Intervento del Patriarca alla Veglia diocesana per la vita 'Generare futuro' (Chiesa parrocchiale Cuore Immacolato di Maria - Mestre, 1 febbraio 2014)
01-02-2014
Veglia diocesana per la vita ‘Generare futuro’
(Chiesa parrocchiale Cuore Immacolato di Maria – Mestre, 1 febbraio 2014)
Intervento di mons. Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia
Carissimi,
vegliare insieme per la vita riveste, oggi più che mai, un grandissimo significato per tutti noi che siamo qui presenti ma anche per la Chiesa e per la nostra società, di cui facciamo parte.
Siamo qui, innanzitutto, in preghiera, perché abbiamo a cuore la vita, la vita delle persone in tutti i suoi aspetti e nei suoi distinti momenti, dall’origine – il concepimento –  al termine naturale, ‘una vita che – ne siamo consapevoli – è dono di Dio ed è cosa preziosa, ma è minacciata e resa fragile da molte cause’ (Nota dei Vescovi del Triveneto su alcune urgenti questioni di carattere antropologico e educativo‘Il compito educativo è una missione chiave!’).
E soprattutto quando e dove la vita si rivela più debole, più indifesa e più fragile, allora è maggiormente richiesta la nostra attenzione e, appunto, la nostra preghiera davanti al ‘Signore amante della vita’ (Sap 11,26).
Ma il tema di questa Giornata evidenziato dal messaggio dei Vescovi italiani – ‘Generare futuro’ – ci ricorda che tutelare, promuovere e custodire la vita ‘ha in sé il germe del futuro’ (Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente della Cei per la 36° Giornata Nazionale per la vita – 2 febbraio 2014, ‘Generare futuro’). Potremo dire anche che è un pegno per il futuro, è il segreto della nostra speranza e di quella delle nostre famiglie e dell’intera società.
Il Messaggio richiama, insieme, le difficoltà e il ‘grande desiderio di generare, che resta mortificato per la carenza di adeguate politiche familiari, per la pressione fiscale e una cultura diffidente verso la vita’ (Messaggio Consiglio Episcopale Permanente Cei, op. cit.).
Emerge, una volta di più, anche il legame strettissimo e di continuità tra il ‘generare’ e l’ ‘educare’ che – nei loro ambiti – rappresentano il costante aprirsi ad un concretissimo atto d’amore per la vita; lo avevamo sottolineato nei mesi scorsi, cercando di raccogliere e rilanciare alcuni spunti tratti dalla dottrina sociale della Chiesa in uno scritto rivolto alla Diocesi su famiglia e città degli uomini, nel contesto della società, del lavoro e del bene comune (cfr. Francesco Moraglia, Famiglia e città degli uomini. Società, lavoro e bene comune, Edizioni Cid 2013, pp. 19-ss.).
Ecco perché non destava e non desta, purtroppo, eccessiva sorpresa il fatto che lo smarrirsi del senso e del gusto di perpetuarsi con la generazione fisica, da cui nasce la denatalità, vada di pari passo – è proprio quanto avviene oggi in Italia e in Europa – con la grave crisi ed emergenza educativa che ci avvolge.
‘Generare ed educare sono profondi atti d’amore, gesti d’apertura e accoglienza che domandano, come prima cosa, di rivedere il rapporto con se stessi e le priorità della propria vita’ (Francesco Moraglia, Famiglia e città degli uomini. Società, lavoro e bene comune, Edizioni Cid 2013, p. 21). Domandano, a monte di tutto, di ripristinare finalmente la priorità della vita, l’educazione alla vita, la cultura della vita.
In questo contesto desidero con forza richiamare quanto sia essenziale per la nostra convivenza sociale un ritrovato e rinnovato rispetto per la donna.
 Non è, infatti, causa di poca preoccupazione e sofferenza dover constatare, troppo di frequente, come nella nostra società la donna sia termine di discriminazione o, addirittura, di violenza da parte di chi dice di amarla ma, in realtà, le porta violenza dentro e fuori dalle pareti domestiche.
Ne siamo certi: da un ritrovato rispetto della donna potranno dispiegarsi relazioni personali e sociali nuove, capaci di generare un futuro migliore, più umano, più accogliente.
Nei giorni scorsi, noi Vescovi del Triveneto abbiamo sentito la necessità di offrire all’attenzione e alla riflessione di tutti una Nota pastorale che – prendendo a prestito già nel titolo una frase di Papa Francesco, ‘Il compito educativo è una missione chiave!’ – mette subito in luce il vasto orizzonte dentro il quale va esercitato l’impegno per la difesa e la promozione della vita e, soprattutto, intende affrontare ‘alcune urgenti questioni di carattere antropologico e educativo’. Vi invito a leggerla con calma – è disponibile su Internet ed è stata pubblicata su Gente Veneta – e ad approfondirla con cura.
Abbiamo voluto renderla pubblica proprio in coincidenza della Giornata per la Vita come un contributo positivo – desidero ribadirlo: positivo e costruttivo – al bene comune, in profonda sintonia con gli insegnamenti della Chiesa e il magistero di Papa Francesco, su ‘questioni educative che riguardano aspetti fondamentali e delicatissimi dell’essere umano, con numerose e preoccupanti ricadute in ambito culturale, formativo, educativo e, quindi, politico della nostra società e che toccano e coinvolgono in modo diretto la vita delle persone, delle famiglie e della scuola’ (Nota Vescovi Triveneto, op.cit.).
Noi Vescovi del Triveneto abbiamo unanimemente avvertito, in modo particolare, ‘la responsabilità e il dovere di richiamare tutti all’importanza di una corretta formazione delle nuove generazioni – a partire da una visione dell’uomo integrale e solidale – affinché possano orientarsi nella vita, discernere il bene dal male, acquisire criteri di giudizio e obiettivi forti attorno ai quali giocare al meglio la propria esistenza’ (Nota Vescovi Triveneto, op.cit.). E di dire e riaffermare, perciò, una parola chiara – scandita con franchezza e mitezza – sui temi della vita, della famiglia e dell’educazione.
In questa Nota abbiamo espresso ‘la nostra preoccupazione per tante situazioni che contrastano la vita in tutte le sue fasi, dal concepimento alla nascita, dalla crescita alla piena maturità, dal declino fino alla morte naturale’. E’ una preoccupazione che ‘diventa impegno a continuare, insieme a tutte le persone di buona volontà, a sostenere la vita umana in ogni momento e in ogni circostanza, ribadendone l’inviolabile dignità ed offrendo concreti aiuti a chi vive fragilità e sofferenze’ (Nota Vescovi Triveneto, op.cit.).
Nel sottolineare la necessità di ‘combattere strenuamente ogni forma di discriminazione (di carattere religioso, etnico, sessuale) o, addirittura, di violenza’, ci è parso opportuno e doveroso invitare tutti a riconoscere la ‘ricchezza insostituibile della differenza’ (iniziando da quella fondamentale, tra ‘maschile’ e ‘femminile’) e ‘la specificità assoluta della famiglia’ come ‘unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio’, mettendo in guardia ‘dal disattendere o stravolgere i fondamentali fatti e principi di natura che riguardano i beni della vita, della famiglia e dell’educazione, confondendo gli elementi obiettivi con quelli soggettivi e veicolati da discutibili concezioni ideologiche della persona che non conducono al vero bene né dei singoli né della società’ (Nota Vescovi Triveneto, op.cit.).
Per questi motivi – che riguardano il bene comune, cioè di tutti, e non solo di una parte – abbiamo voluto ribadire quanto è stato espresso autorevolmente, anche di recente, dalla delegazione della Santa Sede, a Ginevra, nell’incontro col Comitato ONU della Convenzione dei diritti del fanciullo, e cioè che non è possibile accettare ‘un’ideologia del gender che neghi di fatto il fondamento oggettivo della differenza e complementarietà dei sessi, divenendo anche fonte di confusione sul piano giuridico’.
E nello stesso tempo, con dolcezza e forza, ‘invitiamo a non avere paura e a non nutrire ingiustificati pudori o ritrosie nel continuare ad utilizzare, anche nel contesto pubblico, le parole tra le più dolci e vere che ci sia mai dato di poter pronunciare: ‘padre’, ‘madre’, ‘marito’, ‘moglie’, ‘famiglia’ fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna’ (Nota Vescovi Triveneto, op.cit.).
Siamo ben consapevoli che nell’attuale contesto, pervaso sempre più dal processo di secolarizzazione, vi è la tendenza – sottile ma molto profonda – a ridurre la fede e la Chiesa all’ambito privato e intimo. Eppure, come osserva Papa Francesco nell’Evangelii gaudium, ‘nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni e della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini’ (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 183).
Sappiamo, infatti, che il Vangelo di Gesù – il ‘buon annuncio cristiano’ – ‘non può risuonare solo nel segreto della coscienza o all’interno di spazi sacri come templi, basiliche, chiese ecc. Esso deve essere portato dove gli uomini vivono, lavorano e operano per il bene comune’ (Francesco Moraglia,  Atti degli Apostoli, gli inizi della Chiesa, Edizioni Cantagalli 2013, p. 62). Deve quindi diventare, per opera dei cristiani, proposta di vita reale e concreta che ‘punta al bene integrale dell’uomo e contribuisce in modo decisivo al bene comune e alla promessa di un buon futuro per tutti’ (Nota Vescovi Triveneto, op.cit.). Sì, il Vangelo di Gesù – il Vangelo della vita – genera davvero futuro!
Ecco perché è così importante, come raccomandano i Vescovi italiani, ‘accogliere con stupore la vita, il mistero che la abita, la sua forza sorgiva, come realtà che sorregge tutte le altre, che è data e si impone da sé e pertanto non può essere soggetta all’arbitrio dell’uomo’ (Messaggio Consiglio Episcopale Permanente Cei, op. cit.).
Nella sua coinvolgente esortazione apostolica Evangelii gaudium (ai nn. 213 e 214) Papa Francesco ci offre indicazioni precise, inequivoche e stringenti. Parla in particolare dei ‘bambini nascituri’ come ‘i più indifesi e innocenti di tutti’ e afferma: ‘Frequentemente, per ridicolizzare allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri, si fa in modo di presentare la sua posizione come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Eppure questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno’ (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 213).
Poiché il valore della persona umana è inviolabile, ‘non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione su questa questione. Voglio essere del tutto onesto al riguardo. Questo non è un argomento soggetto a presunte riforme o a ‘modernizzazioni’. Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana. Però è anche vero – continua ancora il Santo Padre – che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie, particolarmente quando la vita che cresce in loro è sorta come conseguenza di una violenza o in un contesto di estrema povertà. Chi può non capire tali situazioni così dolorose?’ (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 214).
La forza e l’urgenza di questa domanda finale provochi e solleciti ciascuno di noi e le nostre comunità cristiane a moltiplicare l’attenzione e l’impegno per la vita nonché la disponibilità a sostenere progetti e iniziative in tal senso.
A tale proposito desidero ricordare e richiamare alla vostra attenzione il Progetto Gemma col quale si cerca di venire incontro a concrete situazioni di gravidanze a rischio per motivi economici; non è accettabile che una vita umana rischi di non poter venire alla luce solamente perché non ci sono stati gli aiuti economici necessari. Questo, lo ripeto, è inaccettabile sia per la comunità civile sia per quella cristiana.
L’invito, allora, è di coinvolgere più persone in una sorta di alleanza per la vita; ci  si può mettere insieme e partecipare con piccole somme di denaro, una sorta di azionariato diffuso, coprendo, col contributo di molti, la totalità della quota richiesta a sostegno del nascituro.
Così il progetto, in questa formula ‘condivisa’, riveste anche una particolarissima valenza educativa nei confronti del valore intangibile della vita umana; una sorta di ‘complicità’ a favore della vita, a cui possono partecipare giovani e anziani, abbienti e meno abbienti secondo le possibilità di ciascuno, una complicità e un’alleanza che creano una cultura a favore della vita, a partire dal basso e dalla condivisione.
Ringrazio e incoraggio tutti coloro che, giorno dopo giorno, si spendono – con passione e generosità – affinché la vita sempre sia concretamente accolta, custodita e tutelata, sfidando le incomprensioni e le emarginazioni di culture che, a vario titolo, stanno alla base di una società troppo spesso malata di individualismo e che lascia soli i più deboli.
Come ci ricorda Papa Francesco, si finisce per promuovere la cultura dello ‘scarto’, ossia dell’emarginazione, che mira unicamente all’efficienza, alla produttività, al successo e all’immagine escludendo coloro che faticano a tenere il passo di chi, magari senza meriti personali, ha avuto e ha di più.
La Giornata e questa preghiera per la vita ci aiutino a crescere nell’accoglienza di ogni forma di vita, di ogni uomo e di ogni donna.