Intervento del Patriarca all'incontro con i Gruppi di ascolto della Diocesi di Venezia (Istituto S. Marco / Gazzera, 21 febbraio 2015)
21-02-2015
Incontro con i Gruppi di ascolto della Diocesi di Venezia
(Istituto S. Marco / Gazzera, 21 febbraio 2015)
Intervento del Patriarca Francesco Moraglia[1]
Ringrazio delle belle testimonianze e desidero ricordare il cardinale Cè, perché a lui dobbiamo i sedici anni di vita ecclesiale dei Gruppi di Ascolto.
Non si tratta di gruppi biblici che studiano – con intelligenza e con preparazione – la parola di Dio. I Gruppi di Ascolto, infatti, corrispondono ad una realtà – come abbiamo ascoltato dalle testimonianze – profondamente diversa; essi fanno vivere una esperienza di Chiesa viva.
           Il desiderio del cardinale era che anche i parroci e i sacerdoti partecipassero a questo momento di Chiesa; il parroco rende presente il vescovo e, quindi, la Chiesa locale. Vorrei che ne fossimo tutti consapevoli: il Gruppo d’ascolto è un “evento ecclesiale”.
Desidero, poi, che con qualche aiuto diocesano si approfittasse del 50° anniversario della conclusione solenne del Concilio Vaticano II per prendere in esame, di nuovo, alcune linee della costituzione conciliare Dei Verbum.
La Dei Verbum ci aiuta veramente a comprendere in profondità l’ascolto della Parola di Dio. Il documento del Concilio Vaticano II ci avverte infatti che tale Parola non è un libro, non è un testo scritto ma è una persona, è la persona di Gesù. Quando noi ci disponiamo a meditare e “vivere” un testo scelto, per quell’anno, come cammino condiviso, noi ospitiamo Gesù nella testimonianza o di Marco o di Paolo o di Giovanni… Sono  tutte testimonianze ecclesiali.
           Sarebbe importante allora, come avveniva durante il Concilio, che la Sacra Scrittura fosse posta anche in bella evidenza nel luogo in cui avviene l’incontro, perché il vero invitato e, quindi, il vero centro è Gesù. Mi sembra che questo sia emerso bene dalle testimonianze, tutte molto belle e significative, e ne vorrei richiamare alcune.
La testimonianza di Giuseppina Millino con il racconto del marito di Giuliana che stava male: ”Signore, se vuoi puoi guarirlo”. Un episodio del Vangelo è diventato di nuovo realtà a duemila anni di distanza. E, soprattutto, mi ha colpito la preghiera carica di fede: ”Se tu vuoi, puoi guarirlo. E se proprio non sarà così, tu darai forza e senso a questa sofferenza”.
Quando un gruppo di ascolto arriva a vivere una situazione così drammatica e dirompente, vuol dire che c’è veramente qualcosa e che si realizza realmente un evento di Chiesa. Una preghiera audace, come quella che – qualche giorno fa – abbiamo ascoltato dal lebbroso del Vangelo: ”Se vuoi puoi guarirmi”. “Lo voglio”. Ma è importante saper dire questo e, nello stesso tempo, saper aggiungere subito: ”Ma se non sarà proprio così, tu darai senso e significato a questa sofferenza”.   
La specificità dei Gruppi di ascolto non va ricercata nel numero dei partecipanti ma in queste forti esperienze di Chiesa all’interno di concrete situazioni esistenziali in cui siamo chiamati a vivere.
            Un’altra testimonianza che vorrei sottolineare è quella di Alessandro Busato del Lido di Venezia. Ha raccontato di una signora accompagnata al Gruppo dal marito il quale si congedava subito ma che, poi, è stato coinvolto. Anche qui c’è stato un fatto esistenziale grave: dopo qualche mese, infatti, la moglie si ammalò gravemente e in quella casa quell’uomo – quel marito – si è sentito profondamente accolto ed evangelizzato, non tanto da una parola commentata ma da una comunità che credeva a quella parola e che ha posto in essere le condizioni perché questa persona trovasse in quella comunità una nuova famiglia.
           In un’altra testimonianza, invece, Cecilia ci ha raccontato del suo gruppo formato da persone tra i 40 e gli 80 anni. Questa è un’altra cosa bella, perché vuol dire che è un gruppo variegato e che si rigenera. Noi vediamo ogni giorno quanto sia difficile comunicare tra le generazioni, anche all’interno delle stesse famiglie, dove spesso è difficile la comunicazione e lo scambio intergenerazionale. Questo gruppo, invece, dice che una rigenerazione c’è ed è cosa importante, come ricordava poco fa anche don Valter.
Ma torniamo alla Dei Verbum. Lo stesso cardinale Marco sottolineava l’importanza di ”leggere la parola di Dio sulle ginocchia della Chiesa”. E’ un’immagine che corrisponde al cuore della Dei Verbum dedicata alla rivelazione che ci è stata trasmessa dalla Chiesa e che ha in essa un luogo particolarmente alto e significativo.
Vi siete mai chiesti che cosa c’era prima della Sacra Scrittura? Ebbene, c’era la fede vissuta di una comunità, la fede degli apostoli che predicavano: ”Andate in tutto il mondo…”aveva detto Gesù. E ad un certo punto sappiamo che – a partire dall’anno 50/51 – sono stati messi per iscritto dei testi e si è sentita questa urgenza; un vero e proprio bisogno perché, per motivi anagrafici,  incominciavano a venir meno i testimoni “oculari” dell’evento Cristo. E, allora, la Chiesa ha voluto che questa grande testimonianza rimanesse e l’ha messa per iscritto.
Che cos’è la Sacra Scrittura, dunque? E’ l’esperienza di fede di un gruppo di persone che hanno vissuto con Gesù, è quella predicazione messa per iscritto. Se i primi testi della Sacra Scrittura sono la prima e la seconda lettera ai Tessalonicesi – siamo nell’anno 50/51 e Gesù Cristo è risorto nell’anno 30 -, vuol dire che per circa vent’anni si è annunciato Gesù Cristo, si è battezzato, si è celebrata l’Eucaristia e non c’era ancora un rigo scritto…
Che cosa ci dice, allora, la Dei Verbum? Che la rivelazione è Gesù Cristo, è l’evento di Gesù Cristo trasmesso nella Chiesa e dalla Chiesa. Ecco perché il cardinale Marco diceva che la Sacra Scrittura va letta sulle ginocchia della Chiesa, perché la Scrittura è il frutto della fede della Chiesa; è il frutto di un evento che vive di quell’evento e che, a un certo momento, lo pone per iscritto.
Capite, quindi, perché è importante conoscere bene la Dei Verbum: rivelazione-Chiesa-trasmissione-scrittura. Noi non dobbiamo mai cadere in una forma di intellettualismo biblico quando leggiamo quella parola che è la fede della Chiesa, perché quella parola non è mai solo un libro, è Colui che c’è dietro a quel libro: Gesù Cristo.
Vi lascio una consegna: incominciate a partecipare ai Gruppi di Ascolto come se fosse la prima volta. Rinnovatevi, con tutta l’esperienza che avete, però, e partecipate come se fosse la prima volta.
E vi consiglio anche di prepararvi molto. Se sapete che in quell’incontro si tratterà di una pericope, di un brano, di alcuni precisi versetti, cercate allora di andare a quell’incontro – don Valter, prima, parlava della meditazione – avendo già ruminato dentro di noi quel testo.
Vorrei che i nostri Gruppi d’ascolto fossero capaci di esprimere un “sapere critico” sulla vita, un giudizio “critico”, ovvero una parola capace di essere giudizio sulla vostra vita e sulla stagione della vita che state vivendo. La lettura della Parola di Dio è quel giudizio critico e sapienziale che vi arricchisce e vi permette di vivere al meglio la stagione che siete chiamati a vivere.
Noi dobbiamo ritenere che la Parola di Dio non è mai qualcosa di devozionale, ma qualcosa che è dato alla mia vita quotidiana, diventa una Parola capace di discernimento e dice qualcosa che le parole dell’uomo non sanno dire, non possono dire, non sono in grado di dire. Una parola che io posso portar dentro di me e posso anche offrire a un fratello che, magari, non mi pone domande ma ha bisogno di una Parola diversa da quella degli uomini.
Ecco come possiamo diventare evangelizzatori: portando la sapienza della parola di Dio che è veramente tale perché avete cercato di farla vostra; capite, allora, l’importanza di arrivare agli incontri avendo fatto già un cammino personale, di silenzio e di riflessione, su quel brano che poi condividerete con gli altri.
La Parola di Dio è, davvero, Parola di Dio e, quindi, è una Parola che scava dentro, se la si ascolta. Il vero problema qui non è esser intelligenti o aver fatto studi biblici ma è ascoltare la parola!
Se noi riuscissimo veramente ad ascoltarla, prima di condividerla con gli altri, noi faremmo un servizio evangelizzatore nei confronti del gruppo e gli altri lo farebbero nei vostri confronti e… quella Parola diventerebbe un sapere pericoloso, un sapere critico, un sapere giudicante che mi scava dentro e mi dà quella sapienza che nasce dal gusto delle cose di Dio. Una persona che porta in sé il gusto delle cose di Dio – e cioè il gusto di Dio – riesce a leggere le cose degli uomini in modo completamente diverso, veramente umano e profondamente umano.
Questa è una grande possibilità per i Gruppi d’ascolto. L’evangelizzazione diventa così un sàpere, una sapienza che porto dentro di me e che offro, magari anche senza accorgermene, parlando con una persona delle cose più normali e più comuni, aiutando quella persona ad essere più serena e un poco più preoccupata su altre… perché il buon senso degli uomini non è mai il senso di Dio e, molte volte, il buon senso degli uomini ci tranquillizza là dove dovremmo essere più preoccupati e ci preoccupa là dove dovremmo essere più sereni.
            Ritengo, dunque, che i Gruppi d’ascolto possano essere veramente delle realtà ecclesiali in cui si assume la logica di Dio, il pensiero di Dio nell’oggi da offrire e ricevere.
Concludo citando ancora il cardinale Marco: “Abbiate fede nella potenza della Parola di Dio”. I Gruppi d’ascolto sono luoghi di conversione. Attenzione, allora, a non chiudervi nel vostro gruppo; apritevi alle altre realtà, i gruppi non siano mai delle isole m un grande arcipelago.
Un’ultima cosa. Tenete insieme questo trinomio e vedrete quale vantaggio spirituale ne avrete: Parola – Sacramento – Chiesa. Tenete sempre insieme queste realtà. Il cardinale Cè diceva: ”La parola ascoltata, meditata nei Gruppi di ascolto deve portarci all’Eucaristia domenicale”. E l’Eucaristia è la realizzazione piena della Chiesa!


[1] Il testo riporta la trascrizione dell’intervento pronunciato dal Patriarca in quest’occasione e mantiene volutamente il carattere colloquiale e il tono del “parlato” che lo ha contraddistinto.