Intervento del Patriarca durante la Celebrazione Vespertina in rito armeno (Venezia / Basilica cattedrale di S. Marco, 10 settembre 2023)
10-09-2023

Celebrazione Vespertina in rito armeno

(Venezia / Basilica cattedrale di S. Marco, 10 settembre 2023)

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Ringraziamo la Congregazione Mechitarista di Venezia e, in primis, il Delegato Pontificio ad essa preposto, Sua Eccellenza Maurizio Malvestiti, per le celebrazioni di questi giorni che sono venute ad arricchire sensibilmente la coralità orante dei fedeli nel Patriarcato di Venezia. Ringrazio le Autorità Civili Militari presenti.

Da Oriente a Occidente, da Settentrione e da Meridione, ogni stirpe e nazione benedica con un nuovo canto il Creatore delle creature che oggi ha fatto sorgere la luce del sole sul mondo”: con queste parole, che sorgono dalla comunità credente mentre contempla la bellezza del creato e che sono ricolme di gratitudine per il Creatore e Dio della vita, si è aperto il primo dei quattro inni di San Nersès Shnornalí che abbiamo ascoltato dalle voci del coro Saghmosergù, a cui va il nostro grazie per la magistrale esecuzione.

Queste parole risuonano come una “convocazione” dai quattro angoli della terra e chiamano tutti alla lode del Creatore. Ogni convocazione, ogni chiamata ad un convenire, ad un venireinsieme, presuppone la coscienza della profonda unità di chi, nell’unico Battesimo, si è dato a Cristo Signore e si lascia condurre per le sue vie. Sta proprio qui, in questa intima consapevolezza, la radice del carisma ecumenico che è ricordato tra i maggiori meriti del Santo Catholicòs dell’Armenia ciliciana.

Egli diede, infatti, un contributo fondamentale nelle trattative per l’unione con la Chiesa bizantina, per la quale fu in corrispondenza con lo stesso Imperatore Manuele Comneno e che, se anche non poté portare a compimento, a causa delle resistenze che dilatarono il processo di conciliazione e della sua morte sopraggiunta nel 1173, segnarono un sensibile progresso nel riavvicinamento tra le Chiese e nel chiarimento delle controversie teologiche e, con ciò, nella reale praticabilità di una piena unità ecclesiale.

Sommo autore di inni e cantici spirituali, San Nersès è la riprova – in un vissuto di santità personale – che ogni autentica coscienza di ecumene non può che scaturire dalla potenza nativa propria della preghiera e dell’esperienza contemplativa in particolare.

Ogni bel pensiero o discorso di ecumenismo è vano senza questa radice di autenticità, senza che vada ad attingere la propria ragion d’essere nello sguardo saldamente infisso nel Volto di Cristo; in una parola, senza esperienza contemplativa di Dio, che è vita nella sua Vita, fonte e vita di tutto l’essere e di ogni nostro respiro e pensiero.

Ecco allora il Santo liturgista, riformatore acuto e profondo, e tanto incisivo nella tradizione consolidata al punto che non c’è libro liturgico armeno che non rechi l’impronta del suo illuminato apporto. Fu soprattutto compositore di inni e cantici spirituali di straordinaria densità spirituale, nonché di componimenti, preghiere e poemi che hanno fatto la storia della grande letteratura armena, tra i quali non possiamo non ricordare la lunga preghiera Hava dòvkhos tovanìm (Con fede confesso), tradotta dai Padri Mechitaristi di Venezia fino ad arrivare a 36 lingue, nel 1871, e il sublime Hissùs Vortí (Gesù Figlio) che ancora esordisce con una lode alla potenza generatrice e creatrice del Dio della vita:

 

Gesù, Figlio unico del Padre, e splendore del Volto divino,

Generazione ineffabile dell’Archetipo, inseparabile da Colui che ti ha generato,

Per mezzo tuo gli esseri sono creati: gli invisibili e i visibili,

I corporei e gli incorporei,

Gli irragionevoli e i razionali;

I viventi che crescono e i non viventi, inerti.

Da parte loro, al tempo stesso che al Padre tuo che ama,

Ti sono offerte azioni di grazie.

E al tempo stesso che al tuo Spirito consustanziale,

Lodi a Te si elevano, da parte degli eletti sì puri,

Che sono introdotti nella Tua casa”.

 

In questi pochi versi si manifesta l’intera Trinità, tutto l’Universo creato, ogni frammento del microcosmo uomo che, creatura finita e fragile, è comunque razionale e capax Dei. Ed è l’uomo che sublima e dà senso, nella glorificazione consapevole dell’Unitrino, allo stesso respiro della creazione, dove tutto è movimento di lode, tutto è rivolto e si dirige a Dio.

Da qui scaturisce una rievocazione, in un migliaio di versi, grandiosa e poetica, dell’intera storia della salvezza e dove la Crocifissione è ancora unita all’opera creatrice del Verbo: “Le mani creatrici della terra, Tu le hai distese sulla Croce, in luogo delle loro mani, che si erano protese all’albero da cui avevano colto la morte”.

E conclude nella confidenza, biblicamente fondata da tutta la esperienza storico-salvifica ripercorsa e intimamente avvertita nel profondo dell’anima, nella misericordia di Dio:

 

“Per tutti, senza eccezione, per i vicini e i lontani,

Che credono nel mio Gesù,

Che il Signore faccia misericordia a tutti.

A Lui gloria nella Chiesa,

col Padre per lo Spirito di verità,

Lui che è in eterno, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen”.

 

Ai fratelli Armeni rivolgo l’augurio di vivere questa festività della Santa Madre di Dio, a loro così cara, nello spirito di Nazareth, là dove la Chiesa ha il suo esordio nel seno fecondo della sempre Vergine; qui c’è l’essenza della Chiesa, poiché è nel sì di Maria che il Verbo si fa carne.