Carissimi fratelli e sorelle,
nella bella preghiera del Papa che abbiamo recitato insieme, siamo stati messi di fronte al nocciolo della questione: l’impotenza degli uomini a raggiungere la pace, l’incapacità degli uomini e dei popoli a vivere secondo la pace. Abbiamo come obiettivo la pace, ne parliamo e ne facciamo una teoria, ma non riusciamo ad ottenerla e ad attuarla.
Potremmo anche dire che, purtroppo, la storia dell’umanità è storia di guerre. E la storia la scrivono sempre i vincitori; tutt’al più gli uomini riescono a costruire una pace “umana” che è soprattutto assenza di guerre, ma questa non è la pace. Il Papa ci richiama, allora, all’essenziale: la pace è quell’opera che nasce dal cuore pacificato degli uomini. Abbiamo provato tante volte, per tanti anni, a risolvere i nostri conflitti con le nostre forze e anche con le nostre armi. Ma senza riuscirci.
Il Vangelo che abbiamo ascoltato ruota intorno ad una domanda circa la conversione. Un dottore della legge – che forse non era del tutto benevolo nei confronti del Signore – si alzò per metterlo alla prova. È un uomo intelligente e risulta tale perché alla domanda di Gesù – “Cosa trovi nella legge riguardo la vita eterna?” – quest’uomo ha una risposta sintetica ma soprattutto vera: “Ama Dio e ama il prossimo” (cfr. Lc 10, 25-28).
Gesù, nel Padre Nostro, ci ricorderà: “Dio, rimetti a noi i nostri debiti come noi uomini li rimettiamo agli altri uomini”. E quell’uomo dimostra ancora la sua intelligenza quando poi domanda a Gesù: “E chi è mio prossimo?” (Lc 10, 29). Gesù qui ci dà l’indicazione, la strada che dobbiamo percorrere perché, vedete, la domanda “chi è il mio prossimo?” parte da un punto, da un centro, che la precede: io che mi chiedo chi è il mio prossimo.
E’ un momento significativo nel Vangelo, perché dà occasione a Gesù di raccontare la bella parabola (Lc 10, 30 -37) in cui, tra l’altro, notiamo una cosa: arrivò un sacerdote, si imbatté in quel poveraccio malcapitato che sembrava mezzo morto, lo vide e passò oltre. Forse non è solo durezza di cuore, forse questo sacerdote osservava la legge; toccare un malato voleva dire contaminarsi…
È, questo, un punto importante: le leggi possono anche essere ingiuste. Noi dobbiamo, allora, abituarci ad avere una valutazione della legge che va al di là della norma e che guarda il contenuto della legge. Una legge può essere giusta e allora probabilmente questo sacerdote segue la legge, non si vuole contaminare e passa oltre.
Il punto che a noi interessa soprattutto, però, è la parola di Gesù; è la domanda di Gesù a questo dottore della legge al termine della parabola: “Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?” (Lc 10, 36). Non c’è più la domanda: “chi è il tuo prossimo?”. La domanda qui è capovolta e, allora la risposta va su chi è il prossimo di colui che ha bisogno.
Il mio prossimo, infatti, è colui che io rendo tale con il mio atteggiamento. Non c’è uomo che non sia mio prossimo, non c’è uomo che non possa diventare mio prossimo, non c’è uomo che non debba diventare mio prossimo.
La domanda ancora molto intellettuale e molto distaccata – “chi è il mio prossimo?” – deve quindi addentrarsi nella domanda e nelle parole di Gesù: “Chi è per te il tuo prossimo? È colui che ha bisogno di te”.
Vorrei soffermarmi ora su un passo sul messaggio del Santo Padre per la Giornata della Pace 2016, il passo in cui siamo invitati a considerare la minaccia dell’indifferenza nella nostra vita.
Leggo quanto il Santo Padre scrive al n.4 : “L’indifferenza verso Dio supera la sfera intima e spirituale della singola persona ed investe la sfera pubblica e sociale… «esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini sulla terra». Infatti, «senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace». L’oblio e la negazione di Dio, che inducono l’uomo a non riconoscere più alcuna norma al di sopra di sé e a prendere come norma soltanto sé stesso, hanno prodotto crudeltà e violenza senza misura” (Papa Francesco, Messaggio per la celebrazione della XLIX Giornata mondiale della pace “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”, 1 gennaio 2016).
E, subito dopo, il Papa sottolinea un altro punto, valido a livello individuale e comunitario. L’indifferenza verso il prossimo dipende, è generata ed è figlia dell’indifferenza verso Dio e diventa disimpegno che alimenta il perdurare delle ingiustizie e crea squilibrio sociale. Da qui nascono i conflitti, da qui si genera un clima di insoddisfazione e tutto rischia di sfociare in violenza e insicurezza perché la violenza, incominciando da quella verbale, è in fondo sintomo di insofferenza e, appunto, l’insicurezza si traduce molte volte – più di quanto noi pensiamo – in violenza.