Intervento del Patriarca all'incontro 'Le Chiese nel territorio veneziano per l'istruzione e la formazione professionale' (Istituto Berna / Mestre, 11 febbraio 2014)
11-02-2014
‘Le Chiese nel territorio veneziano
per l’istruzione e la formazione professionale’
(Istituto Berna / Mestre, 11 febbraio 2014)
Intervento del Patriarca mons. Francesco Moraglia
 
Carissimi amici,
preparare i giovani al lavoro attraverso un progetto educativo che pone la persona al centro, mettendola in grado d’entrare a pieno titolo nella società è il fronte su cui sono impegnate, fedeli all’uomo e al Vangelo, le realtà d’ispirazione cristiana che si occupano di formazione professionale coinvolgendo ogni anno tanti ragazzi e ragazze del nostro territorio.
I dati sono eloquenti: più di 19.000 gli studenti che frequentano quest’anno in Veneto i percorsi formativi triennali (quasi il 90%, attraverso enti d’ispirazione cristiana) e la tendenza è in crescita poiché più del 15% degli studenti usciti dalla terza media nel 2013 ha scelto la formazione professionale. E’ poi di straordinario rilievo il fatto che il 70% degli allievi ad un anno dalla qualifica trovi già occupazione.
E’ un compito – quello che vi impegna quotidianamente – di portata straordinaria ed elevato valore sociale ed economico, oltreché educativo. E, pertanto, di indubbio rilievo pubblico.
L’esperienza della formazione professionale – così preziosa e attuale in Italia e nel nostro Veneto – ci attesta che, in particolare, questo tipo di scuola fa parte di quel ‘bene comune’ che dobbiamo avere più a cuore, in quanto riguarda i cittadini che costituiranno domani una parte significativa, non solo numericamente, nel futuro lavorativo del nostro Paese.
Come dicevo a Verona, durante la IV Conferenza sulla scuola e sulla formazione professionale, solo una società e una politica che investono risorse economiche e umane nella formazione e nell’innovazione in ambito scolastico preparano le basi per un futuro nel quale la persona non venga subordinata a scelte economiche e finanziarie, per cui il lavoro finisce per non esser più a servizio dell’uomo ma per diventarne padrone.
Lo aveva evidenziato Giovanni Paolo II nell’enciclica Laborem exercens: ‘Il primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso, il suo soggetto. A ciò si collega subito una conclusione molto importante di natura etica: per quanto sia una verità che l’uomo è destinato ed è chiamato al lavoro, però prima di tutto il lavoro è «per l’uomo», e non l’uomo «per il lavoro»’ (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Laborem exercens, n. 6).
E già nell’introduzione  osservava: ‘Fatto a immagine e somiglianza di Dio stesso’, l’uomo è sin dall’inizio chiamato al lavoro. Il lavoro è una delle caratteristiche che distinguono l’uomo dal resto delle creature, la cui attività [della creatura], connessa col mantenimento della vita, non si può chiamare lavoro; solo l’uomo ne è capace e solo l’uomo lo compie, riempiendo al tempo stesso con il lavoro la sua esistenza sulla terra. Così il lavoro porta su di sé un particolare segno dell’uomo e dell’umanità, il segno di una persona operante in una comunità di persone; e questo segno determina la sua qualifica interiore e costituisce, in un certo senso, la stessa sua natura’ (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Laborem exercens, Proemio).
Queste parole di Giovanni Paolo II si legano bene alla formazione dei nostri CFP e ne indicano il fondamento, l’obiettivo, la motivazione.
E’, infatti, una realtà che contribuisce in modo determinante e diffuso a trasmettere e far crescere quella ‘cultura del lavoro’ che è la principale garanzia del progresso e del benessere della nostra società. E questo fornendo competenze specifiche, contrastando la dispersione scolastica e offrendo concretamente a non poche famiglie un’opportunità concreta per evitare la marginalizzazione di non poca parte del mondo giovanile.
E’ un ambito, quello della formazione professionale, che traduce i principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa: la dignità dell’uomo e la valorizzazione delle sue doti personali – che si esplicita nel tempo dell’educazione, della formazione e, quindi, del lavoro – e poi il contributo al bene comune, in particolare attraverso la via della sussidiarietà che sa coinvolgere e mettere in moto sapientemente – come in un circolo virtuoso – energie, risorse e competenze del territorio.
Anche in questo dialogo sono emersi alcuni elementi di fatica nel portare avanti la preziosa opera della formazione professionale, insieme alle richieste di un’attenzione concreta e di una capacità di decisioni più tempestive rivolte, soprattutto, alle istituzioni. Desidero qui condividere quelle che risultano più urgenti e rilevanti:
  • le risorse destinate alla formazione professionale vanno considerate innanzitutto una priorità e un investimento, prima che una spesa; tenendo conto dell’importanza sociale di tale ambito – pur nella consapevolezza dei tempi complessi e dando atto ai nostri politici e amministratori delle oggettive difficoltà che spesso si trovano ad affrontare – appare però necessario e strategicamente opportuno che in sede di bilancio regionale 2014 siano potenziate, o almeno mantenute, le poste ad essa dedicate;
  • è assolutamente vitale, per consentire la sopravvivenza degli enti formativi e il pagamento degli stipendi, che anche le risorse già destinate nel recente passato siano assegnate al più presto e passino così, almeno in parziali tranches, nella disponibilità del sistema della formazione professionale oggi in reale difficoltà nel far fronte a stipendi, oneri e contributi di questi ultimi mesi;
  • si fa presente alla Regione Veneto la necessità di provvedere ad una nuova legge sul diritto allo studio che tuteli l’esistente, ma che particolarmente guardi al futuro, consolidando e rilanciando i percorsi formativi (quelli triennali più il quarto anno) e l’intera filiera dell’istruzione e della formazione professionale, stabilendo anche un adeguamento dei capitoli di bilancio e fissando criteri e tempi certi di una puntuale erogazione di acconti e saldi, con specifica attenzione anche a quelli per l’integrazione scolastica degli alunni diversamente abili; non va sottovalutata o trascurata l’importanza dei CFP della nostra regione che costituiscono un modello nazionale.
  • si tratta, inoltre, di ridefinire i livelli essenziali di qualità delle prestazioni e i costi standard per tale sistema, realizzando finalmente una reale semplificazione nelle procedure amministrative e gestionali;
  • allo Stato, infine, il sistema dell’istruzione e della formazione professionale chiede che i contributi assegnati a tale ambito siano esclusi dai limiti fissati dal Patto di stabilità per le Regioni che, in effetti, con questi percorsi formativi garantiscono in modo responsabile un servizio pubblico essenziale trovandosi, però, a loro volta, in situazione difficili negli adempimenti e nei tempi di pagamento.
Su tali questioni chiediamo fiduciosi, a quanti hanno responsabilità d’incidere, che la politica, ai suoi vari livelli, trovi sempre la migliore soluzione possibile, nella ricerca del bene comune e dello sviluppo di tutti, in particolare nel nostro territorio veneziano e veneto.
Si manifesterà e si attuerà così una ‘politica realmente vicina al cittadino’ in un ambito che riguarda la formazione di quei giovani che, molto spesso, non accedono alla laurea ma, comunque, sono chiamati a concorrere a pieno titolo al bene del nostro Paese che – come ricorda la Costituzione repubblicana – è fondato sul lavoro (cfr. art. 1), inteso come diritto e dovere di tutti i cittadini (cfr. art. 4).
La Chiesa considera la scuola un bene della persona e della società e questo vale per tutte le tipologie di scuole, compresa quella per la formazione professionale; i CFP, quindi,costituiscono un vero bene pubblico da promuovere. Penso che nessuno abbia difficoltà a condividere tale convinzione e sia consapevoli della straordinaria posta in gioco sul fronte dell’educazione e della formazione delle nuove generazioni e del loro positivo ingresso nel mondo del lavoro.
Ritengo, infine, che la formazione professionale risponda in modo creativo e geniale a quella bella immagine di ‘scuola’ che ci ha regalato recentemente Papa Francesco, parlando proprio ad un gruppo di studenti: ‘La scuola è uno degli ambienti educativi in cui si cresce per imparare a vivere, per diventare uomini e donne adulti e maturi, capaci di camminare, di percorrere la strada della vita. Come vi aiuta a crescere la scuola? – ha chiesto Papa Francesco -. Vi aiuta – questa è la sua risposta – non solo nello sviluppare la vostra intelligenza, ma per una formazione integrale di tutte le componenti della vostra personalità’ (Papa Francesco, Discorso agli studenti delle scuole gestite dai Gesuiti in Italia e Albania, 7 giugno 2013).
Con questo spirito stiamo vivendo, come Chiesa italiana e triveneta, l’iniziativa ‘La Chiesa per la scuola’ che vivrà il suo momento culminante nell’incontro del 10 maggio 2014 in Piazza S. Pietro a Roma, alla presenza di Papa Francesco.
Ribadisco che specialmente il nostro Veneto e l’intero Nordest sono chiamati a rendere bello e partecipato quest’appuntamento, attraverso una presenza numerosa e qualificata. Vi invito tutti, perciò, ad essere presenti e a promuovere la più ampia convergenza possibile a Roma – per l’incontro con il Santo Padre – delle vostre realtà scolastiche e associative, delle comunità ecclesiali, degli studenti e delle famiglie.