Intervento del Patriarca di Venezia e Metropolita della Provincia Ecclesiastica Veneta mons. Francesco Moraglia alla consegna del pastorale al Vescovo di Belluno - Feltre mons. Renato Marangoni (Belluno, 24 aprile 2016)
24-04-2016

 

Consegna del pastorale al Vescovo di Belluno – Feltre mons. Renato Marangoni (Belluno, 24 aprile 2016)

Intervento del Patriarca di Venezia e Metropolita della Provincia Ecclesiastica Veneta mons. Francesco Moraglia

 

 

 

Gentili autorità, carissimi fratelli e sorelle,

la Chiesa che è in Belluno-Feltre oggi vive un evento importante poiché si fa visibile la successione apostolica: al vescovo Giuseppe subentra il vescovo Renato.

Diciamo il nostro grazie al vescovo Giuseppe; a Lui va il ringraziamento dei vescovi del Triveneto. Carissimo vescovo Giuseppe, non hai mai ricercato parole o gesti che mettessero in mostra la tua persona; grazie per la tua testimonianza, sempre pienamente sacerdotale.

La diocesi di Belluno-Feltre è una sede suffraganea della Metropolia di Venezia e, quindi, è con vera gioia che presiedo il rito della consegna del pastorale, segno del servizio del vescovo alla sua Chiesa; un servizio che si svolge a partire dalla responsabilità personale ma in modo sinodale.

Tenere il pastorale custodendo carità e verità non è facile; la tentazione è separare il binomio evangelico verità-carità. La saggezza episcopale si manifesta proprio nel coraggio tenerlo unito.

E’ l’autentico e continuo rapporto col Signore Gesù a sostenere il vescovo nella sua missione, insieme alla consapevolezza di non aver fatto nulla per raggiungere il ministero. Viene da qui la serenità, la forza, la vera umiltà e coraggio del vescovo.

Caro vescovo Renato, il sì che hai detto nell’accogliere il dono dell’episcopato ponilo, oggi, nella mani della Madre di Gesù. Lei – che di sì se ne intende – non ti farà mancare gli aiuti necessari; saprà sostenerti in ogni circostanza nel servizio episcopale che è, prima di tutto, un sì detto a Gesù e poi alla Chiesa e ad ogni uomo. Sia, sempre per te, un servizio umile e gioioso ricco di speranza; un servizio che si rinnova ogni giorno e che non conosce soste, riposi, rallentamenti.

Sant’Agostino, il grande vescovo di Ippona, qualche anno dopo l’ordinazione, scriveva ai monaci di Cartagine: “…preferirei molto più lavorare… ogni giorno ad ore determinate… aver poi altre ore libere per leggere e pregare per studiare le scritture, invece di soffrire il tormento e le perplessità delle questioni altrui… Ma siamo servi della Chiesa, e servi, soprattutto, dei suoi membri più deboli ” (Agostino d’Ippona, De opere  monachorum 29,37).

Sì, il Vescovo non si appartiene più. Appartiene tutto alla Chiesa e in questo trova la sua pace e il equilibrio umano e cristiano. Essere vescovo vuol dire servire con animo lieto e con la certezza interiore di aver semplicemente risposto a una chiamata. Vuol dire: non sono qui per me, non sono qui da me e ciò dà sicurezza, libertà, coraggio.

Caro vescovo Renato, vivi il dono dello Spirito Santo che ti è stato dato nell’ordinazione episcopale e conta sul sostegno della Chiesa che oggi ti è affidata e alla quale tu oggi sei affidato.

Ancora una testimonianza di Agostino, siamo poco prima della sua conversione: Agostino  si trova a Milano ed è profondamente colpito da una Chiesa viva e ricca di carismi; tale visione lo incoraggia alla conversione.

Il nostro augurio è che il nuovo vescovo possa trovare – nella Chiesa di cui il Signore l’ha posto come pastore – la vitalità, l’entusiasmo, la ricchezza di carismi, che Agostino trovò nella Chiesa di Milano che, allora, era retta dal grande vescovo Ambrogio. E il nome Ambrogio ci dice quanto il vescovo possa essere benedizione per la sua Chiesa.

“Vedevo – scrive Agostino – la Chiesa popolata di fedeli che avanzavano, l’uno in un modo, l’altro in un altro; invece mi disgustava la mia vita nel mondo. Era divenuta un grave fardello… Ormai tutto ciò mi attraeva meno della tua dolcezza e della bellezza della tua casa, che ho amato…” (Agostino d’Ippona, Confessioni, 8, 1,2);

Caro vescovo Renato, tu possa essere veramente confortato da una Chiesa viva e ricca di carismi che con stile sinodale annunci, in verità e in carità, il Signore Gesù. La sinodalità – il camminare insieme – esprime la vera compiutezza di una Chiesa e il vescovo, col suo ministero, è chiamato a esser garanzia di unità nella carità e verità di Cristo.

Così, l’altro, chiunque sia, diventa per me ricchezza poiché esprime, rispetto al mio, un suo proprio modo di testimoniare Gesù. E il vescovo non solo riconosce tutto ciò ma gioisce per tale pluriformità; l’unico desiderio del Vescovo è che tutti appartengano di più all’unico Signore.

Una Chiesa sinodale è – come dice Papa Francesco – in uscita, senza timori, senza complessi d’inferiorità e senza preclusioni; una Chiesa capace di annunciare la gioia del Vangelo che è il messaggio di cui il mondo – anche se lo ignora – ha bisogno, perché nessuna ideologia, nessuna filosofia, nessuna etica è in grado di sconfiggere la morte che, da sempre, ha la meglio su ogni generazione che si succeda alla precedente. Ma, a Pasqua, tutto cambia: la morte è sconfitta, perché il Signore è risorto. E questa è la sintesi di tutta la fede apostolica, il centro del magistero episcopale!

Carissimo vescovo Renato, carissima Chiesa di Belluno-Feltre, siate l’uno dono per l’altra e viceversa. Siate doni reciproci che nascono dalle mani di Gesù-Misericordia. Mani che portano, e porteranno per l’eternità, il segno dei chiodi. Il crocifisso, Lui, è la misericordia del Padre; non una misericordia a buon mercato, ma la misericordia che vince il peccato del mondo a caro prezzo.

La Vergine del Nevegal prenda per mano il nuovo pastore e la sua Chiesa e a tutti indichi la fedeltà piena, sine glossa, al Vangelo di suo Figlio.