il lavoro del Centro di ricerca per lo studio della dottrina sociale della Chiesa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore non può che porsi, secondo la sua specificità accademica, sulla scia di quanto abbiamo appena affermato.
Per farlo è necessario che presti attenzione sia alla specificità della dottrina sociale, sia alla singolarità del cosiddetto ‘caso Italia’…

(Il testo completo in allegato)